Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
C’è troppa cronaca nera con i camionisti di mezzo. Può darsi che sia un caso, ma un problema deve esistere.
• Quale cronaca nera?
Dieci giorni fa, durante una trattativa sindacale, un camion bianco guidato da un italiano ha schiacciato un egiziano padre di cinque figli che gli si era messo davanti e cercava di non farlo uscire dall’azienda. Il nome dell’italiano non si sa. L’egiziano era un poveraccio di 53 anni, operaio alla SeamGls di Piacenza. Si chiamava Abdelssalam Endalf. Poi, venerdì scorso, un altro camionista s’è messo a correre sulla Milano-Torino completamente ubriaco, e mentre guidava continuava a bere. Dopo Bardonecchia ha perso il controllo, sulla tangenziale di Torino e poi alla barriera di Rondissone ha disintegrato l’auto su cui viaggiava una famiglia di marocchini che stava andando all’aeroporto a recuperare una valigia. I genitori (Nora Sharif, 30 anni, Mostafa El Chouifi, 39) sono morti sul colpo, i tre bambini sono gravi in ospedale. Il tir ha trascinato l’auto per trecento metri. Il suo conducente è uno slovacco di 63 anni, di nome Emil Volfe. Dopo la strage ha continuato a guidare per 50 chilometri, zigzagando a tratti, poi s’è fermato all’area di servizio di Villarboit, dove la polizia lo ha arrestato. Altri camionisti hanno provveduto a farlo prendere. Gli agenti hanno trovato in cabina bottiglie vuote di gin, lattine di birra e cartocci di vino. Volfe è stato portato prima all’ospedale di Novara, dato che era a un passo dal coma etilico, poi in carcere a Vercelli. Con la nuova legge sull’omicidio stradale, è probabile che gli diano 18 anni.
• È una grande tragedia, ma non vedo troppo il problema. Un incosciente s’è ubriacato e ha fatto una strage. È tremendo, ma succede. L’elemento problematico forse riguarda l’alcol.
Non solo. C’è anche quest’altro aspetto: Volfe era partito il 21 settembre da Southampton (Gran Bretagna), era arrivato a Pordenone, aveva scaricato nei magazzini della BT Transport, ditta slovacca per la quale lavorava da dieci anni. In poco più di due giorni aveva percorso oltre 1.300 chilometri, e per completare il giro gliene mancavano ancora 400. Il pieno di alcol tra Bardonecchia e Torino ha evidentemente a che fare, oltre che con l’incoscienza del guidatore, con lo stress. Le scatole nere che si trovano a bordo dei camion si manomettono con niente, i turni di riposo sono facilmente aggirabili, esiste tutta una convenienza ad affidare i trasporti su gomma in Italia a guidatori romeni, serbi, bulgari o slovacchi.
• Perché?
Anche se ai camionisti stranieri si dessero gli stessi compensi che ai camionisti italiani, sarebbe molto diverso il carico previdenziale e contributivo, il cosiddetto cuneo fiscale. Le agenzie interinali straniere allettano i datori di lavoro italiani spingendoli ad assumere camionisti stranieri con annunci come questo (riprendiamo il testo da un articolo di Dario Di Vico): «Licenziate i vostri dipendenti e assumete quelli che vi proponiamo noi a metà del salario e un quarto dei contributi. Se proprio non volete buttare sulla strada i vostri connazionali, licenziateli lo stesso e li assumiamo noi ma con le nostre leggi del lavoro. Risparmiate comunque». I mercati francese, italiano e tedesco sono quanto mai attraenti per questi mediatori senza scrupoli, che mettono su strada ex agricoltori, ex operai, ex poliziotti e li fanno guidare senza limiti. I francesi hanno tentato di ostacolare la concorrenza sleale degli stranieri imponendo i propri standard salariali alle società estere che operano entro i loro confini. Ci sono state molte proteste.
• E la tragedia di Piacenza?
È un momento della lotta tra facchini e autisti. I facchini (400 mila lavoratori in Italia) sfuggono spesso a Cgil-Cisl-Uil e si organizzano in Cobas. I Cobas adoperano di preferenza l’arma del blocco aziendale, cioè non fanno uscire i camion. In questo modo si mettono contro non solo ai padroni, ma anche ai camionisti, che se restano fermi non guadagnano. I camionisti sono pagati a forfait, se consegnano presto hanno un certo margine, altrimenti no.
• Eppure il mercato dovrebbe essere fiorente, specie nella zona di Piacenza: lì hanno sede Amazon, Ikea e altre aziende che movimentano grandemente il traffico su gomma.
Il mestiere del camionista - come quello dei panettieri, dei pellicciai o dei falegnami - è in forte ribasso. Secondo dati elaborati dalla Cgia di Mestre, dal 2009 a oggi il numero di italiani disposti a mettersi al volante di un grosso bestione è diminuito del 23,7%. Motivo: la crisi, ma anche la pressione fiscale.
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