Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ieri “Fertility Day”, cioè, in italiano, “Giorno della Fertilità”, con dibattiti in quattro città (Roma, Padova, Bologna, Catania) e polemiche a non finire, soprattutto per gli errori gravi commessi dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, e dalla sua capo-comunicazione, Daniela Roderigo, licenziata alla fine su due piedi, e di cui abbiamo conosciuto anche la busta paga al limite dei 240 mila euro l’anno consentiti dalla legge (stipendio più premi e indennità varie). Adesso, si tratta di stabilire se si deve discutere della Luna o del dito che indica la Luna, dato che le questioni della fertilità e della natalità dovrebbero essere al primo posto nelle preoccupazioni della politica e dei cittadini.
• Qualcosa sul dito, però, va detta.
Lorenzin non ha capito che una campagna sulla fertilità era comunque a rischio, perché una parte dei cittadini e soprattutto delle cittadine avrebbe visto nei materiali messi in circolazione, comunque concepiti, un attacco alla libertà della donna di fare o non fare figli a suo piacimento, che è una delle conquiste culturali più importanti dell’ultimo mezzo secolo e sta alla base della cosiddetta «liberazione femminile». Lorenzin e il suo ufficio comunicazione ha comunque sbagliato il primo giro, in cui il proposito era di ricordare a tutti e a tutte che passata una certa età la nostra capacità di generare (ossia la fertilità) precipita verticalmente, diminuendo, intorno ai 42-43 anni, anche di dieci volte: le cartoline messe in giro allo scopo (clessidre, rubinetti dell’acqua, scarpine di lana, cicogne) sono state accusate di generare ansia, di essere offensive, reazionarie, superficiali eccetera. Il secondo giro è andato ancora peggio: un’immagine esortava alle buone abitudini, rappresentata da due coppie di uomini e donne bianchi belli e sorridenti, e un’altra immagine spingeva ad abbandonare le cattive abitudini, e tra i personaggi delle cattive abitudini c’erano pure due neri. Quindi la facile e inevitabile accusa di razzismo. La Lorenzin è un’ex berlusconiana, poi alfaniana, adesso quasi renziana, questo ha fomentato manifestazioni di giovani con i cuscini sulla pancia a simulare gravidanze e l’indizione di un Fertility Fake, da contrapporre al Fertility Day. La Littizzetto ha esortato a «Un giorno dell’intelligenza». Questo, benché pieno di significati, è il dito.
• E la Luna?
La Luna consiste nel fatto che il problema è autentico, e che la Lorenzin ha fatto bene a sollevarlo, e sia pure sbagliando i termini. L’anno scorso venne varato dal ministero della Salute, nell’indifferenza generale, un Piano nazionale per la fertilità, avente lo scopo di «informare i cittadini sul ruolo della fertilità nella loro vita», «operare un capovolgimento della mentalità corrente volto a rileggere la fertilità come bisogno essenziale non solo della coppia ma dell’intera società». Si trattava di far capire che sono nemici della fertilità l’età troppo avanzata, il fumo, le droghe, e in genere una vita sregolata. Iniziativa moralistica? No, perché troppe coppie si decidono a far figli tardi (le italiane generano il loro primo, e in genere unico, figlio quasi a 31 anni) e troppe coppie non sanno che il genere di vita che conducono ha ricadute importanti sulla loro capacità di generare. Ieri Lorenzin, parlando a Roma, ha detto: «L’importante sono i fatti, non le polemiche. E i fatti sono che in Italia ci sono 700mila persone che vogliono avere figli senza riuscirvi, che ci sono milioni di giovani e giovanissimi che non conoscono la questione della fertilità e i rischi ad essa connessi. Il ministero della Salute fa prevenzione. Il nostro obiettivo è l’informazione e la consapevolezza, poi ognuno fa le sue scelte ed è artefice del proprio destino». La fertilità oggi è una questiona anche maschile: solo il 30% degli uomini, in Europa, ha sperma di buona qualità.
• Tutta questa discussione non conduce al problema che, alla fine, in Italia si fanno troppo pochi figli e che gli italiani sono sempre più vecchi?
Certo. I dati più recenti li ha comunicati ieri il Censis: nel 2015 in Italia sono venuti al mondo 485.780 bambini, il numero più basso dall’Unità a oggi. Ogni italiana genera 1,25 figli, se si considerano le straniere che fanno figli in Italia si sale a 1,32, per mantenere stabile la popolazione bisognerebbe che ogni donna generasse invece 2,1 figli. La vulgata sostiene che questo accade perché non esiste una politica per la famiglia, c’è la crisi, i giovani non hanno lavoro, «vorremmo far figli, ma come si fa?», eccetera. Si tratta di una bugia colossale.
• Come sarebbe?
Tutti gli studi mostrano che le società più povere sono quelle più prolifiche e che l’aumentato benessere inibisce, ovunque, le gravidanze. Nei paesi anglosassoni è stato coniato l’acronimo Dink, che significa «Dual Income, No Kids», ovvero: «Doppio Stipendio, Niente Bambini». Del resto la pubblicità esalta la vita libera dei giovani single, che bevono, fumano, godono dell’amore ed evitano accuratamente il fastidio dei bambini per casa. Fingere che le cose stiano diversamente è un modo sicuro per non risolvere il problema. Nel 2050 saremo almeno una decina di milioni in meno. Cioè più poveri. A meno che...
• A meno che?
I migranti sono portatori di giovinezza. Un’altra di quelle verità che non si può proclamare.
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