Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Gli scontri tra qualche centinaio di cinesi che vivono a Sesto Fiorentino e le forze dell’ordine italiane non sono proprio identici a quelli degli anni scorsi. Intanto arrivano al culmine di parecchi controlli messi in atto dalla Regione Toscana. Irregolarità ne sono state trovate, ma non le mostruosità del 2013, quando andò a fuoco la Teresa Moda del Macrolotto di Prato (sette morti) e si scoprì che gli invisibili padroni di questa Teresa Moda facevano dormire gli operai nella stessa fabbrica, in certi scatoloni di cartongesso infiammabilissimi, e i cinesi fumano come matti. Anche la ribellione cinese dell’altro ieri sembra motivata soprattutto dal fatto che un bambino piccolo è caduto e si è fatto un po’ male. Lasciamo stare che si sono sentite grida «Troppi controlli» e che a un certo punto è spuntata pure una bandiera rossa della Repubblica Popolare, salutata dagli applausi. Questo è folklore. Più importante è che il console cinese abbia aiutato a metter pace e che non ci siano state pressioni da Pechino in difesa della comunità, come accaduto in passato. Verrebbe da dire che i cinesi scesi in piazza erano ormai abbastanza italiani. E la Cina del resto, negli ultimi due anni, ha comprato a man bassa da noi, pure prescindendo dall’Inter ed eventualmente dal Milan. Siamo il secondo paese in Europa per investimenti di Pechino, dopo la Gran Bretagna, con un valore di acquisizioni che sfiora i 17 miliardi. Anche noi, alla fine, siamo più cinesi di quanto pensiamo.
• Parliamo di questi incidenti.
All’interno di un piano predisposto dalla Regione Toscana, e su cui poi mi farà una domanda, la Asl di Sesto Fiorentino ha disposto controlli in un capannone a cui fanno capo una cinquantina d’aziende. Siamo dalle parti di piazza Marconi, e benché Sesto Fiorentino faccia comune a sé (s’è votato ora, ha vinto Sinistra Italiana), Firenze è a un passo. Non si capisce proprio bene che cosa sia successo, ma pare che i cinesi abbiamo resistito all’ispezione, così almeno dicono i poliziotti e i carabinieri.
• Si sono barricati nel capannone.
Sì, si sono barricati nel capannone, chiudendo il cancello, a quel punto è arrivata altra gente - altri cinesi solidali con quelli che occupavano -, ci sono state cariche delle forze dell’ordine («leggere», secondo il loro comunicato), i cinesi hanno cominciato a tirare di tutto, nel video si vedono questi lanci e anche una signora cinese che cade a terra, non si vede però nessuna azione odiosa da parte degli agenti. Sette feriti leggeri (tre orientali e quattro di polizia e carabinieri), due arresti giudicati per direttissima e spediti ai domiciliari.
• Cos’è la storia del bambino?
La Asl ha spiegato che le verifiche avrebbero fatto emergere alcune irregolarità non gravi, tuttavia il titolare cinese dell’azienda le avrebbe contestate, spintonando e difendendosi poi col figlioletto di dieci mesi, brandito a mo’ di scudo umano. I cinesi negano in toto questa versione dei fatti, e sostengono che durante i controlli sono stati maltrattati e il bambino non è stato soccorso per tempo. Negano anche che il bambino sia stato usato come scudo umano, secondo loro stava con il nonno, per via dei tafferugli è caduto per terra e per un pezzo nessuno lo ha soccorso. Ipotesi contrastanti e da verificare.
• In definitiva è un piccolo fatto di cronaca, destinato a essere ignorato se non ci fossero stati di mezzo questi cinesi. Spieghi i controlli decisi dalla Regione Toscana.
È un piano triennale messo in piedi dalla Regione, in collaborazione con le forze dell’ordine, proprio a seguito dell’incendio con sette morti al Macrolotto. Il piano si chiama «Lavoro sicuro», è partito a settembre 2014, abbiamo i dati fino al dicembre scorso. Risulta questo: più di otto aziende multate si sono subito messe in regola, cioè è finita la pratica del padrone cinese che, una volta beccato, chiude, sparisce e riapre dopo un po’ da qualche altra parte, con un altro capannone. Stavolta, nella stragrande maggioranza dei casi, hanno pagato la multa e si sono messi in regola. Altro dato: le aziende in regola sono in media il 30 per cento, a Prato una su cinque, ma il trend è in ascesa. A Prato, le aziende in regola erano una su dieci all’inizio, adesso siamo quasi a tre su dieci. In tutto l’anno la Regione Toscana ha incassato multe per più di tre milioni, cioè tutta l’operazione «Lavoro sicuro» risulta ampiamente finanziata dagli stessi controllati.
• Quanti sono i cinesi in Italia? E come sono distribuiti?
Al 2014 erano 265.820, distribuiti su 3.711 comuni. Nel 2006 erano 144.885. Cioè, sono andati sempre aumentando, tranne una flessione nel 2011. La comunità più forte è in Lombardia, 62.953 persone, equamente divisi tra uomini e donne. In Lombardia cominciano ad avere anche una forza politica, come s’è visto al momento delle primarie del Pd. Seguono Toscana (43.427) e Veneto (32.454). La città più cinese è Milano, che ospita 28.360 cinesi, seguita da Roma con 16.099. Se si guarda il rapporto con la popolazione, però, vince alla grande Prato: 15.957 cinesi su una popolazione di 190 mila abitanti.
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