Craxi, chiamato da Pertini per la formazione del nuovo governo (un incarico esplorativo), si presenta al Quirinale in blue-jeans e Pertini gli intima di tornare a casa a cambiarsi.
Bettino Craxi, incaricato da Pertini di sondare la possibilità di formare un governo a guida socialista, rinuncia all’incarico • «L’impresa non gli riuscì, per il no secco della Dc, del Pci e dei repubblicani. Vannoni mi disse: “Lo sapevo fin dal principio che Bettino non poteva farcela”. Gli chiesi: “Perché?”. Spartaco mi rispose con un’immagine che, in seguito, venne attribuita a Craxi: “Erano troppi i serpenti sotto le foglie”» • (Spartaco Vannoni, che aveva accompagnato Craxi al Quirinale, a Giampaolo Pansa) • «All’interno della Dc uno dei più ostili a Craxi si rivelò Ciriaco De Mita, leader della Base, corrente di sinistra. Prima ancora di diventare segretario, spiegò che il protagonismo socialista rischiava di ”mettere in discussione la conservazione del regime democratico in Italia”» (Giampaolo Pansa)
Bettino Craxi pubblica sull’Avanti! un articolo-manifesto con cui si lancia la proposta di una grande riforma istituzionale che ammoderni il sistema politico del Paese.
Roma. Il maestro venerabile della P2 Licio Gelli visita il segretario del Psi Bettino Craxi all’hotel Raphael. Si presenta con il falso nome di ingegner Luciani e, dirà Craxi, mostra "un grande interesse per il partito, per la mia persona e per ciò che avrei potuto diventare".
Scoppia in Italia lo scandalo petroli. In piena crisi del petrolio si scopre che all’Eni si sono pagate tangenti del 7% a mediatori per ottenere forniture privilegiate di petrolio. Secondo le rivelazioni di Panorama i soldi servivano per finanziare alcuni politici. L’Arabia Saudita, accusata di aver favorito l’intrallazzo, rompe il contratto e sospende le forniture - un terzo del fabbisogno italiano - aggravando la situazione del rifornimento energetico già in crisi, e di alti costi che l’Opec non tarda ad applicare sugli altri due terzi (l’aumento arriverà il 17 dicembre). Cossiga sospende il presidente dell’Eni, Giorgio Mazzanti, che appartiene alla corrente del vicesegretario del Psi, Claudio Signorile. Le rivelazioni di Panorama sarebbero frutto di un’iniziativa dello stesso Craxi, tenuto all’oscuro della tangente. Gianni De Michelis abbandona, per questo, la corrente lombardiana e confluisce in quella di Craxi, che controlla così la maggioranza del partito.
Manovre all’interno del Psi per far cadere Craxi. Nenni nel suo diario accusa i capi del Psi incontrati in quei giorni – da Riccardo Lombardi a Giacomo Mancini a Gaetano Arfè a Mario Zagari – di essere «interessati prevalentemente alle beghe del partito più che allo stato drammatico del Paese».
Riunito il Comitato centrale del partito, Craxi ha parlato. Sull’Afghanistan, durissima condanna dell’invasione. Sulla crisi economica: non c’è da stare allegri, ma neanche da essere catastrofisti (la posizione nega il nemico alle porte e quindi la necessità di un governo di unità nazionale col Pci). Terrorismo: è in crisi e c’è almeno un paese dell’est europeo che lo sostiene; non è che tutti quelli che hanno fatto il 68 possono essere imputati di banda armata (niente caccia alle streghe); caso Eni-Petromin: se la versione ufficiale risultasse falsa, si tratterebbe di un complotto (applaude solo metà platea, il presidente dell’Eni, Mazzanti, è legato a Signorile). Sul governo: non vuole aprire una crisi al buio; la Dc faccia una proposta credibile sul coinvolgimento del Pci. La sinistra (Achille, Signorile, Lombardi, De Martino, Mancini) annuncia che voterà contro. Vuole una grande iniziativa per un governo di unità nazionale e una gestione collegiale del partito.
ROMA — Signorile è quasi riuscito a convincere Craxi sul documento politico: chiedere alla DC, senza mezzi termini o scappatole dialettiche, il governo di emergenza con i comunisti come unica soluzione ai problemi del paese. Da parte sua il segretario avrebbe ottenuto di spostare nel tempo la crisi del governo Cossiga: non alla chiusura del congresso democristiano, ma a primavera, subito dopo le amministrative. I guai sono cominciati però al momento degli organigrammi. Da una parte il segretario disposto a una gestione più allargata, ma restio a sostituire uomini di sua stretta fiducia nei settori più delicati del partito. Sull’altro fronte, una coalizione di gruppi diversi (Signorile, De Martino, Mancini, Achilli) impegnati a risolvere una complicata operazione: non solo ottenere più posti nella plancia di comando, ma poi dividerseli senza scontentare nessuno. È difficile che un contrasto sulle poltrone possa mandare all’aria un accordo considerato dagli stessi contendenti «vitale» per il futuro del partito socialista. La possibile via d’uscita sarebbe quella di rinviare a un altro comitato centrale il problema degli equilibri Interni.
Compromesso raggiunto tra Craxi e i suoi oppositori di sinistra: si considererà conclusa dopo il congresso della Dc di febbraio l’esperienza del primo governo Cossiga, nel suo congresso dovrà essere la stessa Dc a chiedere un governo di emergenza con il Pci. Sulla gestione collegiale: Craxi sarà affiancato dai capi-corrente. Formica dovrebbe lasciare l’amministrazione del partito e Intini quella dell’Avanti!. La discussione è durata tutta la notte. Secondo i suoi avversari, Craxi a questo punto è «ingabbiato, ammanettato, legato, accerchiato, vincolato, impedito, controllato» (Scardocchia)
10 notizie mostrate (su 10 trovate) per l'anno