Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Nell’indifferenza più assoluta, ieri s’è votato per le Province...
• Come! Esistono ancora?
E certo. La riforma costituzionale di Renzi le aveva eliminate del tutto, ma la riforma costituzionale di Renzi è stata bocciata il 4 dicembre con la sonora vittoria del No. E perciò le province stanno ancora in piedi, e secondo quanto prescrive il Titolo V della Costituzione. Articolo 114: «I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione». Articolo 117: «I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite». Articolo 118: «I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie». Articolo 119: «I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa. Hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio. Hanno un proprio patrimonio». È rimasto tutto in piedi.
• Mica uno scherzo. Se si votava ieri, come mai non ho ricevuto un qualche avviso, una qualche comunicazione?
Perché le Province sono regolate adesso dalla legge Delrio - la numero 56 del 2014 - nella quale si prevede che le vecchie Province, ridotte a 76 e inserite negli «enti territoriali di area vasta», abbiano un presidente della Provincia e un consiglio provinciale eletti al loro interno dai sindaci e dai consiglieri comunali del territorio. Sono le cosiddette «elezioni di secondo livello», che Renzi avrebbe voluto adottare anche per il Senato e che il 60% dei No ha disintegrato. Il bello è che questa legge Delrio in base alla quale s’è votato ieri è totalmente fuori dalla Costituzione. È scritto infatti nella stessa legge (articolo 1, comma 5): «In attesa della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione e delle relative norme di attuazione...». Imprudentemente si dava per scontata la vittoria del Sì. Avendo vinto il No, si deve tornare allo stato quo ante: consigli provinciali e presidente eletti dal popolo, un gruppo di materie su cui legiferare, i partiti, le correnti, le prebende...
• Mamma mia. Ma a che servono?
Restando fermi alla legge Delrio, che però è incostituzionale, le Province devono occuparsi di strade, scuole, trasporti, dissesto idrogeologiche e di altre faccenduole che potrebbero delegargli le Regioni. Vale a dire, più o meno: centoventimila chilometri di strade, cinquemila scuole con un bacino di due milioni e mezzo di alunni. Solo che, essendo certa la vittoria del Sì, i dipendenti sono stati dimezzati (23 mila lavoratori in mobilità), i finanziamenti statali ridotti a 3,4 miliardi (nel 2011 erano stati di 11 miliardi), mentre lo Stato ha sempre incassato, dalle imposte provinciali (RcAuto, passaggi di proprietà, tributo sui servizi ambientali), tra i 4 e i 5 miliardi. Il problema è che l’ente, essendo sopravvissuto, ha bisogno di soldi, per pagare gli stipendi e fare quello che gli spetta. Molti presidenti provinciali hanno annunciato che non apriranno le scuole, che non possono garantire energia e riscaldamenti, né procedere alle manutenzioni. In caso di crolli ne risponderebbero davanti al giudice.
• Suppongo che si tratti di enti in dissesto.
Sono in dissesto dichiarato Caserta, Vibo Valentia e Biella. Caserta: «I dipendenti costano 18 milioni, altri 15 servono per pagare i mutui: i commissari liquidatori usano le entrate per gestire il dissesto. Dalla vendita degli immobili non ricaviamo più di 3 milioni. Non riusciamo a garantire neanche i servizi essenziali per le scuole: non mi prendo la responsabilità di aprirle nel 2017» (così il presidente Silvio Lavornia, secondo il quale non basteranno 30 anni per risanare il bilancio). Vibo Valentia: è in dissesto dal 2011, ha 50 milioni di debiti, incassa mezzo milione al mese con cui non paga neanche il personale. «Abbiamo 900 chilometri di strade distrutte e non possiamo accendere i riscaldamenti a scuola» (così il presidente Andrea Niglia). Biella: forse si salva perché, essendo in dissesto, non ha subìto tagli. Ma in Piemonte sono in pre-dissesto Novara e Verbania-Cusio-Ossola. Vercelli è al limite. Cuneo si salverà solo se arriveranno da Roma i soldi per le alluvioni.
• Previsioni?
Gentiloni ha programmato una riunione nei prossimi giorni per studiare qualche soluzione ed evitare un fallimento generale. I rappresentanti delle Province sperano che il governo rinunci a 750 milioni di tagli e stanzi in loro favore la maggior parte dei 960 milioni che lo Stato ha in cassa per gli enti locali. Si parla di un decreto legge.
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