Sotto il titolo «Inghilterra, Stati Uniti e Unione sovietica si dividono l’Afganistan» il giornale Duma pubblica la seguente notizia da Istanbul: «Si apprende da fonte autorizzata che l’Inghilterra, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica hanno deciso alla Conferenza di Teheran di dirigere all’Afghanistan una richiesta comune, allo scopo dl ottenere una garanzia dei loro interessi e delle loro concessioni, analogamente a quella conseguita nell’ Iran. Gli Stati Uniti pretenderebbero le concessioni petrolifere nonché i relativi mercati, l’Unione sovietica le restanti materie prime e prodotti, mentre l’Inghilterra esigerebbe la concessione del controllo su tutto il movimento postale e telegrafico dell’Afghanistan. Mentre l’Inghilterra si interessa vivamente ai confini settentrionali dell’India e alla loro sicurezza, pretende in pari tempo il monopolio dl tutte le vie e mezzi di comunicazione dell’Afghanistan. Quale contropartita per queste richieste l’Inghilterra, gli Stati Uniti e l’Unione sovietica si dichiarano disposti a riconoscere l’odierno Governo afgano e a garantirgli piena indipendenza in tutte le questioni inerenti all’esercito, all’economia e alla finanza. «Nel sottoporre queste richieste le tre Nazioni dirameranno una dichiarazione comune circa l’indipendenza dell’Afghanistan analoga a quella dell’Iran, dato che esse intenderebbero metter piede su larga scala nell’Afghanistan nei primi giorni di quest’anno» (dal Corriere della Sera).
Nuova Delhi, 17 luglio. Colpo di Stato in Afghanistan: da stamane è stata proclamata la repubblica dall’ex primo ministro, Sardar Mohammed Daud - egli stesso membro della famiglia reale — il quale ha annunciato alla radio che il re, Zahir Shah (attualmente in vacanza a Ischia) è stato deposto. Il primo sintomo che qualcosa di importante era successo a Kabul si era avuto quando la radio afghana aveva aperto le sue trasmissioni diffondendo musiche marziali al posto del consueto notiziario e annunciando un imminente discorso di Sardar Daud. Finora, comunque, non si ha alcun elemento sull’atteggiamento che prenderà l’esercito, comandato dal genero del re, il principe Abdul Wali. Si sa solo che — come ha annunciato radio Kabul — «in tutto il paese c’è una pace completa. La proclamazione della Repubblica segue ad un periodo di malcontento politico. Nel 1963 il re Zahir Shah, sottraendosi all’influenza di altri membri della famiglia reale, aveva introdotto riforme democratiche e nel 1964 l’Afghanistan era diventato una democrazia parlamentare. I poteri effettivi del parlamento però erano limitati. A ciò, inoltre, si deve aggiungere la corruzione che aveva raggiunto le alte sfere del governo tanto da portare il paese — che si regge quasi esclusivamente su risorse agricole — sull’orlo di una «bancarotta economica». L’ Afghanistan ha circa 17 milioni di abitanti, quasi tutti musulmani. È indipendente dal 1921 dopo la terza guerra contro gli inglesi. Re Zahir Shah era salito al trono all’età di 19 anni. All’inizio del mese di luglio si era recato in visita privata a Londra, per sottoporsi a controlli medici e quindi si era trasferito in Italia, nell’isola d’Ischia. Sardar Mohamined Daud, l’ex-primo ministro che ha annunciato il colpo di Stato, è cugino e cognato del re. Ufficiale di carriera, nel 1953 divenne primo ministro, carica che tenne per dieci anni.
LACCO AMENO, 17 luglio. II deposto sovrano dell’Afghanistan, Mohammed Zahir Shah, 59 anni, alloggia da martedì scorso a Ischia all’hotel Regina Isabella, con dieci persone al seguito. Cordiale con tutti, il sovrano compie lunghe passeggiate per le strade dell’isola e per i suoi spostamenti si serve spesso della caratteristica carrozzella napoletana. La notizia del colpo di Stato gli è stata comunicata dall’ambasciata dell’ Afghanistan a Roma. Da quel momento Zahir Shah ha rifiutato qualsiasi contatto con la stampa ed ha continuato le cure all’interno dell’albergo. Dopo una serie di lunghe conversazioni telefoniche con l’ambasciata romana un portavoce del sovrano ha detto soltanto ai giornalisti: «È un momento difficile per il nostro paese. II re non ha voluto fare alcun commento».
L’Afghanistan è da ieri una repubblica. II re Mohamed Zahir Shah è stato deposto con un colpo di Stato e un ex-primo ministro. Sardar Mohamed Daud, ha assunto il potere affermando di voler porre fine alla «pseudo-democrazia» finora esistente e di voler sottrarre il Paese alla catastrofe economica. L’annuncio al popolo del cambio di regime è stato dato da radio Kabul questa mattina. Il sovrano deposto ha ricevuto la notizia a Ischia dove si trova da una settimana per una cura di fanghi e bagni termali. Le principali arterie di Kabul sono controllate attualmente dall’esercito e mezzi corazzati presidiano i più importanti edifici pubblici. L’aeroporto è chiuso al traffico e le linee telefoniche sono interrotte. Il nuovo capo di Stato Daud (cugino e contemporaneamente cognato dell’ex-re) è un ufficiale di carriera che, dopo aver compiuto gli studi a Kabul e in Francia, divenne, nel 1932, governatore di Kandahar, provincia limitrofa del Pakistan e poi governatore e comandante in capo delle province orientali. Nel 1953 il re gli affidò la carica di primo ministro che mantenne per dieci anni.
L’Afghanistan si trova in una zona dell’Asia centrate, ai confini con il Pakistan, l’Unione Sovietica (2000 chilometri di frontiera), la Cina (cento chilometri di frontiera) e l’Iran, che presenta una grande importanza strategica. Fino a oggi era una monarchia costituzionale con un parlamento diviso in due Camere, una Assemblea Nazionale eletta a suffragio universale diretto, composta di duemila membri, e un Senato, con 87 membri di cui solo un terzo eletto dal popolo e i rimanenti scelti dal re (un terzo) e dalle Assemblee provinciali (un terzo). La sua superficie è di 250 mila miglia quadrate e la sua popolazione è di 13,6 milioni, dei quali almeno 2,5 milioni sono tribù nomadi. La capitale è Kabul (456.342 abitanti nel 1967); altre città d’una certa importanza sono Kandahar, 115.000, Herat, 62.000, Gardez. 46.000, Jalabalad, 44.000 e Mezar-i-Sharif. 40.000. La popolazione è di religione musulmana sunnita. L’Afghanistan è essenzialmente un paese montuoso e arido, e possiede solo piccole zone fertili, situate nelle vallate dei fiumi; produce in non rilevante quantità frumento, orzo, riso mais; più abbondante la frutta e in particolare mele, pesche, mandorle, albicocche, uva, di cui esporta l’uva passa. L’industria è prevalentemente concentrata a Kabul, dove ci sono industrie tessili, della lana e del cotone, del cuoio, vetrerie per la costruzione di materiale prefabbricato per l’edilizia. I russi vi hanno costruito un grosso centro per la vendita di macchinari con una sezione in grado di costruire parti di ricambio per gli stessi. L’Afghanistan ha relazioni commerciali soprattutto con l’Unione Sovietica (alla quale vende il gas naturale estratto dal suo territorio), la Cecoslovacchia, la Polonia, la Cina, l’India e il Pakistan. La relativa dipendenza del paese dall’Unione Sovietica è dimostrata dal fatto che l’esercito afgano, composto di 75-85.000 uomini, è interamente equipaggiato dai russi. Fra le armi di cui è dotato, vi sono carri armati T-54 e missili terra-aria. L’aviazione comprende seimila uomini e 250 aerei, fra cui una trentina di Mig-21 supersonici ed una cinquantina di bombardieri llyuscin. Le forze di polizia comprendono 13.000 uomini.
[...] L’ipotesi che si può fare, per il momento, è che il deposto sovrano Mohamed Zahir Shah, si sia sia trovato in contrasto con il suo ex-primo ministro Daud circa la politica estera da seguire, finora l’Afghanistan aveva marciato bene sulla rotaia del «non allineamento» ed era riuscito a fruire di aiuti economici sia dai sovietici che dagli americani e in minor misura anche da Pechino. Come vicini più immediati dell’Afghanistan i sovietici andavano inoltre da qualche tempo rafforzando la loro influenza a Kabul. L’URSS e i paesi dell’est europeo hanno insieme milleduecento esperti civili nell’Afghanistan, contro ottocento dei paesi occidentali e duecentocinquanta delle N’azioni Unite. S’intende che Daud avrà sicuramente propositi di progresso sociale. Non potrebbe non averli, dato che l’Afghanistan è un paese di miseria contadina e pastorale e che ogni cittadino gode, diciamo cosi, di un reddito annuo di una cinquantina di dollari (da un articolo sul Corriere della Sera di Egisto Corradi).
Mohamed Zahir Shah, il deposto re dell’Afghanistan, ha appreso nella mattinata di ieri la notizia del colpo di stato organizzato dal cognato Sardar Mohamed Daud. Secondo alcuni la notizia gli sarebbe stata telefonata dall’ambasciatore dell’Afghanistan a Roma che poche ore dopo ha raggiunto l’ex-sovrano a Lacco Ameno, uno dei sei comuni dell’isola d’Ischia dove Mohamed Zahir Shah dimorava da alcuni giorni e dove aveva preso alloggio all’hotel « Royal Sporting », una dépendence dell’albergo «Regina Isabella». L’ex-re si era trasferito ad Ischia alcuni giorni or sono per una cura termale, essendo affetto da dolori reumatici. Altre fonti, invece, sostengono che la notizia del colpo di stato gli sia stata riferita dal commissario dirigente l’ufficio di pubblica sicurezza di Ischia, dottor Barrea, verso le 10 di stamane. Il funzionario, di lì a poco, faceva sbarrare tutte le vie di accesso al «Royal Sporting» Sembra che l’ex-sovrano non abbia rilasciato alcuna dichiarazione. È rimasto chiuso nel suo appartamento dopo aver fatto regolarmente la sua quotidiana cura termale. Fra le dodici e le tredici gli è stato servilo il pranzo il cui menù era composto di pasta asciutta, vitello alla griglia, vino bianco d’Ambra e frutta. Avrebbero fatto colazione con lui il suo segretario particolare Ben Sedik Rahim e l’ambasciatore dell’Afghanistan a Roma. Anche dopo il pranzo l’ex-sovrano non ha lasciato il suo appartamento, cosa che ha fatto soltanto poco prima delle diciotto quando ha raggiunto il porticciolo di Lacco Ameno per prendere posto su un motoscafo di alto mare, un « Riva Aquarama », che ha lasciato le acque dell’isola alte 18.10. L’ex-re è arrivato a Napoli alle diciannove e, appena sceso dal motoscafo, ha preso posto su una macchina americana scortata da auto con i personaggi del seguito e della polizia. Alle 19.30 la vettura che trasportava l’ex-re ha imboccato l’autostrada diretta a Roma. (L.C. sul Corriere della Sera).
Il capo di stato maggiore dell’esercito, generale Abdul Ali Shah, e «decine» di ufficiali filomonarchici sono stati giustiziati dopo il colpo di Stato che ieri ha posto fine al regime monarchico in Afghanistan. Lo ha riferito l’agenzia di stampa pachistana citando notizie di testimoni oculari. L’emittente di Kabul ha annunciato che Mohamed Daud è il presidente della nuova Repubblica. L’artefice del « putsch » assumerà anche le cariche di ministro della difesa e degli esteri. Sembra che la maggior parte degli ufficiali contrari al colpo di Stato sia attualmente prigioniera nel giardino zoologico di Kabul, mentre un reggimento di fedelissimi al re si mantiene in assetto di guerra. Nel Paese vige la legge marziale e le stazioni radio affermano che la pace è stata ristabilita ovunque col pieno controllo delle forze fedeli a Daud. Corrono intanto notizie contrastanti circa la sorte di Sardar Abdul Wali, genero del re, che era ministro della difesa nel vecchio governo e comandante di una importante guarnigione a Kabul. Alcune notizie danno Wali agli arresti, altre lo danno ucciso nel bombardamento della sua residenza o giustiziato assieme ad altri ufficiali fedeli al re.
Roma, 18 luglio. L’ex-re dell’Afghanistan Zahir Shah — colto dal colpo di Stato nel suo paese mentre si trovava a Lacco Ameno d’Ischia — è giunto a Roma ieri notte verso le 23 a bordo di una Mercedes nera e si è fatto condurre all’ambasciata dell’Afghanistan, in via Nomentana. Dopo circa mezz’ora, sono giunte altre due auto con a bordo altri componenti del seguito reale e i bagagli del sovrano. Il primo segretario dell’ambasciata, Osman, ha detto: «Abbiamo appreso del colpo di Stato dalla televisione, dalla radio e dai giornali, ma finora non abbiamo ricevuto nessuna comunicazione ufficiale in proposito. Per questo motivo — ha proseguito — non possiamo dire nulla di quanto successo a Kabul, né le intenzioni del re. Non riteniamo pertanto — ha concluso Osman — di prendere nessuna posizione né fare alcun commento sulla vicenda». Il deposto re dell’Afghanistan, Mohamed Zahir Shah, non ha lasciato stamani la sede dell’ambasciata, dove era giunto ieri sera da Ischia. I suoi programmi sono avvolti nell’incertezza. All’esterno l’edificio, una villetta a tre piani sulla via Nomentana, appare privo di segni di vita. Il portone e quasi tutte le finestre della facciata principale sono sbarrati. (nella foto: l’ex re Zahir, in camicia a scacchi, al suo sbarco a Mergellina).
L’Afghanistan e un paese nel cuore dell’Asia, vicino all’India e al Pakistan, occupa una superfice doppia di quella dell’Italia e la popolazione — secondo stime approssimative perché non esiste l’anagrafe — è di 14 milioni di abitanti. L’ Afghanistan è una repubblica presieduta da Mohammed Daud, pluriministro, che si è impossessato del potere destituendo il re Zaher Shah — il 17 luglio dello scorso anno — che ora vive a Roma. Kabul, la capitale, conta 600 mila abitanti. È un paese molto povero, privo di industrie; la gente vive di agricoltura e di turismo. Non ci sono treni e neppure la televisione. La droga al popolo afgano non è vietata: ne sono invece puniti molto .severamente il commercio e il contrabbando. In Afghanistan tutti fumano e si drogano anche perché le sostanze stupefacenti si trovano facilmente e costano poco. Sono diffusissimi oppio, morfina, eroina, hashish, non si trovano invece LSD e marijuana. Un grammo di hashish costa 5 afgani (circa 80 lire), l’oppio si paga 15 afgani al grammo (circa 240 lire). Gli spacciatori di droga a Kabul fannoo affari d’oro: senza difficoltà un chilogrammo di hashish si acquista a 50 mila lire. La maggioranza dei ragazzi italiani raggiungono l’Afghanistan con l’automobile o con un pullmino, percorrendo Jugoslavia, Grecia, Turchia e Persia.
Kabul. Il governo afgano vara la riforma agraria. È basata sul modello sovietico, ma è comunque invisa alla maggior parte della popolazione rurale poiché nel paese non esistono latifondi, ma piccole proprietà fondiarie. L’impopolarità degli espropri, non è mitigata nemmeno dalla cancellazione dei debiti contratti dai contadini. Un secondo decreto, riguardante il riconoscimento di alcuni diritti alle donne, crea analoghi problemi, non avendo saputo il nuovo regime coinvolgere neppure le donne stesse (https://sites.google.com).
ISLAMABAD — Più di mille soldati afghani sarebbero stati uccisi o fatti prigionieri nel corso di combattimenti con guerriglieri musulmani e membri della tribù «Safi». Lo riferisce un comunicato pubblicato dal comando del gruppo di opposizione «Jamlat-lslam Afghanistan» rifugiatosi a Peshawar, nel Pakistan. Lo scontro — secondo il comunicato — è avvenuto a Shunkry, a 30 chilometri da Chagahsaye (nella parte nordorientale dell’Afghanistan). Si tratta del più grave episodio riferito finora dai combattenti musulmani dello «Jamlat Islam» in lotta dall’estate scorsa contro il regime rivoluzionario filosovietico di Kabul che fa capo a Nur Mohammed Taraki. La ribellione nelle province afghane ha provocato migliaia di vittime.
Assalto di guerriglieri non ancora identificati contro l’ambasciata americana a Teheran, sanguinosi incidenti nella città di Tabriz (si parla di 700 morti soltanto martedì), pericolo non più teorico di un «contagio» iraniano agli altri Paesi della regione. A Kabul, capitale dell’Afghanistan, l’ambasciatore degli Stati Uniti, Adolphe Dubs, è stato catturato da quattro elementi armati, mentre in auto si recava alla sede diplomatica americana. Gli assalitori si sono barricati con l’ostaggio nell’hotel Kabul. La polizia li ha uccisi e ha trovato il diplomatico mortalmente ferito. I responsabili dell’operazione sarebbero elementi sciiti che si oppongono al regime filosovietico di Kabul. Adolph Dubs, diplomatico di carriera, era stato nominato ambasciatore a Kabul l’anno scorso, dopo il sanguinoso colpo dl Stato con il quale era stato rovesciato il presidente Mohammed Daoud. Il nuovo regime, sotto la presidenza di Mohammed Taraki, ha collocato saldamente l’ Afghanistan nell’orbita sovietica. Secondo vari resoconti, negli ultimi mesi In Afghanistan si sarebbe andata sviluppando una vivace opposizione al regime di Taraki, specialmente nei circoli conservatori religiosi, legati all’ortodossia musulmana. Valutazioni non si sa quanto attendibili, indicano che il numero dei prigionieri politici detenuti dall’attuale regime potrebbe aggirarsi sui quindicimila. Le fonti ufficiali di Kabul, da alcune settimane, insistevano nel definire le voci dl insurrezioni antigovernative musulmane frutto dl «pura fantasia della stampa occidentale». Il rapimento, invece, sembra confermare che la militanza anti-governativa sia più diffusa di quanto non si pensasse e che il presidente Taraki si trovi a dover affrontare un’autentica sfida al proprio regime da parte di dissidenti infiltrati dall’esterno. I mujahiddin («combattenti sacri») hanno già dichiarato dl aver intrapreso una «guerra santa» per abbattere il regime filo-comunista afghano. Il movimento insurrezionale, all’inizio del mese scorso, ha proclamato di aver ucciso «centinaia di soldati afghani» nella regione del Kunnar, ai confini con il Pakistan (dal Corriere della Sera del 15 febbraio).

I capi dell’opposizione musulmana al regime filosovietico dell’Afghanistan negano da aver sequestrato l’ambasciatore americano a Kabul Adolph Dubs. Negano qualunque coinvolgimento anche i sovietici, a cui gli americani hanno invece presentato una nota di protesta. «A Kabul intanto regna la più assoluta confusione sulle conseguenze che l’assassinio avrà per il regime afgano. Il maggior numero di congetture ha come tema le richieste fatte dai sequestratori per acconsentire al rilascio dell’ostaggio. Dall’aprile del 1978, data del colpo di Stato, l «consiglieri» dell’URSS hanno assunto il comando di quasi tutti i reparti della polizia e dell’amministrazione civile. "Ormai — mi ha detto un diplomatico accreditato a Kabul — in Afghanistan non si prende alcuna decisione senza il nullaosta sovietico. Ma la partecipazione dei russi agli avvenimenti culminati nella morte dell’ambasciatore americano è stata più scoperta del solito». I sovietici stanziatisi in Afghanistan con l’avvento del regime di Taraki sono parecchie migliaia (si parla di 5.000 secondo informazioni di fonte occidentale su una popolazione complessiva dt 17 milioni). Di recente, forze insurrezionali musulmane hanno dichiarato di essere state "aggredite da reparti dell’armata rossa» e di aver ucciso cinque ufficiali sovietici. Questo "intervento fraterno" di truppe regolari russe in territorio afghano, in realtà, può avere avuto luogo con la copertura giuridica del "Trattato di amicizia e cooperazione» concluso di recente da Taraki con Mosca, che di fatto ha trasformato l’Afghanistan in un virtuale protettorato dell’URSS» (Bruce Loudon, Daily Telegraph e Corriere della Sera del 16 febbraio)
Tensione al confine tra Iran e Afghanistan. Ieri il governo iraniano ha chiuso la frontiera per arrestare l’afflusso di rifugiati che fuggono dalle regioni afghane, dove si intensificano scontri tra i ribelli musulmani e le truppe del governo marxista. Il governo di Teheran, con una nota del ministero degli Esteri, ha categoricamente smentito che suoi soldati siano illegalmente entrati in Afghanistan. La stampa sovietica accusa gli iraniani, il Pakistan, nonché i servizi segreti inglesi e americani e la Cina di soffiare sul fuoco della rivolta afgana.
l ribelli afgani stanno impegnando le forze del presidente Taraki in ben otto provincie del Paese. Lo ha affermato ieri Mujaddadi, presidente del Fronte di liberazione nazionale che riunisce i gruppi della dissidenza musulmana afghana, in una conferenza stampa tenuta a Islamabad. Il governo filosovietico di Kabul ha annullato le festività del capodanno afghano in programma dal 21 al 23 marzo. Mujaddadi ha detto che i ribelli stanno attaccando la città di Chagha Serai da tre lati. Da questa città si controlla l’accesso alla provincia di Kunar che confina col Pakistan. Da Chagha Serai si potrebbe attaccare Jalalabad. Affermando quindi che centinaia di aderenti al Fronte nazionale vengono arrestati ogni giorno dal governo Taraki, Mujaddadi ha parlato di carceri piene e di torture inflitte ai detenuti. A suo dire al governo Taraki obbedisce meno dell’un per cento della popolazione, e cioè i soli comunisti. Mujaddadi ha negato che il Fronte riceva armi da paesi stranieri. In molti casi, secondo il presidente del Fronte, i ribelli si battono con armi rudimentali, bastoni, sassi, bottiglie molotov. Quanto al Pakistan, Mujaddadi ha detto che ha fornito una certa assistenza ai profughi afghani, che sono circa 40.000, ma questa gente manca di molte cose e bisognerebbe che altri Paesi intervenissero per ragioni umanitarie. Il governo di Kabul ha già accusato l’Iran di avere infiltrato in Afghanistan ben quattromila uomini col compito di sostenere e fomentare la rivolta musulmana. Nella vicenda ha un ruolo di primo piano anche l’URSS. Proprio ieri l’organo del PCUS Pravda ha rinnovato le accuse al Pakistan di prestare aiuto ai ribelli musulmani. Il giornale afferma inoltre che Stati Uniti, Cina, Inghilterra, Germania Ovest, Egitto e altri Paesi arabi stanno intensificando la propaganda contro l’ Afghanistan nel quadro di un piano comune inteso a incoraggiare i ribelli afghani.
KABUL Alcuni diplomatici occidentali a Kabul hanno raccontato particolari sui disordini e sulle uccisioni di sovietici nell’Afghanistan, di cui si è parlato nei giorni scorsi. Questi diplomatici hanno detto che l’URSS ha preso alcune misure urgenti per proteggere i suoi cittadini nell’Afghanistan, dopo l’uccisione di decine di «consiglieri» sovietici ad opera di guerrieri di tribù afghane musulmane, contrarie all’attuale governo filocomunista di Kabul. Tra l’altro, è stato deciso di far rimpatriare donne e bambini di famiglie sovietiche, mentre a Kabul le centinaia di sovietici entrati in Afghanistan dopo il colpo di stato del presidente Nur Mohammed Taraki lo scorso anno, hanno lasciato gli appartamenti che abitavano nella capitale, sistemandosi alla meglio entro il recinto dell’ambasciata dell’URSS. Almeno sessanta sovietici sarebbero stati massacrati nella città di Herat, 1600 chilometri da Kabul. A quanto riferito da alcuni testimoni, sono stati visti guerrieri di tribù afghane fare metodicamente a pezzi un russo preso prigioniero sino a che, del corpo, non è rimasto che il tronco, esposto poi per due giorni in una pubblica piazza, quale «avvertimento».
KABUL — Presieduto dal presidente Nur Mohammed Taraki, si è riunito Ieri l’alto consiglio afghano per la difesa il quale ha preso in esame 1 mezzi per aumentare il potenziale difensivo del Paese «di fronte ai tentativi iraniani e pakistani di interferenze. Fonti dei ribelli afghani dichiarano da parte loro che le tribù in rivolta continuano i combattimenti contro il regime marxista di Taraki e che la tribù del «mohamands» che sta a cavallo della frontiera tra Afghanistan e Pakistan tenta di avanzare in tre colonne .. Secondo notizie riprese dalla «Washington Post» la situazione sarebbe diventata tanto pesante che il presidente Taraki e il primo ministro Hafizullah Amin avrebbero già provveduto a mettere in salvo in URSS le rispettive famiglie
ISLAMABAD — Sparatorie sono echeggiate per tutta la mattina di ieri in un quartiere periferico di Kabul, la capitale afghana, ed il governo ha adottato eccezionali misure di sicurezza facendo tra l’altro presidiare da mezzi blindati leggeri tutti gli edifici pubblici. Queste notizie sono state comunicate telefonicamente da persone residenti a Kabul. Una sanguinosa guerriglia è in atto da tempo nella parte orientale del Paese dove si susseguono gli scontri tra l’esercito regolare ed i ribelli che si oppongono al regime filosovietico di Taraki.
In Afghanistan la guerriglia islamica contro il governo filosovietico del presidente Mohamed Taraki si sta facendo sempre più dura ed accanita e minaccia di aprire un nuovo punto di scontro tra Stati Uniti ed Unione Sovietica. Dopo il discorso di giovedì sera del consigliere presidenziale Zbigniew Brzezinski che aveva lanciato un avvertimento all’URSS e a Cuba, il dipartimento di Stato ha avvertito a sua volta venerdì sera l’URSS che gli Stati Uniti considereranno come una «questione seria» ogni interferenza sovietica negli affari interni dell’Afghanistan. Il portavoce del dipartimento, Hodding Carter, alludendo apertamente all’URSS, ha affermato: «Ci attendiamo che il principio di non interferenza sia rispettato da tutte le parti nella zona, compresa l’Unione Sovietica. Come abbiamo già detto, considereremo come una seria questione un intervento esterno nei problemi interni dell’Afghanistan». Le ripetute prese di posizione americane sembrano collegate alle notizie di un concentramento di diverse centinaia di «consiglieri militari» sovietici nei pressi dell’aeroporto di Kabul. Gli esperti americani ritengono infatti che questo raggruppamento non preluda ad un ritorno in URSS dei «consiglieri», ma piuttosto alla preparazione di un’offensiva su larga scala diretta a stroncare l’attività della guerriglia. Benché le maggiori città dell’Afghanistan siano controllate dalle truppe governative, nelle ultime settimane, infatti, le bande guerrigliere sono riuscite ad estendere la loro presenza nell’entroterra, compiendo spesso colpi di mano sulle strade, grazie anche alla grande quantità di armi, compresa artiglieria pesante e cannoni contraerei, di cui sono riuscite ad impadronirsi. Gli Stati Uniti temono anche che, se il governo Taraki dovesse essere spazzato via, l’Unione Sovietica starebbe preparandosi a manovrare tra le varie fazioni della guerriglia, che non sono unite da un comando riconosciuto, per trovare altri sostenitori tra gli stessi esponenti della guerriglia (dal Corriere della Sera)
ISLAMABAD — Kabul è stata teatro del più grave episodio di rivolta avvenuto nell’Afghanistan da quando il governo filosovietico capeggiato dal presidente Taraki si è installato al potere col cruento colpo di Stato dell’aprile 1978. Secondo le informazioni raccolte dagli ambienti diplomatici di Islamabad, nella rivolta sono state coinvolte unità dell’esercito. La sollevazione è stata stroncata. I combattimenti, che hanno avuto un’eccezionale violenza, sono cominciati verso mezzogiorno nel centro di Kabul e si sono poi rapidamente estesi ad altre zone della capitale afghana. Mentre l’aeroporto internazionale veniva chiuso al traffico, si levavano in volo elicotteri e caccia che sorvolavano la città facendo uso delle armi di bordo. Gli scontri più aspri sono avvenuti attorno al forte di Baia Hissar, dove erano acquartierate le truppe in rivolta. Sono stati impiegati razzi di fabbricazione sovietica e mezzi corazzati. Dopo quattro ore gli scontri sono cessati. La rivolta è stata confermata dall’agenzia sovietica «TASS», la quale riferisce che il «tentativo è fallito grazie alla collaborazione della popolazione» (dal Corriere della Sera del 6 agosto)
KABUL — Le truppe fedeli al presidente Nur Mohammed Taraki hanno ripreso il totale controllo della capitale dell’Afghanistan dopo i sanguinosi scontri dl domenica scorsa. La sparatoria che ha caratterizzato la domenica, in seguito all’ammutinamento di una parte della guarnigione della capitale, si è conclusa al calar della notte. Il coprifuoco è stato imposto nella capitale afghana dalle 8 di sera alle 4 del mattino. Stamattina la circolazione nelle vie della capitale è quasi normale: solo il quartiere di «Baia Hissar», dove sono avvenuti gli scontri, è vietato alla popolazione. Il governo ha fatto distribuire dei manifesti nei quali si afferma che «gli agenti della reazione sostenuti dal Pakistan e dell’Iran sono stati sconfitti», mentre automobili con altoparlanti percorrevano le vie della città per rassicurare la popolazione affermando che il governo aveva il totale controllo della situazione. Non è ancora possibile fare un bilancio delle vittime - si parla di 3-400 morti da una parte e dall’altra - degli scontri .di domenica. Nella sparatoria sono stati impiegati da parte governativa carri armati Testimoni degli scontri affermano di aver visto elicotteri MI-24 dl fabbricazione sovietica prendere di mira soldati in uniforme che tentavano di scavalcare i muri della caserma di «Bala Hissar» per cercare di rifugiarsi nelle vicine montagne: secondo altre testimonianze parte della caserma sarebbe stata rasa al suolo. Anche le vie del sobborgo dl Bala Hissar portano le tracce dei colpi esplosi dai carri armati che sono passati per le strade a tutta velocità per soffocare la ribellione. La ribellione di domenica è, secondo gli osservatori, la più seria alla quale abbia dovuto far fronte il regime marxista di Taraki dall’aprile dello scorso anno, quando si è impadronito del potere, più grave di quello di Herat del marzo scorso. Questo ammutinamento anche se ha potuto essere rapidamente soffocato, non potrà non avere ripercussioni nell’esercito afghano duramente impegnato a soffocare la ribellione islamica.
La notizia di una ribellione (o ammutinamento) nel forte di Bal Hissar non dovrebbe meravigliare: non è la prima. La France-Press, molto attenta agli avvenimenti afghani, ricorda le rivolte, fra i militari governativi, nelle città di Herat e di Gialal Abad in marzo e aprile: e in tempi più recenti brigate corazzate sono passate, nelle province meridionali del Paese, alle formazioni dei guerriglieri. Ma Bala-Hissar è nelle vicinanze di Kabul, la capitale: ed è questo che deve preoccupare il governo del presidente Taraki. Significa che la guerra santa sta espandendosi in ogni direzione e che, probabilmente, si sta stringendo intorno al cuore stesso del PaeseLa capitale è fortemente presidiata. I carri armati (made in URSS) sono piazzati ovunque: nei recinti dei ministeri, attorno alla sede della televisione, sulla strada che conduce all’aeroporto, agli sbocchi delle principali arterie. Gli elicotteri sono sempre pronti al decollo. Alle undici di sera, quando scatta il coprifuoco, i riflettori illuminano a giorno i profili brulli delle montagne e la fatiscente periferia. Una ribellione militare alle porte di Kabul vuol dire che l’influenza dei guerriglieri islamici ha ormai una grande — forse irresistibile — forza di penetrazione: e che tra le file dell’esercito governativo si sta facendo strada quello stesso massiccio sentimento di rivolta — provocato da una comune fede religiosa — che consenti a Khomeìni. nell’Iran, di vincere praticamente inerme i quattrocentomila soldati pluriarmati dello sciàAnche a Herat c’era stata, nel marzo scorso, una ribellione. Finì nel sangue. Arrivarono gli aerei governativi e fecero un massacro. Secondo una stima mai completamente smentita, i morti furono quindicimila. Durante un colloquio avvenuto il mese scorso a Kabul, il primo ministro e ministro degli esteri, Hafizullah Amln, mi disse che quella di Herat non era stata affatto una ribellione, essendo la popolazione locale fedele al governo: ma che si trattava di «migliaia e migliaia di infiltrati iraniani». Sarà difficile sostenere ora che Bala-Hissar fosse occupata da migliaia di infiltrati stranieri. (Ettore Mo sul Corriere della Sera)
ISLAMABAD — Una brigata dell’esercito afghano comprendente 2.500 uomini di stanza nella provincia di Zabul (Afghanistan meridionale) ha disertato e si è unita ai ribelli musulmani nel distretto di Shankkl. Lo ha annunciato a Islamabad in un comunicato lo «Hezbl Islami Afghanistan », la principale organizzazione ribelle che lotta contro il regime marxista del presidente Taraki. Secondo il comunicato la brigata dopo aver disertato ha lanciato un’offensiva contro i distretti di Darvazgai e Shamul Zai (provincia di Zabul) impadronendosene. La brigata — indica ancora il comunicato — è equipaggiata con due carri armati, tre veicoli blindati, due cannoni da 76 mm., nove mitragliatrici e 980 tucul. Si è pure appreso che quattro importanti organizzazioni ribelli afghane che combattono contro il regime di Taraki hanno annunciato ieri la loro fusione in seno ad un nuovo movimento, il «Teiman Atahad-Islami» (letteralmente: «Quelli che hanno giurato di combattere per l’Islam»). In un comunicato pubblicato a Peshawar, il «Fronte nazionale di liberazione» guidato da Seghbatullah Mujjaddedi, il «Jamiat Islami-Afghanistan» del professor Buhranuddin Rabanni, il «Movimento della rivoluzione islamica» di Maulavi Mohammadi e lo «Hazbi-Islam» del Maulavi Mohammed Yunus Khales hanno annunciato la loro unificazione, che è effettiva dal 1° agosto scorso. Il comunicato precisa che l’unione ha deciso per «un miglior coordinamento del "mujeheedins" (combattenti musulmani) nel nostro caro Afghanistan» per porre fine al «regime fantoccio, marcio e illegale di Taraki» e per fondare «una repubblica islamica basata sul Corano e sulla Sunna» (dal Corriere della Sera del 14 agosto)
TEHERAN — Un governo «d’unione nazionale» afghano sarebbe stato costituito nelle zone controllate dei guerriglieri dell’ Afghanistan. Lo hanno annunciato fonti religiose iraniane, le quali hanno aggiunto che gli insorti controllano quasi tutte le vie di comunicazione dell’ Afghanistan, nonostante la presenza di oltre 5.000 consiglieri militari sovietici in appoggio del governo Taraki. Secondo queste fonti il regime filosovietico di Kabul potrebbe cadere prima di due mesi
Afghanistan. Muore – probabilmente assassinato, anche se la versione ufficiale parla di morte per malattia – il presidente Taraki.
KABUL — Un’atmosfera di mistero avvolge ancora il «colpo di palazzo» che ha destituito il presidente dall’Afghanistan Mohammad Taraki; né del tutto chiare appaiono le intenzioni del suo successore Hafizullah Amin. Il brusco cambiamento di potere è stato annunciato stasera. Corre voce che Taraki sia stato assassinato durante una sparatoria, che sarebbe avvenuta venerdì scorso nel palazzo presidenziale. Il nuovo capo dell’Afghanistan ha avuto un colloquio definito «preliminare» con l’ambasciatore sovietico a Kabul; poi Amin ha rivolto un discorso al Paese, discorso ritardato — non si sa perché — di un’ora. Amin ha parlato per una ventina di minuti, affermando che l’Afghanistan vuol continuare ad avere relazioni fraterne con i Paesi comunisti e cerca inoltre legami amichevoli con i vicini pachistani e iraniani.Mentre dimostrazioni popolari sono in corso in diverse città dell’Afghanistan, fra le varie ipotesi sugli sviluppi della situazione si fa anche quella di un eventuale cambiamento di rotta da parte di Amin. L’esercito dell’Afghanistan, con l’aiuto dell’URSS, è duramente impegnato da tempo contro i combattenti della «guerriglia santa», i musulmani che si oppongono all’introduzione del marxismo. Le manifestazioni potrebbero anche essere «azioni controrivoluzionarie» e il governo sarebbe impegnato ad arginarle. Questa seconda ipotesi appare per ora più probabile. La tesi ufficiale secondo la quale il presidente Taraki, malato, ho voluto lasciare il potere ad Amin è stata accolta con scetticismo dagli osservatori a Kabul. Questi rilevano che, da venerdì sera, nessuno ha più rivisto l’ex capo di stato. Una violenta esplosione, avvenuta venerdì sera nel palazzo presidenziale (che è stato poco dopo circondato da carri armati) fa ritenere agli osservatori che il passsggio dei poteri non sia avvenuto senza violenza. La grande incognita di questi cambiamenti alla testa del regime afghano resta l’atteggiamento futuro dell’esercito (dal Corriere della Sera del 17 settembre)
KABUL — Sono sessanta o settanta gli esponenti del regime vittime dei sanguinosi scontri nel palazzo presidenziale che venerdì sera hanno portato alla eliminazione (anche fisica: sembra ormai sicuro) dal presidente Nur Mohammed Taraki o alla sua sostituzione in tutte le cariche che ricopriva, con il primo ministro Hafizullah Amin. Nella capitale afghana le notizie circolano con estrema cautela, ma appare possibile ricostruire con una certa approsimazione gli avvenimenti che hanno portato al colpo di palazzo. Taraki, appena ritornato a Kabul dalla conferenza del non allineati dell’Avana e dai colloqui (con relativo abbraccio davanti alle telecamere) avuti con Breznev e Gromiko il 1° settembre a Mosca aveva convocato una riunione del consiglio superiore della rivoluzione proponendosi di mettere un freno, forse anche su consiglio di Mosca, ai metodi brutali dal suo primo ministro Amin.Informato, Amin fin dal primo pomeriggio di venerdì avrebbe fatto circondare dalla truppa il palazzo presidenziale. Verso le 16 è stata udita una forte esplosione all’interno dal palazzo, seguita da numerosi colpi di arma da fuoco. Sembra che i due schieramenti, al momento dalla resa dei conti, si siano impegnati in una vera e propria battaglia. Nello scontro Taraki sarebbe stato ferito mortalmente (sarebbe poi morto lunedi mattina all’ospedale). Anche il capo dalla polizia «guardia del corpo di Taraki, Sayed Taroon (che si sarebbe schierato contro il presidente: ieri il suo nome è stato dato a una città) insieme a numerosi altri esponenti sarebbero rimasti vittime della sparatoria: il nuovo leader li ha definiti «martiri». Eliminato Taraki, per Amin rimaneva però il problema di non perdere l’appoggio di Mosca. Sabato avrebbe avuto un lungo colloquio con l’ambasciatore sovietico Puzanov. Solamente domenica, superate la diffidenze di Mosca, ha potuto essere annunciato il mutamento al vertice (dal Corriere della Sera)
TEHERAN — L’agenzia di stampa iraniana «Pars» afferma che, secondo un annuncio diramato dall’ufficio del Movimento islamico afghano, militanti musulmani hanno invaso l’ambasciata sovietica a Kabul uccidendo sei membri del personale diplomatico. La stessa agenzia riferisce che è stato ucciso dai guerriglieri musulmani afghani il capo della polizia militare di Kabul. Sempre secondo «Pars» in una battaglia fra forze comuniste è caduto pure il comandante della pollizia di Herat, la città chiamata «la porta dell’India»data la sua posizione strategica. «Consiglieri» e sembra anche soldati sovietici aiutano il governo dell’Afghanistan nella lotta contro i ribelli musulmani che si oppongono all’alleanza con l’URSS e all’introduzione del marxismo. L’Iran, confinante con l’ Afghanistan, parteggia per gli insorti.
KABUL - Un tentativo di colpo di Stato contro il regime del presidente Hafizullah Amin attuato da «elementi sovversivi» è fallito domenica sera in Afghanistan. Lo ha annunciato ieri radio Kabul precisando che il tentativo è fallito grazie all’intervento delle forze armate e che i «cospiratori», tra cui un generale, sono stati arrestati. Il tentativo di colpo di Stato, secondo la radio, era guidato al generale Abdul Majed Spinghar e dal colonnello Dujran ai quali si era aggiunto l’ex sindaco di Kabul (sotto il regime monarchico) Ghullm Mohammed Farhad, ex deputato e dirigente del partito nazionale afghano, assieme ad altri quattro complici. La radio afghana non ha fornito maggiori particolari sul fallito colpo di Stato, il secondo in trenta giorni, dopo quello che alla metà dello scorso settembre ha portato all’esautoramento (ed alla successiva morte annunciata nei giorni scorsi) del presidente Taraki. Si è appreso intanto che circa un milione di musulmani «Tajik», che si trasferirono nelle zone settentrionali del Paese dopo la rivoluzione russa del 1917, si sono uniti ai rivoltosi che combattono il regime filosovietico di Kabul. Lo ha rivelato ieri il quotidiano inglese Daily Telegraph, in una corrispondenza dalla capitale afghana, precisando che la notizia è stata «ammessa tacitamente per la prima volta da funzionari governativi».
LONDRA — Citando «una fonte diplomatica ad alto livello» a Kabul, il giornale britannico «Daily Telegraph» scrive che l’URSS ha spedito d’urgenza venti battaglioni in Afghanistan par proteggere le sue basi da un attacco dei ribelli musulmani (dal Corriere della Sera del 4 novembre).
«Sarebbe necessariamente contro i nostri interessi che i russi rafforzassero l’attuale regime socialista in Afghanistan? L’alternativa potrebbe essere un regime islamico reazionario del tipo che ci sta dando problemi altrove» (messaggio confidenziale del Foreign Office britannico).
Nel corso della prima metà del mese un certo numero di truppe da combattimento sovietiche inizia ad affluire in Afghanistan, ufficialmente per accogliere le richieste d’aiuto di Kabul e nel rispetto del trattato di amicizia firmato l’anno prima (wikipedia).
Tra il 7 dicembre e oggi è dislocato nell’aeroporto di Bagram, a sessanta chilometri da Kabul, un battaglione sovietico della 103ª Divisione aviotrasportata della Guardia.
Tra ieri e oggi è dislocato nell’aeroporto di Bagram, a pochi chilometri dalla capitale, un altro battaglione sovietico, stavolta appartenente alla 104ª Divisione aviotrasportata della Guardia. Col battaglione della 103ª, trasferito lo scorso 9 dicembre, si crede così di aver meglio garantito la protezione dello scalo. Contemporaneamente i consiglieri sovietici iniziano la loro opera di neutralizzazione delle forze afghane, facendo ritirare i mezzi blindati nelle rimesse per "riparazioni" e "svernamento", e organizzando "inventari" delle scorte di armi e munizioni presenti nei depositi; gli stessi consiglieri convincono Amin ad abbandonare la residenza presidenziale nel centro di Kabul per trasferirsi nel più isolato palazzo Tajbeg, separandolo così da gran parte delle truppe a lui fedeli presenti nella capitale (wikipedia)
L’Urss invade l’Afghanistan per sostenere il governo comunista del Partito Democratico del Popolo Afgano contro i ribelli Mujaheddin, sostenuti dagli integralisti islamici (leggi qui l’analisi di Guido Rampoldi e Enrico Franceschini) • «La sera del 24 dicembre le forze sovietiche diedero il via all’invasione (operazione Štorm 333): mentre i primi reparti della 40ª Armata attraversarono il confine lungo il fiume Amu Darya, i paracadutisti sovietici della 103ª Divisione aviotrasportata della Guardia già stanziati a Bagram si impossessarono della base quasi senza combattere; seguì un lungo ponte aereo per portare a Bagram dalla loro base a Fergana gli elementi principali della 105ª Divisione aviotrasportata, a cui furono aggregati per l’occasione specialisti del KGB e un contingente di truppe scelte del Gruppo Alpha.[48] A sera i reparti della 108ª Divisione motorizzata attraversarono per primi l’Amu Darya» (wikipedia).
I reparti della 108ª Divisione motorizzata sovietica, attraversato l’Amu Darya la sera del 24 dicembre, occupano oggi nel pomeriggio Baghlan, Konduz e Pol-e Khomri nel nord-est (wikipedia). A Kabul, i russi invasori giustiziano il presidente Hafizullah Amin e mettono al suo posto Babrak Karmal, 50 anni, marxista e filosovietico, fondatore del Partito Democratico Popolare dell’Afghanistan, leader della fazione moderata Parcham, poi esiliato come ambasciatore a Praga dalla fazione rivale Khalq. Radio-Kabul ha trasmesso un messaggio indirizzato al popolo afghano da Babrak Karmal. Il nuovo capo dello Stato ha promesso «libertà democratiche per tutte le masse, la scarcerazione di tutti i detenuti politici e la creazione di posti di lavoro per i disoccupati. Vogliamo annunciare che le ultime catene dell’imperialismo, del fascismo e della dittatura nel cuore dell’Asia sono state spezzate e che viene issata la bandiera di un Afghanistan libero e Indipendente». Il nuovo regime permetterà la proprietà privata. Saranno puniti i delitti dei fedeli di Amin. Il consiglio rivoluzionarlo che fiancheggia il governo si è impegnato a «risolvere il problema della rivolta nelle provincie per via politica». Forse il colpo di Stato sottolinea drammaticamente le difficoltà di reprimere la «guerriglia santa» dei ribelli musulmani contro i regimi comunisti sostenuti da Mosca. Poco dopo l’annuncio del colpo di Stato le comunicazioni telefoniche tra l’Afghanistan e l’Iran sono state interrotte (Corriere della Sera). • Contemporaneamente alla presa di Kabul e del nord-est dell’Afghanistan la 40ª Armata si assicurò il resto del paese: muovendo dalla Repubblica Turkmena, la 5ª Divisione motorizzata entrò nell’Afghanistan occidentale il 27 dicembre avanzando rapidamente, ed entro il giorno successivo si impossessò di Herat e Shindand, espandendo poi la sua area di controllo fino a Farah e Kandahar (wikipedia).
KABUL — Secondo informazioni americane, combattimenti sono in corso in parecchi punti, fra cui le vicinanze del palazzo presidenziale, a Kabul: soldati sovietici sarebbero intervenuti negli scontri. Il colpo di Stato è avvenuto subito dopo l’arrivo di un altro forte contingente di soldati russi, con un ponte aereo di circa 200 voli: grossi apparecchi sovietici hanno trasportato forse cinquemila militari, che vengono ad aggiungersi alle forze sovietiche già impegnate ad aiutare il governo afghano contro gli insorti. Secondo le ultime notizie da Kabul la resistenza al colpo di Stato sarebbe più forte del previsto. Alle ore 21 (ora locale) mentre la radio continua ad affermare che il regime di Amin è stato rovesciato, i combattimenti proseguono: sulla strada che conduce all’aeroporto di Kabul carri armati hanno aperto il fuoco. Si sente anche il rombo delle artiglierie e intense raffiche di mitraglia (Corriere della Sera).
BELGRADO — La Jugoslavia è «sorpresa e profondamente preoccupata per l’evolversi della situazione in Afghanistan, ha dichiarato un portavoce del ministero degli Esteri a Belgrado. Questa presa di posizione della Jugoslavia, attesa con molto interesse dopo il messaggio inviato sabato dal presidente Carter al maresciallo Tito, è apparsa molto cauta con l’evidente sforzo di evitare di assumere posizioni. È stato notato che nel testo della dichiarazione jugoslava non si fa alcuna menzione dell’Unione Sovietica. Belgrado — ha detto ancora il portavoce — esprime «profonda preoccupazione per le gravi conseguenze che possono derivare dall’evolversi della situazione, non soltanto per un peggioramento nella regione ma anche per i rapporti internazionali in generale».
PECHINO — Il governo cinese, in una dichiarazione ufficiale diramata nelle prime ore di ieri, che fa seguito a due prese di posizione del «Quotidiano del popolo» e dell’agenzia «Nuova Cina», condanna decisamente l’azione sovietica nei confronti dell’ Afghanistan e chiede che Mosca ritiri tutte le sue truppe da quel Paese. La dichiarazione afferma: «L’Unione Sovietica ha di recente attuato una massiccia invasione militare dell’Afghanistan, interferendo grossolanamente negli affari interni di quel paese. Questo intervento armato viola sfacciatamente tutte le norme che reggono i rapporti internazionali; non soltanto esso usurpa la sovranità e l’indipendenza nazionale dell’Afghanistan, ma pone anche una grave minaccia alla pace e alla sicurezza in Asia e nel mondo intero. Il governo cinese condanna vigorosamente questa azione egemonistica dell’Unione Sovietica e chiede decisamente la fine di quest’aggressione e di questo Intervento nell’Afghanistan e il ritiro dl tutte le forze dell’URSS. Il documento cinese prosegue affermando che Mosca ha da tempo pianificato l’azione e rileva in proposito che essa «rappresenta un grave passo per la penetrazione verso sud allo scopo di giungere all’oceano Indiano e controllare le vie marittime. Essa è anche una parte importante della strategia sovietica per impossessarsi delle zone produttrici di petrolio e aggirare l’Europa in modo da assicurarsi l’egemonia mondiale». Dopo aver rilevato che i sovietici «hanno allargato l’applicazione della ’teoria della sovranità limitata’ dalla loro ’comunità di nazioni’ a un paese non allineato e islamico del Terzo mondo», la dichiarazione di Pechino continua osservando che è assurdo pretendere, come fa l’URSS, che la sua azione sia stata Intrapresa «per aderire a quanto previsto dal trattato dl amicizia con l’Afghanistan e su richiesta del governo afghano». «Questa logica degli aggressori non può ingannare alcuno, pur se merita di essere attentamente valutata. Con le sue azioni l’Unione Sovietica dimostra di essere pronta a invadere e occupare qualsiasi paese» (dal Corriere della Sera)
VIENNA — Il presidente romeno Nicolas Ceausescu si è dissociato dall’intervento sovietico in Afghanistan e ha riaffermato la validità dei principi della non ingerenza e del non ricorso alla forza come criteri fondamentali delle relazioni internazionali. In un discorso al corpo diplomatico straniero accreditato a Bucarest, Ceausescu non ha menzionato esplicitamente l’Afghanistan, ma l’allusione è stata capita da tutti quando ha affermato: «Ci auguriamo che in tutte le regioni del mondo si adotti una politica di moderatezza, e che finisca ovunque il ricorso alla forza e agli interventi militari in modo che venga finalmente rispettato il diritto dei popoli all’indipendenza». Ceausescu ha detto che se si facesse un sondaggio demoscopico su scala mondiale, «più dell’ottanta per cento» della popolazione del pianeta si pronuncerebbe per il disarmo, per la non ingerenza e per la pace. Ceausescu non ha imitato i suoi colleghi degli altri stati del patto di Varsavia che hanno inviato telegrammi di felicitazioni al nuovo leader afghano Karmal. Lo hanno fatto il magiaro Kadar e il bulgaro Zivkov e i loro giornali hanno elogiato «l’aiuto internazionalistico» dei sovietici. Altro linguaggio è usato dal giornale di Tirana «Zeri i Popullit», che ha definito l’impresa sovietica «un atto aggressivo e fascista dei socialimperialisti dell’URSS». Il giornale del PC albanese ha scritto che «anche i popoli dell’Iran e di tutto il medio oriente devono stare in guardia davanti alle azioni e ai trucchi dell’imperialismo americano e del socialimperialismo sovietico»
ISLAMABAD — L’intervento militare sovietico in Afghanistan è motivo di «gravissima» preoccupazione per il governo del Pakistan il quale in un comunicato rilasciato ieri sottolinea le ripercussioni che la presenza dei soldati russi potrà avere sulla pace internazionale. Il documento chiede altresì a Mosca di ritirare immediatamente le sue truppe. «Il governo del Pakistan considera con la più grave preoccupazione i recenti sviluppi afghani e ritiene che l’intervento sovietico nel vicino paese costituisca una grave violazione delle norme della coesistenza pacifica». Dopo aver ricordato i tre colpì dl Stato succedutisi in Afghanistan negli ultimi due anni la nota aggiunge: «Il governo del Pakistan considera questo sviluppo con la più grave preoccupazione, preoccupazione che è tanto più profonda dal momento che il Paese soggetto all’intervento militare è un paese Islamico, un nostro vicino immediato, un paese che fa parte della conferenza islamica e del movimento dai non-allineati» «L’ingresso di truppe straniere allo scopo dl determinare l’esito dell’attuale crisi interna afghana costituisce un ulteriore aggravamento della situazione ed è destinato a prolungare l’agonia del popolo afghano al quale il Pakistan è unito da legami indissolubili di storia, fede e cultura».
Entro la metà del gennaio 1980 i centri principali dell’Afghanistan erano in mani sovietiche: l’esercito afghano oppose una resistenza debole e disorganizzata, e la 40ª Armata, cresciuta fino a 81.800 unità, registrò perdite irrisorie; a Kabul il neo presidente Karmal, portato in volo nella capitale dai sovietici, proclamò la caduta del regime di Amin e la formazione di un nuovo governo. (wikipedia)
Una divisione dei «berretti azzurri» (10 mila uomini), le forze speciali dell’URSS, ha sferrato un’offensiva contro le principali roccaforti dei guerriglieri musulmani che si oppongono al regime marxista dell’Afghanistan. Le truppe sovietiche attaccano appoggiate da mezzi corazzati e dai modernissimi elicotteri da combattimento «MI 21», l’equivalente dei «Cobra» americani. Sanguinosi scontri sono in corso in tutto II Paese e le testimonianze di quanti sono riusciti a lasciare Kabul sono drammatiche: i morti sono già migliala. Soltanto nelle prime 48 ore dopo il colpo di stato che ha portato al potere Barbak Karmal, sono stati uccisi tremila sostenitori del presidente Amin, deposto e giustiziato.Mentre le truppe sovietiche stanno soffocando le sacche di resistenza dei guerriglieri islamici afghani, e in tutto il mondo crescono le apprensioni suscitate da questo massiccio intervento militare, nell’Iran è stato scoperto e sventato ieri pomeriggio un complotto contro il segretario delle nazioni Unite Kurt Waldheim, che è a Teheran per cercare di risolvere la vicenda degli ostaggi americani. L’annuncio è stato dato dallo stesso ministro degli esteri Iiraniano Gotzadeh, il quale ha in tal modo spiegato perché era stato improvvisamente sovvertito tutto il programma di incontri di Waldheim, che nel pomeriggio era rimasto in albergo «per motivi di sicurezza». Contro il segretario dell’ONU c’era stata anche una manifestazione ostile di un migliaio di studenti (dal Corriere della Sera del 3 gennaio).
Mentre in Afghanistan l’offensiva delle truppe sovietiche contro i guerriglieri islamici incontra più resistenze del previsto, il presidente americano Carter ha annunciato le sue prime misure di replica. Dopo aver richiamato a Washington per consultazioni il suo ambasciatore a Mosca Watson, ha chiesto al Senato di rinviare la decisione sulla ratifica dell’accorde SALT 2 per la limitazione delle armi nucleari strategiche. Gli Stati Uniti inoltre appoggiano una iniziativa dei Paesi islamici che chiederanno al Consiglio di Sicurezza dell’ONU di condannare l’intervento sovietico. In una prima replica alla decisione americana, l’agenzia sovietica TASS ha accusato ieri «l’amministrazione Carter e gli ambienti reazionari» di voler «intensificare la corsa agli armamenti nucleari» sottolineando che «gli USA hanno bisogno quanto l’URSS del SALT 2». La TASS poi ha condannato il proposito americano di rafforzare la difesa del Pakistan perché ciò «potrebbe accrescere la tensione e suscitare scontri pericolosi».Le «Izvestia», giornale del governo sovietico, accusano invece Washington di voler sfruttare la situazione per allargare la zona di influenza della NATO. Sul piano politico, una condanna eplicita dell’intervento sovietico è venuta, dopo iniziali cautele, dal partito comunista spagnolo, che si richiama ai principi di sovranità e indipendenza. Dal teatro degli scontri, dove i giornalisti occidentali non sono ancora stati ammessi, sembra che in alcune zone sia in atto una controffensiva di guerriglieri islamici, ai quali si i sarebbero uniti fedeli del deposto e ucciso presidente Amin che hanno disertato dalle forze regolari afghane.
• In risposta all’invasione sovietica dell’Afghanistan (27 dicembre 1979), il presidente degli Stati Uniti, Jimmy Carter, dichiara l’embargo nella vendita all’Urss di grano e prodotti tecnologici.
PECHINO — Cina e Stati Uniti sono pronti ad attuare una vasta cooperazione militare che comporterà non solo un intervento statunitense per ammodernare le forze armate di questo Paese, ma anche, se se ne desse l’occasione, un reciproco appoggio nel settore della difesa per garantire i rispettivi interessi minacciati da una terza potenza. Questo è il primo risultato degli incontri che il segretario americano alla difesa, Harold Brown, ha avuto slnora con alcuni dei maggiori esponenti cinesi.Giunto sabato a Pechino, Brown ha avuto ieri ben sette ore di colloqui con una delegazione cinese guidata dal vicepremier Geng Biao. Al termine di questa «maratona» di consultazioni, un portavoce del ministero della difesa ha dichiarato che i due Paesi continueranno anche in futuro le discussioni sugli effetti delle azioni sovietiche nella regione asiatica e si consulteranno ulteriormente sulle appropriate risposte da dare ad esse. La stessa fonte ha precisato che nel corso di due riunioni tenute una in mattinata ed una nel pomeriggio — intramezzate da un pranzo di lavoro offerto all’ospite dal ministro degli esteri Huang Hua — è stata discussa la situazione mondiale ed in particolare quella creatasi dopo l’invasione sovietica dell’Afghanistan nonché i modi per sviluppare i contatti tra i ministeri della difesa dei due Paesi.Le due parti si sono trovate d’accordo nell’affermare che «le azioni dell’URSS pongono direttamente in pericolo la pace mondiale e la sicurezza di tutti i Paesi e rappresentano una sfida per la comunità internazionale. Pertanto — ha proseguito la fonte cinese — le due parti si sono trovate d’accordo sul fatto che la resistenza e l’opposizione all’aggressione militare e alle ambizioni espansionistiche dell’URSS, rappresentano ora un problema molto urgente (dal Corriere della Sera dell’8 gennaio)
Poiché Carter combatte i sovietici negando loro il grano promesso, potrebbe formarsi, nel mondo, un cartello del grano simile al cartello del petrolio dei Paesi dell’Opec? Però il petrolio è un prodotto naturale che può essere conservato sotto terra senza limiti di tempo e di quantità. Mentre il grano è un bene prodotto, che può essere conservato solo per qualche tempo e poi deve essere venduto. Impossibile per i produttori di grano dedicarsi all’organizzazione mondiale della penuria nella speranza di dettare il prezzo del grano (oggi quattro dollari a bushel) così come l’Opec impone il prezzo del petrolio (oggi 35 dollari al barrel). Inoltre: se la quantità di grano non venduta ai sovietici venisse riversata sul mercato deprimerebbe i prezzi in modo grave. Il prezzo del grano infatti è già crollato, e Carter ha dovuto sospenderne le quotazioni alle borse di Chicago, Kansas City e Minneapolis. Gli americani possono vendere ai russi senza autorizzazioni del governo fino a un massimo di 8 milioni di tonnellate (accordo del 1975). Quest’anno, prima dell’Afghanistan, Carter aveva concesso ai russi 25 milioni di tonnellate. Si tratta dunque di un surplus di 17 milioni di tonnellate, parte delle quali saranno vendute alla Cina (ne ha parlato con Pechino il ministro della Difesa Harold Brown durante il suo ultimo viaggio). Un’altra quota, comprata dal governo, andrà a beneficio dei paesi poveri. Un’altra ancora servirà alla produzione di carburanti. L’agricoltura americana - industria ad alta tecnologia e investimenti giganteschi - occupa meno del 4% della popolazione e esporta per 35 miliardi di dollari. Gli agricoltori protestano contro l’embargo (il candidato alle presidenziali George Bush: «Colpisce più noi dei russi), ma l’Afghanistan è l’ottava nazione caduta in cinque anni sotto il controllo sovietico, dopo Angola, Mozambico, Etiopia, Benin, Yemen del Sud, Laos, Cambogia. Adesso i sovietici sono a meno di 500 miglia dallo stretto di Hormuz e il vuoto di potere dell’Iran può suscitare sull’Urss un’attrazione crescente (abstract dell’editoriale di Alberto Ronchey).
I russi hanno fatto sapere che, in Consiglio di sicurezza dell’Onu, porranno il veto a qualunque sanzione verso l’Iran, messa sotto accusa dagli Stati Uniti per il sequestro degli ostaggi nell’ambasciata americana di Teheran. È la risposta di Mosca all’embargo sul grano deciso da Carter dopo l’invasione sovietica dell’Afghanistan. Gira voce - forse messa in giro ad arte dagli stessi russi - che l’invasione sia stata decisa da Kirilenko, Suslov, Ustinov e Gromiko, i quali avrebbero messo in minoranza un Breznev sempre più malandato in salute (da un articolo di Ugo Stille).
ISLAMABAD — Coi suoi 15 o 17 milioni di abitanti, l’Afghanistan è un paese molto povero, non ha petrolio e vanta uno dei redditi pro capite tra i più miserabili del mondo. L’intervento dell’Unione Sovietica, ha dichiarato in una recente intervista a Newsweek il presidente del Pakistan, generale Zia ul-Haq, non può quindi essere motivato dal «desiderio di nuove risorse». Ma — ha detto Zia — l’Afghanistan è strategicamente molto importante. E c’è molto petrolio in Iran. L’Afghanistan e il Pakistan costituiscono la porta secondaria sul Golfo e l’accesso diretto all’oceano Indiano. Ho cercato di richiamare l’attenzione di Washington su questo fatto sin dal primo colpo di Stato marxista nell’aprile del ’78. Senza troppo successo, potrei aggiungere. Il chiodo che regge la ruota è il Pakistan. Ciò non significa che noi abbiamo paura. In realtà siamo abbastanza sicuri. Ma data la nuova equazione di potere nel mondo, la fiducia in se stessi rappresenta la chiave alla nostra sopravvivenza come nazione. Il Pakistan è ora un’isola di stabilità e intendiamo mantenerlo tale»A Islamabad, la capitale, città dei ministeri, della burocrazia, delle ambasciate, una colata di palazzi, villini bianchi e giardini, sorta dal nulla e quasi senza rapporto fisico con la storia e la civiltà del paese, la crisi afghana sembra un fenomeno remoto; ma a Peshawar, che ricorda Kipling, o lungo l’intero arco della frontiera tribale dove sono ammassati i 400 mila profughi afghani, il dramma del vicino paese ha una sua greve, quotidiana incombenza. (Ettore Mo sul Corriere della Sera)
In una intervista televisiva il segretario di Stato Vance non ha escluso il blocco navale del Golfo Persico. A Teheran, il ministro iraniano del commercio, Reza Sadr, ha dichiarato che ciò potrebbe significare la guerra nel Golfo Arabico. Ha però aggiunto di ritenere improbabile un blocco, «perché il petrolio nel mondo passa per questa regione e i Paesi occidentali non sopporterebbero le conseguenze di tale misura». È circolata anche la voce che l’Iran taglierebbe le forniture di petrolio ai Paesi che, nella votazione all’ONU, aderissero alle sanzioni. Fanno parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite: Cina, Francia, Gran Bretagna, URSS, Stati Uniti, Bangladesh, Filippine, Germania Orientale, Giamaica, Norvegia, Portogallo, Niger, Messico, Tunisia e Zambia.A Bruxelles i 9 Paesi, fra cui l’Italia, della Comunità economica europea hanno deciso di sospendere la vendita di cereali all’URSS per appoggiare l’azione americana di rappresaglia per l’invasione dell’Afghanistan. La tensione internazionale si ripercuote in misura particolare in Jugoslavia, dove la presidenza dalla Repubblica e la presidenza della Lega dei comunisti hanno diffuso un appello alla «vigilanza nazionale».In Afghanistan, dove prosegue la resistenza islamica contro i sovietici nonostante i tentativi del presidente Karmal per giustificare l’intervento, la folla ha preso ieri d’assalto il carcere nei pressi di Kabul protestando contro la mancata liberazione di molti detenuti politici. Negli scontri hanno perso la vita un manifestante e un soldato afghano. A Mosca, Breznev avrebbe rivelato a Marchais che l’URSS è intervenuta a Kabul perché il regime di Amin minacciava di portare il Paese nell’orbita cinese
La resistenza dei guerriglieri islamici in Afghanistan continua, soprattutto nelle zone vicine alla frontiera con il Pakistan. Lanci di paracadutisti russi sono segnalati a Baricot, dove la guarnigione sovietica è assediata da qualche giorno. Il comando avrebbe deciso l’invio del «parà» per alleggerire la pressione. Secondo fonti dei ribelli, negli scontri sarebbero caduti un centinaio di sovietici. Si combatte anche a Jalalabad. Mosca ha dato notizia della morte di un generale: non si sa se sia caduto in combattimento In Afghanistan. DI fronte al deteriorarsi della situazione internazionale, le Casa Bianca ha annunciato che il presidente Carter sta preparando «un importante discorso» nel quale definirà nuove prospettive della politica estera americana: si prevede un notevole irrigidimento degli USA. Oggi torna in Europa il segretario di Stato aggiunto Warren Christopher.Ieri il presidente del Pakistan, generale Zia, ha rinnovato le accuse all’Unione Sovietica. Oggi giunge a Islamabad — nuova tappe della missione che lo ha portato in Turchia, nell’Oman e in Arabia Saudita — il ministro degli esteri inglese, Lord Carrington. Venerdì sarà la volta del ministro degli esteri cinese Huang Hua (la Cina ha studiato con gli USA un piano di aiuti al Pakistan). Alle Nazioni Unite, l’Assemblea generale conclude oggi la discussione sull’intervento sovietico in Afghanistan, mentre il Consiglio di sicurezza è impegnato dalla richiesta americana di sanzioni contro l’Iran: all’esame ci sono le nuove proposte di Teheran per gli ostaggi. L’Unione Sovietica, che ha preannunclato il suo veto e ogni sanzione, ha ieri affermato di essere pronta a fornire aiuto «anche militare» all’Iran.
Breznev s’è fatto intervistare dalla Pravda (otto colonne di giornale) e ha giustificato così l’invasione dell’Afghanistan: «Decine di migliaia di insorti, intere unità militari, aiutati e addestrati all’estero stavano infiltrandosi in Afghanistan. Questi insorti avrebbero messo in serio pericolo il fianco meridionale dello Stato sovietico, e le conquiste della rivoluzione afghana. La decisione di inviare contingenti in Afghanistan è stata non semplice, ma presa dal Comitato Centrale del PCUS e dal governo in piena coscienza delle proprie responsabilità e dopo aver esaminato tutte le circostanze». Quanto all’Europa e alle pressioni di Carter perché non venda cereali ai sovietici, Breznev ha detto: «Gli Stati Uniti danno l’impressione di essere un partner assolutamente inaffidabile, capace in ogni momento di violare gli obblighi e cancellare i trattati». Ora Washington «vorrebbe rovinare anche le relazioni delle nazioni europee con l’URSS e "metterle sotto"». «Ma l’interesse cardinale dei popoli europei è fermamente collegato con la distensione perché essi — ha ricordato Breznev con un’ombra di minaccia — abitano un continente già più volte segnato da guerre devastatrici e non sono pronti ad imbarcarsi lungo una strada di avventure solo per seguire gli ordini dei politicanti d’oltre oceano. E’ impossibile credere che ci possano essere Stati che in Europa desiderano gettare i frutti della distensione sotto i piedi di chi li vuole calpestare».
L’assemblea dell’ONU ha approvato una risoluzione che condanna l’intervento sovietico in Afghanistan e chiede il ritiro delle truppe «straniere» da quel Paese. La risoluzione non ha alcun valore pratico, ma acquista un grande significato politico. A parere degli osservatori è stata una delle più gravi sconfitte di Mosca all’ONU. Sono stati Infatti ben 104 i Paesi (tra cui Iran e Jugoslavia) che hanno votato a favore della risoluzione; appena 18 i contrari e altrettanti gli astenuti. Romania e Libia figurano tra I Paesi che non hanno partecipato al voto. Ieri l’URSS ha posto il veto alle sanzioni chieste da Washington contro l’Iran. Nonostante il veto, gli USA sono decisi ad applicare le sanzioni. Corrono voci di un possibile blocco navale e del minamento del Golfo Persico. Questi sviluppi si intrecciano con inquietanti notizie dai vari scacchieri della crisi. Secondo informazioni, ancora contraddittorie, una divisione sovietica sarebbe schierata In prossimità del confine afghano-iraniano. Inoltre il primo ministro israeliano ha denunciato il presunto pericolo di un attacco siriano. (dal Corriere della Sera del 16 gennaio)
58 notizie mostrate (su 58 trovate) per l'anno