Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Bossetti è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio. Non ci sono ancora le motivazioni della sentenza, per le quali, come al solito, bisognerà aspettare un paio di mesi. Ma è evidente che su tutte le perplessità, non destituite di fondamento, messe sul tavolo dai difensori e dal partito degli innocentisti, ha fatto premio la fede nella cosiddetta prova regina del frammento di dna nucleare trovato addosso agli indumenti della bambina massacrata. La Corte ha solo leggermente attenuato le richieste del pubblico ministero Letizia Ruggeri, escludendo che i prossimi sei mesi di carcere di Bossetti siano scontati in isolamento diurno e limitando la richiesta risarcitoria di tre milioni e 600 mila euro. Bossetti è stato condannato a 400 mila euro di risarcimento per «ogni genitore» (così parla la Giustizia), a 150 mila «per ogni fratello» e a 18 mila euro di spese processuali. La Procura ha ammesso: «Siamo a metà strada. Questa è solo la sentenza di primo grado». È infatti ovvio che il collegio difensivo presenterà ricorso, centrando la sua richiesta di rivedere il processo sulla questione che la prova del dna non è più ripetibile per mancanza del materiale genetico, e che i test genetici che hanno portato all’identificazione di Ignoto 1, il fantasma incarnato poi da Bossetti, non sono stati filmati. La condanna, quindi, sarebbe stata pronunciata in assenza di una garanzia fondamentale per l’imputato.
• Un riassunto velocissimo del caso?
Yara Gambirasio, 13 anni, una bambina priva di ogni mistero e di ogni malizia, scompare venerdì 26 novembre 2010, dopo essere uscita dalla palestra di Brembate Sopra (Bergamo) verso le sei e mezzo di sera. Il cadavere viene trovato tre mesi dopo in un campo di Chignolo d’Isola, a dieci chilometri di distanza. Sul corpo, malmenato dal suo assassino (che non l’ha violentata) e dilaniato dalle bestie e dalle intemperie, ci sono tracce genetiche. In particolare: residui di dna nucleare, residui di dna mitocondriale. Dopo una caccia sensazionale, si crede di sapere che il possessore di quel dna è figlio illegittimo di un autista di pullman defunto, di nome Giuseppe Guerinoni, e di una donna che viene trovata dopo altri mesi di ricerche entrate nella leggenda e che risulterà chiamarsi Ester Arzuffi. I due gemelli di questa Ester Arzuffi non sono figli del marito di Ester, ma, a sorpresa, di Guerinoni (Ester ha negato sempre). Il dna del figlio maschio corrisponde a quello trovato sul corpo di Yara. L’uomo si chiama Giuseppe Bossetti, ha 44 anni, muratore, belloccio, sempre in tiro, abbronzato. Sposato con tre figli. Lo arrestano il 16 giugno 2014. Lo condannano all’ergastolo ieri.
• In che consistono i dubbi?
C’è un dubbio, per dir così, a pelle. L’accusatrice Letizia Ruggeri ha duramente lavorato per dimostrare che Bossetti è un cattivo soggetto, un bugiardo, guarda i siti porno, tradisce la moglie. A sua volta la moglie, secondo la pm, avrebbe avuto due amanti. La costruzione di questo contesto è suonata forzata, molto forzata. Che relazione ci può essere tra i presunti amanti della moglie e l’eventualità che Bossetti sia l’assassino della bambina? L’impressione è che la terribile accusatrice abbia voluto vincere intanto sui media, credendo forse che la rivelazione di una vita sessuale disordinata avrebbe giocato a suo favore. L’accusa ha anche costruito un filmato in cui sembra che il furgone di Bossetti non abbia fatto altro che andare su e giù per ore e ore davanti alla palestra di Brembate. Questo filmato non è stato poi nemmeno messo agli atti: i carabinieri sono stati costretti ad ammettere di averlo costruito per persuadere la stampa. La Ruggeri ha anche tentato varie volte di screditare i periti della difesa, arrivando al punto, in un caso, di definirli criminali. Diciamo: un comportamento non persuasivo.
• Però c’è la prova del dna.
Bisogna credere sulla parola. La difesa non ha partecipato all’analisi, filmati non se ne sono fatti, repliche dell’analisi non sono possibili. È di sicuro un punto debole. Carlo Federico Grosso, il grande giurista che non sta né con l’accusa né con la difesa, ha detto: «In un caso conteso, di solito, non si può prescindere da un incidente probatorio. L’irripetibilità è la debolezza innegabile di questo accertamento così importante. Se non c’è questo incidente probatorio, ci troviamo di fronte a una innegabile carenza del processo». Il difensore Paolo Comparini, nell’arringa conclusiva, ha potuto dire: «Nessuno ha visto la minore fuori dal centro sportivo, nessuno ha visto l’imputato, nessuno ha visto il mezzo dell’imputato. Dove si è cercato qualcosa contro di lui non si è trovato niente». L’Appello sarà ancora più interessante del primo grado.
• Che ha detto Bossetti?
Ha ascoltato la sentenza in silenzio, come in silenzio ha ascoltato il verdetto la moglie Marita Comi, arrivata in aula la mattina presto. La camera di consiglio è durata dieci ore. Prima, Bossetti aveva rivolto un appello ai giudici, supplicando di rifargli il test del dna. «Sarò uno stupido, sarò un cretino, sarò un ignorantone ma non sono un assassino. Ripetete l’esame del Dna, se mi condannerete sarà il più grave errore del secolo».
• I genitori di Yara?
Ha parlato la madre, Maura: «Ora sappiamo chi è stato. Anche se siamo consapevoli che Yara non ce la riporterà indietro nessuno».
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