Da Napoli il generale Enrico Morozzo della Rocca, comandante dell’esercito nell’ex Regno delle Due Sicilie, «mentre incita Farini a chiedere al governo l’invio urgente di truppe (“almeno una brigata”, lo previene che “quantunque non si debba credere facilmente a tutte le dicerie che corrono per la città, pure gli è necessario di ammettere la possibilità di una grave reazione”. Intanto “sicure informazioni” indicano che il principe don Luigi, conte di Trani, alla guida di corpi svizzeri usciti da Gaeta e con altri mercenari tedeschi, austriaci e spagnoli è in procinto di passare il confine per marciare su Sora, Avezzano e San Germano […] Intanto sono arrestati sei generali borbonici, tutti piuttosto noti: Ruggiero, Palmieri, Polizzy, i due Marra, Barbalonga e altri ufficiali. L’iniziativa è della polizia, il che dà luogo a violenti contrasti di competenza col comando militare. Tutti si proclamano innocenti (della Rocca a Cavour: “più o meno essi sono tutti colpevoli”)» [Pier Giusto Jaeger, L’ultimo re di Napoli, Mondadori, 1982].
• Chieti. Arrestato il caporale borbonico Diaz, comandante un distaccamento di carabinieri borbonici entrati nell’Abruzzo dalla frontiera (Comandini)
• Tumulto reazionario verso la Fratta (Napoli) (Comandini)
• Nella notte sopra oggi a Napoli arrestati parecchi mestatori borbonici del disciolto esercito regio, fra i quali i generali Marra, Palizzi e Palmieri (Comandini)
• Con effetto retroattivo al 1° corr., il quartiere generale principale dell’armata comandata dal Re in persona nel mezzogiorno d’Italia s’intende sciolto (Comandini)
• In Nola arrestato il maggiore Trediani, per complotto borbonico (Comandini)
Il Popolo d’Italia scrive: «[I soldati napoletani] non vogliono essere de’ nostri, si gloriano di essere militi di Francesco II per cui solo intendono spargere il sangue; opporranno forza alla forza».
• In Tagliacozzo due parlamentari borbonici entrano ad intimare la resa al presidio italiano (205 uomini) che rifiutala. Alle 2 p. comincia il combattimento; ma alle 4. p. gl’italiani sopraffatti e temendo accerchiamento ritiransi, colpiti da ogni parte dai borbonici (circa 1.500 armati regolari; 500 di varii corpi napoletani, e del contadinume, e marmaglia, mentre la popolazione dalle finestre lancia sassi, fucilate e rovescia acqua bollente.) Gli italiani hanno circa 20 fra morti e feriti; sono inseguiti fino a Scurcola, e riescono, guidati dal maggiore Ferrero e dai capitani Peroni e Corelli, a ritirarsi a notte fatta in Avezzano (Comandini)
• In Messina arrestato un operaio francese di nome Boutaille sospetto di complottazioni borboniche col presidio borbonico della cittadella, ed in relazione con tre misteriosi francesi conte di San Martin, visconte De la Pieras, e visconte di Noè, tenente colonnello in ritiro, che sono essi pure arrestati (Comandini)
• Un sicario borbonico uccide a Napoli il liberale Leopoldo Faglione. (Comandini)
• A sera la polizia napoletana fa partire per Genova ed Alessandria 112 ufficiali borbonici fra i quali Capece, Galeota ed i fratelli Bartolo e Andrea Marra (Comandini)
• In Napoli gruppo di liberali invade verso sera gli uffici del borbonico Equatore e gli fa sospendere le pubblicazioni (Comandini)
«Ma un bel problema che i piemontesi si trovarono a affrontare da subito fu la gestione dei soldati vinti: 1700 ufficiali e 24.000 soldati, come riportava il 26 gennaio 1861 il giornale L’Armonia. E a questa data non avevano capitolato ancora Gaeta, Civitella del Tronto e Messina. Del resto l’esercito napoletano nel maggio 1860 contava circa 97.000 uomini e nel dicembre dello stesso anno non esisteva più. Pare che solo un 2 per cento si fosse arruolato nel nuovo esercito. E una parte aveva disertato. Ma tutti gli altri? Erano stati imprigionati. Una prima e provvisoria sistemazione fu effettuata nelle carceri e nei Depositi generali del napoletano. Ma già alla fine del 1860 era stata avviata la seconda fase del piano, che prevedeva l’internamento dei prigionieri al Nord, onde evitare il contatto con le popolazioni locali devote ai Borbone [...] I prigionieri venivano stipati nelle navi e inviati a Genova dove, oltre che a Alessandria, erano stati organizzati i più importanti depositi di raccolta. Da qui venivano poi smistati nei veri campi di concentramento, sostanzialmente due: Fenestrelle e San Maurizio» (L’Indipendente, 23/01/2005).
• A Mirto, comune del collegio elettorale di Naso, Messina, mentre procedevasi alla votazione per la elezione del deputato al Parlamento di Torino, una banda di borbonici invade la sala elettorale e slanciandosi sul pres. del seggio lo scanna insieme ai figli suoi che erano nella sala (Comandini)
• A Gaeta generali e truppe napoletane, capitolati, sono imbarcati per Napoli ed isole circostanti (Comandini)
• A bordo del Plebiscito arrivano a Genova da Messina, diretti, d’ordine del governo, a Torino, gli stranieri arrestati per complottazione borbonica (Comandini)
• La colonna borbonica comandata dal conte de Cristen e da Coutandon ritirasi da Oricola e dagli Abruzzi e ne è dato annunzio dal Cristen al generale piemontese con un’ampollosa epistola (Comandini)
• Notificazione da Torino del ministro per la guerra gen. Fanti, diffida gli stranieri già arruolati nell’esercito borbonico che se saranno presi come partecipanti alle bande brigantesche, non saranno considerati come militari, ma saranno trattati a rigor di legge (Comandini)
• Arrivano sul Principe Umberto a Genova 350 ufficiali del disciolto esercito meridionale (garibaldini). È con loro l’intendente generale Acerbi (Comandini)
• Arriva a Roma nella notte la colonna borbonica Christen-Coutandon (Comandini)
• In Napoli una deputazione di liberali di Avellino presenta al segretario generale Nigra petizione recante più di mille firme contro il borbonismo dei giudici della Corte criminale (Comandini)
«La Guardia nazionale di Portici, a ridosso di Napoli, ha scoperto affissi sulle mura alcuni cartelli intestati al "Popolo delle due Sicilie". Il breve testo così si conclude: «In nome dell’Onnipotente, leviamoci in massa, armiamoci e schiacciamo i perfidi nostri nemici. Viva Iddio, viva l’Immacolata Vergine, viva Francesco II!» (ibid.)
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