Guerriglieri egiziani si ribellano al regime di Faruk, che tollera ancora la presenza degli inglesi sul Canale di Suez. Scontri a fuoco sono avvenuti nella notte a Ismailia. Concentrati al riparo di due moschee, i guerriglieri hanno aperto il fuoco contro le forze britanniche di servizio sul ponte « Ymca » e sul ponte Suez, alla periferia della città. Nelle vicinanze di Suez s’è invece verificata un’incursione di commandos guerriglieri, durata sette ore dalle 21 di ieri alle 4 di stamane contro gli acquartieramenti inglesi e le installazioni militari. Questi scontri mirano a spingere il Governo a uscire dal temporeggiamento sul quale aveva ripiegato alcuni giorni or sono per non complicare la già confusa situazione creatasi in Egitto dopo la manifesta intenzione di Faruk di appianare nel migliore dei modi le divergenze con Londra. A riaccendere l’intransigenza del Governo ha, comunque, provveduto ieri stesso il gen. Brian Robertson, ribadendo la decisione britannica di mantenere le posizioni nella zona del Canale. Il Primo ministro Nahas Pascià non aspettava forse occasione migliore per schierarsi ancora una volta apertamente con l’estrema nazionalista e infatti ha reagito rincarando la dose di accuse di «brutale aggressione» e di «barbaro terrorismo» a carico degli Inglesi. Il leader wafdista ha colto inoltre l’occasione per tirare dalla sua parte re Faruk, affermando che «le minacce imperialistiche di Londra non ostacoleranno i nostri sforzi verso la realizzazione del nostro obiettivo di una completa e immediata evacuazione britannica e dell’unione col Sudan sotto la corona egiziana». Nahas, facendo sua una espressione usata ieri da Robertson, ha ripetuto che l’Egitto «affronterà la forza con la forza» e ha aggiunto che il suo Governo non discuterà il recente invito a partecipare al patto del Medio Oriente o ad altre proposte finchè un solo Inglese armato rimarrà in Egitto.
Il Primo ministro Eden ha convocato a tarda sera i rappresentanti diplomatici di Usa e Francia per esaminare la situazione creata dalla decisione di Nasser di nazionalizzare Suez. Hanno partecipato alla riunione il ministro degli Esteri Selwyn Lloyd, il Lord cancelliere, Kilmuir, e il Lord presidente del Consiglio, Salisbury. In precedenza Eden aveva conferito per un’ora con i tre capi di stato maggiore dell’Esercito, dell’Aviazione e della Marina. Non sarebbe da escludersi la possibilità di una rioccupazione del Canale di Suez da parte della Gran Bretagna. A termini del trattato anglo-egiziano, la zona può essere rioccupata dagli inglesi in caso di minaccia di guerra. Il Governo inglese intenderebbe chiedere la convocazione del Consiglio di sicurezza dell’Onu giustificandola col timore «che si verifichino incidenti fra le autorità egiziane e le navi straniere in transito per il Canale». Stasera un’alta personalità britannica ha fatto alla stampa la seguente dichiarazione: «L’Egitto non ha diritto di espropriare la Compagnia di Suez. L’Egitto è vincolato agli accordi in materia fino al novembre 1968. Nasser si troverà in una grave difficoltà dopo il suo annunzio. La Compagnia del Canale di Suez — ha soggiunto — non è abilitata a ricorrere alla giustizia internazionale, ma potrebbero farlo i Paesi che hanno interessi in essa, come Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Paesi arabi». Il Canale di Suez è lungo 160 chilometri da Port Said a Suez. Esso fu ufficialmente aperto il 17 novembre 1869. Sei anni dopo, l’allora Primo ministro britannico Disraeli acquisto 176.602 azioni del Canale di Suez per 3.976.582 sterline dal Khedivè Ismail. Attualmente la Gran Bretagna è in possesso di 196.034 azioni privilegiate e 157.470 azioni normali su un totale rispettivamente di 437.002 e 362.998. Legalmente la Compagnia del Canale è egiziana, ma la sua sede amministrativa è a Parigi. L’importanza economica, oltre che strategica, del Canale è data dal fatto che nove decimi del petrolio destinato all’Occidente vi passano abitualmente.
LONDRA - Con un comunicato diramato a mezzogiorno il Governo inglese informa di aver provveduto a bloccare i beni egiziani esistenti in Inghilterra ed in particolar modo i crediti in sterline che il Governo egiziano vanta nei confronti di quello britannico (più di 100 milioni di sterline che la Gran Bretagna deve ancora all’Egitto a titolo di compensazione per i servizi da ques’ultimo resi all’esercito britannico durante la guerra). Anche i beni della Compagnia del Canale di Suez esistenti in territorio inglese sono stati congelati. Inoltre, la tesoreria ha pubblicato due ordinanze che vietano ai cittadini britannici di conformarsi agli ordini del Governo egiziano per quanto riguarda i beni all’estero della Compagnia del Canale. Ieri il primo ministro aveva promesso fra gli applausi dei deputati che la «situazione sarebbe stata affrontata con fermezza c cautela». Nel pomeriggio una nota di protesta redatta in termini assai duri e consegnata a Nasser dall’ambasciatore britannico al Cairo deplorava l’« arbitraria azione» del Governo egiziano che costituisce «una seria minaccia alla libertà di navigazione in un passaggio marittimo di estrema importanza internazionale ».
Stanotte le unità navali inglesi e francesi stanno dirigendosi verso l’Egitto. domattina, all’alba, le truppe dei due Paesi tenteranno di occupare la zona del Canale. Ad ogni resistenza degli egiziani risponderanno con la forza. Il pericolo di guerra, dunque, è imminente. La situazione precipita. Al conflitto fra Israele ed Egitto sta per sovrapporsi quello fra Egitto ed anglo-francesi. Si annunciano giornate di estrema gravità per oil Medio Oriente e per il mondo intero. L’azione anglo-francese è stata decisa oggi. Mollet e Pineau, dopo l’aggressione di Israele, sono venuti in volo a Londra per conferire con Eden e con Lloyd. Dopo affannose consultazioni i due governi hanno deciso di mandare a Tel Aviv e al Cairo due ultimatum: essi hanno chiesto innanzi tutto, a quei Paesi, di sospendere le ostilità e di ritirarsi da una parte e dell’altra del Canale, ad una distanza di dieci miglia. All’Egitto hanno poi chiesto di permettere l’occupazione di Ismailia, Porto Said e Suez da parte delle forze anglo-francesi «in via provvisoria» per garantire il libero passaggio del Canale. L’ultimatum è stato consegnato a Londra ai rispettivi ambasciatori, alle 4.30 del pomeriggio (ora di Greenwich), e chiedeva una risposta entro dodici ore. Esso scade domattina alle 4.30. In caso di risposta negativa, l’Inghilterra e la Francia useranno la forza. Alla Camera Eden ha detto: «La situazione è molto pericolosa. Se le ostilità non cesseranno immediatamente, il libero passaggio attraverso il Canale sarà minacciato».
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