Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
«Più di questo non potevamo fare: o si fa una grande opera di messa in sicurezza di tutto il territorio nazionale o queste tragedie sono destinate a ripetersi».
• Chi l’ha detto?
Bertolaso, nel 2009, durante i giorni dell’Aquila. Il sisma dell’Aquila aveva più o meno l’intensità di questo di Accumoli, e fece 309 morti, 1.500 feriti e dieci miliardi di danni. Si disse già allora che terremoti di grado 6 della scala Richter, in un paese normale e avvertito della sua natura geologica, dovrebbero procurare danni trascurabili e non uccidere nessuno. È così in Giappone, è così in California. Naturalmente noi abbiamo una storia millenaria, e paesi come Amatrice e come gli altri della provincia di Rieti o del mezzo Lazio, esistono da un pezzo, e c’è il pittoresco da difendere, il turismo, e quant’altro. È anche però indiscutibile che il problema non si pone mai, se non al momento della tragedia, e che la colpa non è solo dei politici, ma anche dei cittadini indifferenti alla questione della sicurezza loro e altrui. Una volta che venne promulgata una legge antisismica, non si fece altro - governi Prodi, governi Berlusconi - che rinviarne l’applicazione. A Ischia, per certe case costruite in posti allucinanti e che si volevano abbattere, gli ischitani scesero in piazza. Idem a Messina, dove l’alluvione fu resa possibile dal fatto che i bravi padri di famiglia s’erano costruiti la casetta praticamente nel letto del fiume, e non sentivano ragioni. Idem a Genova, dove al momento dell’alluvione si scoprì che la distanza tra acqua e costruzioni era stata drasticamente ridotta, con la complicità di tutti.
• Adesso deve partire la ricostruzione, il governo deve stanziare soldi...
Spetterebbe alle Regioni di intervenire. E le Regioni chiederanno soldi allo Stato. Vedrà che, per l’ennesima volta, si metterà un’accise sulla benzina. Speriamo che non si rubi troppo.
• Riciccerà la faccenda dei terremoti prevedibili.
Non voglio perdere tempo su questo. Qualunque cosa pensi la magistratura, i terremoti non sono prevedibili.
• Ma perché siamo una zona sismica? Che cos’è questa maledizione?
Cominciamo da una dichiarazione del presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi, Gian Vito Graziano. «In Italia i terremoti sono circa duemila l’anno. Ben tre milioni di persone abitano in zone ad alto rischio sismico, 21 milioni sono quelle che abitano in zone a rischio medio. Le zone ad elevato rischio sismico sono circa il 50% del territorio nazionale. I comuni potenzialmente interessati da un alto rischio sismico sono 725, quelli a rischio medio sono 2.344. Gli edifici che si trovano in zone a rischio sismico sono poco più di sei milioni mentre le abitazioni sono più di dodici milioni». Quanto alle ragioni, in breve sono queste: la crosta terrestre è poggiata su 13 placche che galleggiano su un mantello magmatico. Le placche si muovono di continuo, scontrandosi o infilandosi una sotto l’altra alla ricerca di un equilibrio che, finché il nostro pianeta sarà vivo, non verrà mai raggiunto. I terremoti sono il prodotto di questi movimenti. Si tratta di un su-e-giù continuo: se si prescinde dall’intensità ce ne saranno un miliardo l’anno. I territori in pericolo sono quelli che si trovano al confine tra una placca e l’altra. Noi siamo sopra la faglia che divide la placca africana da quella asiatica. Enzo Boschi, il famoso geologo, ha spiegato una volta che la fascia appenninica dall’Abruzzo in giù è esposta a terremoti fino a magnitudo 7 e dall’Abruzzo in su fino a magnitudo 6.
• Come si fa, in queste condizioni, a mettere in sicurezza un paese?
Non c’è nessuna possibilità se uno non vuole. Il sistema democratico nel quale viviamo, con le elezioni che si vincono col consenso, non aiuta. Solo per mettere in sicurezza le scuole, ci vogliono 40 miliardi. Renzi ne ha tirato fuori uno, e chissà dove è finito. Rendere antisismica una scuola o una palazzina non porta voti, perché nessuno se ne accorge. Se non porta voti, non è interessante, non è interessante, almeno, come un festival jazz o un concorso di bellezza. Le dichiarazioni disperate di tutti quanti, a qualunque parte politica appartengano, sono identiche a quelle del 2012 (Emilia Romagna), del 2009 (L’Aquila), del 2002 (San Giuliano). Come dovremmo avere imparato, non valgono niente.
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