Il Napoli batte la Juventus per 2-1. La partita finisce a botte. Ricorda Dino Zoff: «Successe di tutto. Ma non si può capire cosa accadde davvero se non si conoscono i fatti che precedettero quella gara. Nel ’64, Omar Sivori era alla Juventus ed era già celebrato, quando arrivò in panchina Heriberto Herrera. I giornali lo chiamavano HH2, per non confonderlo con Helenio. HH2 e Sivori avevano un’idea di calcio opposta, oltre a due caratteri incompatibili. Questo costrinse Omar a lasciare Torino. Nel ’65 passò al Napoli. E da allora tutte le volte che giocavano contro, Sivori gli tirava le pallonate contro la panchina, lo faceva apposta. Degli attentati. E noi: “Omar non si fa”. E lui: “Se volevo farlo, davvero, lo uccidevo”. Un manigoldo geniale. Dal canto suo, ad ogni gara, Herrera lo faceva marcare sempre più stretto. In quella del ’68 la marcatura toccò a Favalli. A un certo punto l’arbitro ammonì Sivori per un fallo proprio su Favalli, che però si era buttato. Si accende una discussione in mezzo al campo e dalla difesa arriva Panzanato. Un armadio, però anche un tipo ansioso. Ogni tanto sui calci d’angolo si perdeva le marcature e andava nel panico. Insomma, Panzanato arriva e scoppia il finimondo. Io ero in porta. Ho visto la zuffa. I pugni, i tacchetti nelle gambe, l’arbitro che sventolava i cartellini e i giocatori che piano piano uscivano dal campo. Prima Panzanato e Salvadore, che continuavano a fare a cazzotti. Poi Sivori. Che si avvicinò a Herrera e gli urlò: “Al ritorno, a Torino, veniamo a giocare in sei. Tanto per vincere contro di voi basta”» (Marco Mensurati, la Repubblica 11/2/2016) (la Repubblica)
MILANO — Stroncato da un attacco cardiaco nella sua abitazione milanese, all’età di 61 anni, si è spento Leandro Remondini, popolare figura del mondo del calcio. Nato a Verona il 17 novembre 1917, Remondini s’era affermato nei quadri della società scaligera quale terzino di grande temperamento in grado di ricoprire anche il ruolo di attaccante. A vent’anni fu ingaggiato dal Milan, ove rimase un anno per poi passare al Modena (1938-43), al Varese (1944), al Casale (1945-46), ancora al Modena (1946-47) e infine alla Lazio (1947). Nel 1950 aveva partecipato alla spedizione azzurra ai campionati del mondo in Brasile ove giocò la sua unica partita in Nazionale contro l’Uruguay. Intrapresa nel 1952 la carriera di allenatore, aveva diretto la nazionale turca, la Sambenedettese, il Livorno, il Catanzaro, il Palermo, il Taranto e il Perugia. Nei quadri tecnici della società umbra era rimasto anche dopo l’arrivo di Ilario Castagner, dal quale aveva ricevuto l’incarico di «osservatore» nel Nord d’Italia. È grazie alle sue segnalazioni che il Perugia si è assicurato le prestazioni di Bagni e Dal Fiume, attuali titolari nella formazione umbra. Lascia la moglie e il figlio Enrico che, da «mascotte» portafortuna, scendeva in campo col padre nel Modena del dopoguerra

Leandro Remondini in una foto del 1947, quando giocava nella Lazio
Ecco la seconda puntata dell’intervista di Gianni Brera e Gianni Minà a Nereo Rocco, anno 1974 (alla vigilia dei mondiali di Germania).
A San Siro, in un incontro amichevole, l’Italia di Enzo Bearzot ha battuto l’Olanda 3 a 0. Gol di Bettega, Paolo Rossi (rigore) e Tardelli, tutti realizzati nel secondo tempo. Ha debuttato con la maglia azzurra Fulvio Collovati.
MILANO — La notizia era evidentemente troppo grossa per lasciarla a Milano, e cosi Mike Bongiorno e la ricostituita «banda» di Lascia o Raddoppia? si sono trasferiti in nottata a Roma dove a mezzogiorno, nel corso di una conferenza stampa, daranno l’atteso annuncio. È cosi che la valletta del super quiz — riproposto per i 25 anni della tv in Italia — sarà Patricia Buffon, vale a dire la figlia di Edy Campagnoli, prima valletta in assoluto della storia del telequiz italiani. Patricia Buffon ha dlclotto anni ed è nata dal matrimonio fra Edy Campagnoli e il calciatore Lorenzo Buffon, celebrato il 26 giugno del 1958. Patricia Buffon è una ragazza slanciata, dai capelli lunghi castani e dagli occhi scuri che attualmente frequenta l’ultimo anno dell’« Oxford Instltute». Ma vale la pena di ascoltare da Edy Campagnoli, che visse nel Teatro della Fiera di Milano (oggi chiamato «F1») gli anni ruggenti di Lascia o raddoppia? com’è nata quest’insolita scrittura da parte di Mike Bongiorno.«Tre anni fa — racconta la Campagnoli che oggi si occupa delle pubbliche relazioni della ditta "Jean Cloudel" di abbigliamento femminile, della quale è titolare insieme al fratello — Patricia prese parte ad un provino presso una stazione televisiva privata di Milano che avrebbe iniziato di lì a poco l’attività. Io crédo che fu in quell’occasione che Mike pensò ad un possibile "revival" di Lascia o raddoppia? Allora non se he fece nulla perché Patricia ritenne che l’impegno televisivo fosse incompatibile con la sua attività scolastica alla quale era ed è molto attaccata. Qualche mese fa Mike si è rifatto vivo. E’ stato molto fortunato che i 25 anni della tv coincidessero con i 18 anni di mia figlia»Non si conoscono ancora le reazioni dell’ex calciatore Lorenzo Buffon, cinquant’anni, friulano, già portiere dell’Inter e del Milan e 15 volte in campo con la nazionale. Buffon, che divorziò dalla Campagnoli il 6 aprile 1974 (la separazione era avvenuta sei anni prima) vive con un’altra donna in una cascina di Sant’Angelo Lodigiano messagli a disposizione da un dirigente della locale squadra calcistica (che milita in serie «C»). Buffon allena i portieri (MLF sul Corriere della Sera)
IMPERIA — Gigi Radice è in gravissime condizioni all’ospedale di Imperia. Il tecnico del Torino è rimasto vittima di un impressionante incidente stradale in cui hanno perso la vita l’ex calciatore del Milan Paolo Barison ed Enrico Elia, un avvocato torinese di 56 anni. Gigi Radice e il suo inseparabile amico Barison erano reduci da una breve vacanza. Forse per dimenticare le amarezze del campionato e della sconfitta subita sabato scorso contro il Milan, Radice, in compagnia della moglie Nerina, di Barison e di Odoardo Traversa, fratello del vice-presidente del Torino, si erano recati a Mortola Superiore, al confine italo-francese, a casa di Ferretti, allenatore in seconda della squadra granata.Lunedi la comitiva si era spostata a Ospedaletti, nella casa del Traversa. Nella mattinata di ieri il tragico rientro. Radice e Barison salivano sulla Fiat «130» coupé, color argento, che l’allenatore granata aveva avuto in regalo dal presidente Pianelli dopo la conquista dello scudetto nel 1976; la signora Nerina decideva, invece, di recarsi in treno a Chiavari dove l’attendevano i figli Ruggero e Cristina. L’altra figlia dei coniugi Radice, Elisabetta, la maggiore, si trova in Sicilia in vacanza. L’incidente, gravissimo, è accaduto sull’Autostrada dei Fiori, poco prima del casello di Andora, alle 10.30. Un autotreno Fiat Iveco, condotto dal ventisettenne Gino Longo di Lonate Pozzolo (Varese), diretto da Gallarate a Sanremo, che trasportava vetture Opel, ha sbandato, ha sfondato il guard-rail ed è piombato nella corsia opposta. Rovesciatosi, l’autotreno ha proseguito la sua folle corsa travolgendo prima un’Alfetta, poi una «128», la «130» di Radice e ancora un’Alfetta e una «128».L’auto del tecnico granata prendeva immediatamente fuoco: Radice si salvava perché veniva scaraventato fuori dall’abitacolo, mentre per il povero Barison, rimasto imprigionato fra un groviglio di lamiere, non c’era più nulla da fare. «Pioveva — ha raccontato il Longo, rimasto incolume dopo l’incidente —, andavo a circa novanta all’ora. Forse ho commesso l’errore di frenare. E’ stato terribile». Il corpo carbonizzato e irriconoscibile di Barison è stato trasportato all’obitorio di Andora, per il riconoscimento (Sergio Rotondo sul Corriere della Sera del 18 aprile)
Tutti lo ricorderanno come «l’ala del doppio passo». Un giorno, qualche anno fa, cercò di spiegare questo trucco ormai famoso. Disse: «Era una finta in velocità che mi riusciva istintiva e che quasi sempre lasciava di stucco l’avversario. Ma mi dispiaceva ridicoIizzare i terzini e allora la usavo soltanto contro quelli carogna». L’ala del doppio passo, Amedeo Biavati, è morto. Aveva 64 anni e da tempo era ricoverato per una grave malattia in una clinica di Bologna, la città dove era nato e che nel dopoguerra, cominciata la carriera poco fortunata di allenatore, aveva dovuto spesso abbandonare a malincuore, tornandovi però ogni volta che poteva (dal Corriere della Sera del 24 aprile)Leggi qui la biografia.

Amedeo Biavati
• Dopo Juve (1958) e Inter (1966), il Milan è la terza squadra italiana a conquistare la “stella” del decimo scudetto: decisivo il pareggio 0 a 0 in casa col Bologna, che a una giornata dalla fine garantisce ai rossoneri un incolmabile vantaggio di tre punti sull’imbattuto Perugia (la vittoria ne vale due). In panchina Niels Liedholm, si tratta dell’ultimo scudetto per Gianni Rivera (3), in rossonero dal 1960, del primo per Franco Baresi (è nato nel 1960).
• Pareggiando 2-2 in casa del Bologna (doppietta di Salvatore Bagni), il Perugia è la prima squadra della storia a chiudere imbattuta il campionato di serie A (11 vittorie e 19 pareggi): tre punti meno del Milan, gli umbri devono però accontentarsi del secondo posto in classifica. In gol nell’1-1 casalingo coi neocampioni d’Italia, il laziale Bruno Giordano conquista con 19 reti il titolo di capocannoniere del campionato (Paolo Rossi, a secco nella sconfitta 2-0 subita dal Lanerossi Vicenza a Bergamo con l’Atalanta, è secondo con 15 reti).
Lazio-Milan 1 a 1 (Bigon all’8’ e Giordano al 32’) è l’ultima partita di Gianni Rivera. «Allora non sapevo che sarebbe stata la mia ultima partita. Fosse rimasto Liedholm, avrei continuato a giocare. Invece arrivò Giacomini, era stato un mio compagno, ho avuto l’impressione di creargli dei problemi. Ho pensato più al Milan che a me stesso».
• L’ingegner Dino Viola, 64 anni, è il nuovo presidente della Roma. Viola è entrato nei quadri dirigenziali dell’Associazione Sportiva nei primi anni Settanta, sotto la presidenza Anzalone.
• All’Hampden Park a Glasgow, in Scozia, ha esordito in nazionale un ragazzino fenomenale di diciotto anni che ha segnato il suo primo gol con la maglia della sua nazionale, l’Argentina. Si chiama Diego Armando Maradona.
Bruno Giordano, centravanti della Lazio, capocannoniere del campionato appena concluso, si sposa con Sabrina Minardi.
• Sul neutro di Napoli, la Juve batte 2 a 1 il Palermo (che gioca in B) e vince la sua sesta Coppa Italia: siciliani in vataggio al primo minuto con un gol di Chimenti, il pareggio bianconero, segnato da Brio, arriva all’83, il gol decisivo di Causio a tre minuti dalla fine dei supplementari.
A Rapallo, in età di 69 anni, muore Giuseppe Meazza, uno dei più grandi calciatori italiani. Campione del mondo nel 1934 e 1938, tre scudetti con l’Inter (1930, 1938, 1940), tre titoli di capocannoniere (1930, 1936, 1938).
«Abitavo a Roma, avevo un concerto a Venezia, sono andato a Torino per il derby, felice per la vittoria col gol di Tardelli (21 ottobre 1979: Torino-Juve 1-2) ho preso il treno e sono arrivato a Venezia mezz’ora prima del concerto» (Salvatore Accardo)
Vincenzo Paparelli, 33 anni, padre di famiglia, tifoso della Lazio, sta mangiando un panino sugli spalti della curva Nord dell’Olimpico. Aspetta, con la moglie a fianco, che cominci la partita, il derby Roma-Lazio. Manca ancora un’ora. Ma un razzo nautico lo colpisce al volto e lo uccide all’istante. Lo ha lanciato dalla curva Sud un tifoso romanista che si chiama Giovanni Fiorillo e ha 18 anni.
ROMA — Il procuratore capo della Repubblica, Giovanni De Matteo, ha deciso ieri sera di condurre personalmente l’inchiesta sul presunto scandalo delle scommesse clandestine in cui sarebbero coinvolti alcuni calciatori di serie A (sette, se non di più). La Federcalcio aveva aperto una sua inchiesta la settimana scorsa. Risulta che i calciatori coinvolti avessero scommesso un totale di cento milioni contro le proprie squadre, comportamento incomprensibile. C’è anche l’ipotesi che la somma della puntata sia stata fornita agli scommettitori proprio dal loro avversari. In altri termini: la squadra X avrebbe offerto cento milioni a un gruppo di giocatori della squadra Y per garantirsi la vittoria e questi avrebbero a loro volta girato la somma a un bookmaker, puntando sulla propria sconfitta (attraverso un incaricato di fiducia non calciatore), favorendola poi sul campo e quindi vincendo la scommessa e intascando duecentocinquanta milioni. Le rivelazioni proverrebbero da un bookmaker che dice: «Se i giocatori, sulle partite che disputano, scommettono a favore dell’avversario e poi le perdono a bella posta, il nostro banco salta, per noi è finita!». Di qui la decisione di far dare una punizione solenne a quei calciatori — perché valga da esempio per tutti — spifferando i particolari ad alcuni giornalisti. Il bookmaker «bruciato» pare sia molto noto negli ambienti milanesi, dai quali sarebbe stato di recente allontanato, trasferendosi a Roma. I giornalisti testimoni della vicenda sono Mimmo De Grandis e Gianni Melidoni, caporedattori rispettivamente di Paese Sera e II Messaggero. I sospetti di un illecito sembra che investano anche un’altra partita, non di campionato ma di Coppa Italia, fra due squadre di serie A: la stessa squadra X coinvolta nel primo caso e una squadra Z. L’attività sotterranea della fitta ragnatela dei bookmaker va avanti da anni, smuove centinaia di milioni alla settimana, si allarga a macchia d’olio, fino a rappresentare un serio pericolo per la stessa schedina del Totocalcio. (Marco Nese-Nino Petrone sul Corriere della Sera del 22 gennaio).
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