Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
«Sarò la presidente dei democratici, dei repubblicani, degli indipendenti, di chi è in difficoltà e di chi ce l’ha fatta, di quelli che voteranno per me e di quelli che non voteranno per me. Sarò la presidente di tutti gli americani» ha detto Hillary Clinton alla fine della Convention democratica di Filadelfia.
• Bella frase, che penso però dicano più o meno tutti i presidenti. Che altro?
«Immaginate Donald Trump nello studio Ovale alle prese con una vera crisi. Un uomo che puoi far innervosire con un tweet non è un uomo che dovrebbe maneggiare armi nucleari». Altra frase significativa: «Questa sera abbiamo raggiunto una tappa fondamentale nel cammino del nostro paese verso un’unione ancora più perfetta. È la prima volta che un grande partito candida una donna per la presidenza». Poi ancora: «Sono così felice che questo momento sia arrivato. Sono felice per le nonne, per le giovani ragazze e per tutte quelle che si trovano nel mezzo. Sono felice per gli uomini e per i ragazzi, perché quando in America cade una barriera, la strada si spiana per e-ve-ry-one
». Poi in chiusura,: «Questo è il paese per cui stiamo lottando. Questo è il futuro per cui stiamo lavorando. E quindi, amici miei, è con umiltà, determinazione e con una sconfinata fiducia nelle promesse dell’America che accetto la nomination per la presidenza degli Stati Uniti». Tripudio generale. Era tutta vestita di bianco (un tailleur, naturalmente) ed è entrata in scena accolta dalla figlia Chelsea, che ha fissato a lungo, si direbbe quasi con le lacrime agli occhi.
• Vincerà?
Non è semplice. L’esperto Nate Silver dà Trump in vantaggio per 53 a 47. il 58% dei cittadini la detesta (stessa percentuale per il suo avversario). Quello che dice è magari bello a leggersi, ma quando parla trasmette, con la sua voce troppo di testa o troppo nasale, una sensazione di durezza, di implacabilità, che mette a disagio l’ascoltatore. Forse è giusto essere duri e implacabili se si deve governare il mondo dalla Casa Bianca. Ma al momento del voto chi non cede anche a un sentimento di simpatia, chi non desidera percepire un qualche flusso di calore? La frase sulle nonne, ben studiata - lei stessa è nuovamente diventata nonna da poco - suona in tutt’altro modo se la si ascolta detta da lei. Del resto, lo staff che le sta intorno per la comunicazione sa che questo è uno dei problemi, la freddezza della candidata.
• La frase su Trump che perde la testa per un tweet non è peregrina.
No, e Hillary ha ragione sui nervi d’acciaio necessari per star seduti a quel posto. Tutti ricordano la Clinton segretario di stato che rispondeva alla commissione del Congresso sulla morte a Bengasi dell’ambasciatore americano (2012). Undici ore di interrogatorio e mai un’esitazione e alla fine vittoria completa. Ci sono altri casi, ma la candidata, in questo, è particolarmente forte, e si sa. Trump, se dovesse toccare a lui trovarsi in una situazione simile, batterebbe i pugni sul tavolo? Magari in maniche di camicia? Sarebbe una specie di Kruscev redivivo? Bloomberg lo ha fatto a pezzi, l’altro giorno, ricordando che la sua non è una carriera di uomo d’affari, ma di bancarottiere. E però questo, almeno per ora, non smuove l’elettorato. Come abbiamo già detto molte volte, l’impoverimento della classe media, la sovraesposizione dell’establishment (modo nobile per dire «casta»), l’identificazione del male assoluto in Wall Street pesano. Trump è riuscito a identificarsi con gli scontenti, Hillary è vissuta da troppi come la rappresentante di quel potere a cui adesso si dànno tutte le colpe. Michael Moore, che giudica Hillary il miglior presidente possibile, ha elencato le cinque ragioni per cui vincerà Trump.
• È vero che chiede 300 mila dollari a discorso?
Molti fanno vedere che il marito Bill uscì dalla Casa Bianca, dopo otto anni di presidenza, senza un dollaro in più, ma che i veri guadagni sono cominciati dopo, col sistema delle conferenze strapagate. Si insinua, cioè, che i favori resi durante la presidenza siano stati ripagati quando nessuno avrebbe potuto contestare niente. È possibile, lo si dice, non ho le prove. Obama l’anno scorso a un certo punto se ne uscì con questa frase: «Ho un’amica che fino a qualche settimana fa guadagnava milioni e ora vive in un pulmino in Iowa».
• Un episodio carino della sua vita.
A Yale, anno 1971, fece lei la prima mossa con Bill. I due si incontravano ogni mattina in biblioteca, senza conoscersi e senza mai essersi rivolti la parola. A un certo punto, lei gli si avvicinò. «Se dobbiamo continuare a guardarci» disse «sarà meglio presentarci. Mi chiamo Hillary Rodham».
(leggi)