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 2016  ottobre 24 Lunedì calendario

In Italia

Il Presidente della Repubblica è Sergio Mattarella
Il Presidente del Senato è Pietro Grasso
Il Presidente della Camera è Laura Boldrini
Il Presidente del Consiglio è Matteo Renzi
Il Ministro dell’ Interno è Angelino Alfano
Il Ministro degli Affari Esteri è Paolo Gentiloni
Il Ministro della Giustizia è Andrea Orlando
Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze è Pier Carlo Padoan
Il Ministro di Istruzione, università e ricerca è Stefania Giannini
Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali è Giuliano Poletti
Il Ministro della Difesa è Roberta Pinotti
Il Ministro dello Sviluppo economico è Carlo Calenda
Il Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali è Maurizio Martina
Il Ministro di Infrastrutture e trasporti è Graziano Delrio
Il Ministro della Salute è Beatrice Lorenzin
Il Ministro di Beni e attività culturali e turismo è Dario Franceschini
Il Ministro dell’ Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare è Gian Luca Galletti
Il Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione è Marianna Madia (senza portafoglio)
Il Ministro per le Riforme Costituzionali e i rapporti con il Parlamento è Maria Elena Boschi (senza portafoglio)
Il Governatore della Banca d’Italia è Ignazio Visco
Il Presidente di Fca è John Elkann
L’ Amministratore delegato di Fca è Sergio Marchionne

Nel mondo

Il Papa è Francesco I
Il Presidente degli Stati Uniti d’America è Barack Obama
Il Presidente del Federal Reserve System è Janet Yellen
Il Presidente della BCE è Mario Draghi
Il Presidente della Federazione russa è Vladimir Putin
Il Presidente del Governo della Federazione russa è Dmitrij Medvedev
Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese è Xi Jinping
La Regina del Regno Unito è Elisabetta II
Il Premier del Regno Unito è Theresa May
La Cancelliera Federale di Germania è Angela Merkel
Il Presidente della Repubblica francese è François Hollande
Il Primo Ministro della Repubblica francese è Manuel Valls
Il Re di Spagna è Felipe VI di Borbone
Il Presidente del Governo di Spagna è Mariano Rajoy Brey
Il Presidente dell’ Egitto è Abd al-Fattah al-Sisi
Il Primo Ministro di Israele è Benjamin Netanyahu
Il Presidente della Repubblica Turca è Recep Tayyip Erdogan
Il Presidente della Repubblica Indiana è Pranab Mukherjee
Il Primo Ministro della Repubblica Indiana è Damodardas Narendra Modi
La Guida Suprema dell’ Iran è Ali Khamenei
Il Presidente dell’ Iran è Hassan Rohani

La parola «Mosul» o «Mossul» viene stampata a caratteri cubitali dai giornali o ripetuta nei tg che intanto mostrano le colonne in marcia degli assedianti, carri neri che procedono lenti sul giallo del deserto. Nessuno di noi occidentali, che compriamo i giornali o guardiamo la tv, ci fa più troppo caso. Mosul, pensiamo, dev’essere un posto situato da qualche parte in Iraq, o forse in Siria, dove mezzo mondo sta facendo la guerra a quelli dell’Isis, che stanno asserragliati dentro la città non si capisce a che scopo, dato che senza fallo i «nostri» la prenderanno. Quando Mosul sarà caduta, questi dell’Isis si rifugeranno in Libia, in quella parte desertica dove si muoveranno senza problemi, organizzando attentati a Parigi, Londra, New York o Roma, sequestrando gente, trafficando in petrolio e in opere d’arte e fingendo di essere i santi difensori della vera fede, una maschera perfetta per una multinazionale del crimine. Si muovono a loro agio anche nel massacro attuale, al punto che il loro capo Al Baghdadi ha potuto visitare la città assediata, qualche giorno fa, incoraggiare i suoi e rientrare poi senza danno nel suo nascondiglio. Ma quello che è importante, in questo momento, è la modalità in cui s’è messo il nostro cervello: un interesse vago, un po’ di noia, come succede sempre quando le notizie si ripetono apparentemente uguali tutti i giorni.

Invece?
Invece dovremmo intanto ricordare che un pezzo di Mosul era l’antichissima Ninive, una delle più importanti città assire, abitata dalla preistoria per via del fiume Tigri, che la disseta e ne rende facili i commerci. È da qui che viene quella stoffa leggera che chiamiamo «mussola», e si chiama «mussola» proprio per via di Mosul. Distrutta varie volte, Mosul, a partire dal XVI secolo, fu dominata per quattrocento anni dai turchi, ma adesso è irachena. Si trova in un punto fatidico: sopra, a pochi passi, c’è la Turchia, a destra l’Iran, a sinistra la Siria. Tutte troppo vicine. Se si arriverà alla spartizione, dopo la fuga di quelli dell’Isis, Mosul dovrebbe far parte del Kurdistan iracheno, il che significa che vi sarà ancora guerra, perché i turchi non vogliono il Kurdistan né iracheno né iraniano. E gli iraniani idem.  

Perché parliamo di Mosul proprio oggi? La città sta per essere presa?
No, la caduta di Mosul è ancora lontana. La difendono tra i quattro e gli ottomila combattenti islamici. Gli abitanti sono un milione e mezzo, e non possono fuggire: chiunque tenti la sortita viene sgozzato sul posto o finito con un colpo alla nuca. Solo uomini giovani e capaci di nuotare a lungo possono farcela, traversando il Tigri a forza di braccia, e di notte. Gli uomini del Califfo adottano la seguente tattica, mutuata dai palestinesi: obbligano intere famiglie, compresi i bambini, a trasferirsi nei punti dove è più probabile che cadano le bombe del loro nemico. Stiamo parlando di centinaia di persone usate come scudi umani. Con questo sistema hanno svuotato parecchi villaggi che circondano la città. E man mano che le forze della coalizione, o i peshmerga, avanzano, i bombardamenti aerei dovranno diminuire fino a cessare del tutto. Si annuncia una battaglia tutta urbana, nei vicoli stretti della città antica. I terroristi si sono preparati scavando chilometri di tunnel e costruendo trincee. Riempiranno tutti questi potenziali bacini di petrolio e gli daranno fuoco. Hanno sparpagliato ordigni esplosivi dappertutto. Stanno bruciando già adesso depositi di carburante, copertoni di camion, campi di sterpaglie, stabilimenti chimici in modo che un fumo nero copra il cielo della città, renda più difficili i bombardamenti e ancora più infelice l’esistenza di chi deve vivere a Mosul.  

Un milione e mezzo di abitanti e ottomila occupanti, al massimo. Come si spiega che il milione e mezzo non riesca a sopraffare gli ottomila?
Ma il Califfo ha molti seguaci in città. C’è una fetta consistente della popolazione che sta con l’Isis e crede al suo messaggio. L’Isis sta lì da due anni e in questi due anni ha governato. Col terrore, ma ha governato. Lo ha detto ancora l’altro giorno al nostro bravo collega Giordano Stabile il generale Sirwan Barzani, che comanda i peshmerga attestati a sud-est di Mosul, su un fronte di 120 chilometri che va da Qayyara fino ai sobborghi della città. «A Mosul l’Isis ha ancora forti consensi. E purtroppo questo è vero anche in alcuni quartieri di Kirkuk. È una difficoltà in più nella nostra battaglia».  

Quali sono le ultime notizie?
I peshmerga, aiutati dai raid della coalizione guidata dagli americani, hanno lanciato un’offensiva contro Bashiqa, a una ventina di chilometri a nord-est di Mosul. Hanno anche ripreso la chiesa di Bartella, a una decina di chilometri a sud-est. Qui hanno issato la bandiera irachena e suonato le campane. L’Isis ha contrattaccato a Kirkuk, con l’idea di creare un diversivo all’avanzata del nemico.  

A che distanza è la città?
Cinque chilometri. Manca poco, eppure la battaglia non finirà presto. (leggi)

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