Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
L’italiana Luxottica s’è fusa con la francese Essilor e subito s’è scatenata la discussione se siano stati i francesi a comprare noi o noi a comprare i francesi. Le Monde è sicuro: il gruppo - dice - lancerà un’offerta pubblica di scambio sulla società italiana e non il contrario, «nascerà una società di diritto francese, quotata a Parigi e con sede a Chareton, nella Val de Marne». A queste argomentazioni, se la cosa avesse un minimo di interesse, si potrebbe obiettare che però, a fusione conclusa, l’azionista di maggioranza sarà la Delfin di Leonardo Del Vecchio, col 38% delle azioni e il 31% dei diritti di voto. Dunque in che senso la nuova società sarebbe francese?
• È importante?
No, non è importante. Quelli di Wimbledon dicono: «Non conta la nazionalità di chi vince il torneo, conta che si giochi qui». Nel nostro caso, Luxottica, anche se ha la sede in una cittadina di neanche cinquemila abitanti (Agordo, in provincia di Belluno), ha 7.800 punti vendita nel mondo, realizza la metà del suo fatturato negli Stati Uniti e possiede una quantità di marchi che a noi magari sembrano stranieri, come Ray-Ban, Oakley o Persol e che Leonardo Del Vecchio va comprando dal 1999. La società ha raddoppiato il fatturato negli ultimi dieci anni, siamo a 4,7 miliardi nel primo semestre del 2016, con un utile di 477 milioni. Naturalmente l’abbondanza finanziaria ha spinto verso parecchie diversificazioni, Del Vecchio possiede anche un 3% di Generali, nel 2007 ha stretto un’alleanza col colosso francese Foncièeres des Régions e ha dato così vita al maggior gruppo immobiliare europeo, ha anche assaggiato il business dei supermercati dal quale è scappato per non sottostare alle furberie delle Coop («Noi non abbiamo mai voluto scendere sul terreno dei rapporti con la politica»). Sto raccontando questo supponendo che lei sappia già che il core-business di Del Vecchio è la costruzione delle montature per occhiali. Dice: «Gli occhiali sembrano un oggetto semplice ma sono per il 50% estetica e per il 50% alta tecnologia. È un accessorio che teniamo sugli occhi anche 12 o 18 ore al giorno, perciò la calzabilità e la robustezza devono fare progressi continui».
• E i francesi invece che fanno?
Essilor fabbrica lenti. È quella che nel 1959 ha creato Varilux, la prima lente progressiva, pensata soprattutto per presbiti (la lente si adatta ai problemi del paziente, a seconda che guardi da vicino, da lontano o dalla mezza distanza). È un colosso pure Essilor, 6,7 miliardi di fatturato nel 2015 (utile a 757 milioni), valore dell’azione quintuplicato in Borsa, primo produttore al mondo di lenti oftalmiche (seguita dai tedeschi di Carl Zeiss e dai giapponesi di Hoya), con una quota di mercato pari a un terzo, distribuita su tutto il pianeta: 28% circa in Europa, 48% negli Stati Uniti, 18% tra Asia e Africa e 6% in America del Sud. Un miliardo di persone nel mondo utilizza lenti Essilor. Messi insieme, i due fanno 140 mila dipendenti, una presenza in 150 paesi. Il capitale del nuovo aggregato sarà di 50 miliardi di euro.
• Uno fa le montature, l’altro le lenti. Si direbbe un matrimonio perfetto.
È un matrimonio perfetto, e con potenzialità di crescita enormi. Dei 7,3 miliardi di persone che abitano la Terra, il 63% ha bisogno di lenti correttive ma solo 1,9 miliardi ha già acquistato occhiali, lenti o si è sottoposto a interventi chirurgici. Secondo le stime, hanno bisogno di occhiali circa 2,6 miliardi di persone, in particolare in Asia, Africa e America Latina. In Cina ci sono 800 milioni, fra uomini e donne, che avrebbero bisogno di correggere la vista. Di questi possiedono un paio d’occhiali solo 350 milioni. Idem in India. Ed Essilor ha una gamma di prezzi molto vasta, da 1 a 800 dollari.
• È vero che le due aziende hanno storie simili?
Leonardo Del Vecchio era un martinitt, cioè un orfano accudito presso l’oratorio di San Martino. A 14 anni, recuperato dalla madre, che faceva la cameriera, si fece comprare una bicicletta e cominciò a campare la vita facendo il garzone. Un incisore di medaglie che lo aveva assunto vide che aveva stoffa, lo mandò a Brera a imparare l’incisione, da lì Del Vecchio si mise in proprio, prima un laboratorio, poi un capannone, e nel 1961 Luxottica, fondata ad Agordo perché ad Agordo regalavano terreni a chi si metteva a fare l’imprenditore. Essilor, a sua volta, è il frutto della trasformazione di una cooperativa operaia che nel 1972 si fuse con la società familiare dei fratelli Lissac. È cresciuta comprando le aziende di piccoli produttori che si ritiravano, mettendo insieme alla fine 61 mila dipendenti e fabbriche in cento paesi.
• Come si spartiranno il potere tra francesi e italiani?
Leonardo Del Vecchio, padrone di Luxottica, sarà presidente esecutivo della nuova società, che si chiamerà Essilor Luxottica e sarà quotata a Parigi e a New York. Hubert Sagnières, amministratore delegato di Essilor, sarà il suo vice, sempre esecutivo. Guardando l’organigramma si direbbe che sono gli italiani ad aver comprato i francesi. Ma Del Vecchio ha 81 anni e i suoi sei figli, avuti da tre donne diverse, non sembrano destinati alla gestione dell’azienda. Sagnières invece non ha ancora compiuto 61 anni. Forse pensando soprattutto a questo, Le Monde scrive che sono i francesi ad aver comprato gli italiani.
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