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 2016  giugno 25 Sabato calendario

In Italia

Il Presidente della Repubblica è Sergio Mattarella
Il Presidente del Senato è Pietro Grasso
Il Presidente della Camera è Laura Boldrini
Il Presidente del Consiglio è Matteo Renzi
Il Ministro dell’ Interno è Angelino Alfano
Il Ministro degli Affari Esteri è Paolo Gentiloni
Il Ministro della Giustizia è Andrea Orlando
Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze è Pier Carlo Padoan
Il Ministro di Istruzione, università e ricerca è Stefania Giannini
Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali è Giuliano Poletti
Il Ministro della Difesa è Roberta Pinotti
Il Ministro dello Sviluppo economico è Carlo Calenda
Il Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali è Maurizio Martina
Il Ministro di Infrastrutture e trasporti è Graziano Delrio
Il Ministro della Salute è Beatrice Lorenzin
Il Ministro di Beni e attività culturali e turismo è Dario Franceschini
Il Ministro dell’ Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare è Gian Luca Galletti
Il Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione è Marianna Madia (senza portafoglio)
Il Ministro per le Riforme Costituzionali e i rapporti con il Parlamento è Maria Elena Boschi (senza portafoglio)
Il Governatore della Banca d’Italia è Ignazio Visco
Il Presidente di Fca è John Elkann
L’ Amministratore delegato di Fca è Sergio Marchionne

Nel mondo

Il Papa è Francesco I
Il Presidente degli Stati Uniti d’America è Barack Obama
Il Presidente del Federal Reserve System è Janet Yellen
Il Presidente della BCE è Mario Draghi
Il Presidente della Federazione russa è Vladimir Putin
Il Presidente del Governo della Federazione russa è Dmitrij Medvedev
Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese è Xi Jinping
La Regina del Regno Unito è Elisabetta II
Il Premier del Regno Unito è David Cameron
La Cancelliera Federale di Germania è Angela Merkel
Il Presidente della Repubblica francese è François Hollande
Il Primo Ministro della Repubblica francese è Manuel Valls
Il Re di Spagna è Felipe VI di Borbone
Il Presidente del Governo di Spagna è Mariano Rajoy Brey
Il Presidente dell’ Egitto è Abd al-Fattah al-Sisi
Il Primo Ministro di Israele è Benjamin Netanyahu
Il Presidente della Repubblica Turca è Recep Tayyip Erdogan
Il Presidente della Repubblica Indiana è Pranab Mukherjee
Il Primo Ministro della Repubblica Indiana è Damodardas Narendra Modi
La Guida Suprema dell’ Iran è Ali Khamenei
Il Presidente dell’ Iran è Hassan Rohani

La Gran Bretagna ha votato per l’uscita dall’Unione Europea, 51,9% i sì, 48,1% i no, appena un milione di voti di differenza (lo 0,2% della popolazione europea). Tremendi gli effetti sulle Borse di tutto il mondo: Milano ha perso il 12,5%, dopo una raffica di sospensioni dovuti al fatto che quasi nessun titolo riusciva a fare prezzo. Bancari e assicurativi i più colpiti, Unicredit e Intesa hanno perso il 20%, Monte dei Paschi a un certo punto stava sotto del 30. Raffiche di vendite anche per la sterlina, che secondo gli analisti viaggia verso la parità con l’euro (molto venduto a sua volta, sta a 1,10 sul dollaro). La Banca Centrale Svizzera ha dovuto vendere franchi per contenere l’ondata di acquisti-rifugio, che si sono indirizzati anche verso lo yen. Impennata ulteriore dell’oro, e flessione del prezzo del petrolio che viaggia intorno ai 46 dollari al barile. Lo spread, cioè il confronto fra i tassi italiani e tedeschi sui titoli a dieci anni, è rimasto intorno a quota 160.

Analisi del voto?
Una prima analisi del voto mostra che Londra e i giovani hanno votato per restare, la provincia e i vecchi per uscire. Scozia e Irlanda chiederanno, forse con un altro referendum, di restare nella Ue. Irlanda e Irlanda del Nord, a questo fine, potrebbero addirittura lavorare per una fusione.  

Cameron?
Ha annunciato le dimissioni, che presenterà al congresso tory di ottobre. Il successore più probabile è Boris Johnson, ex sindaco della capitale, all’epoca europeista, adesso fortemente favorevole all’uscita. Corre anche l’altro leader conservatore del Brexit, Michael Gove. Cameron non avrebbe potuto far altro: il referendum l’ha voluto lui, con lo scopo di liquidare l’opposizione interna antieuropea. Una scelta di bottega che ha adesso conseguenze planetarie difficili da prevedere. Resterà comunque in carica fino a ottobre. L’altro leader separatista, e vero protagonista della guerra a Bruxelles, è Nigel Farage, capo dell’Ukip, uscito dal partito conservatore proprio perché antieuropeista. Certo della vittoria, contro tutti i sondaggi che davano il Remain in vantaggio, prima del voto aveva dichiarato: «Avremo un effetto domino. Dopo di noi gli altri paesi del Nord se ne andranno uno dopo l’altro. Per prima la Danimarca; poi l’Olanda, la Svezia, l’Austria. Questo referendum è l’evento più importante dal 1957: l’Ue sta per crollare». Ieri i siti erano pieni di foto che lo mostravano esultante, con le braccia alzate in segno di vittoria.  

Come possono la Merkel e gli altri opporsi alla disgregazione?
La Merkel ha detto questo: «L’Unione Europea è forte e darà la risposta giusta. Per questo mi impegno e metterò tutta la mia volontà assieme al mio governo. La Germania ha un grande interesse a fare in modo che la Ue rimanga quella che è. Il nostro obiettivo dovrà essere quello di fare in modo che in futuro la Gran Bretagna diventi un partner della Ue, soprattutto nell’interesse dei nostri cittadini e della nostra economia». È una dichiarazione tutto sommato morbida, che contrasta con le prese di posizione della vigilia, per esempio di Juncker o di Schäuble, che s’erano attestati sul «chi è fuori, è fuori» con  l’idea sottintesa di farla pagare agli inglesi. Nelle parole della Merkel va forse letta anche una preoccupazione per l’interscambio anglo-tedesco, molto significativo per la Germania. Merkel, Renzi e Hollande si incontreranno lunedì a Berlino per preparare il Consiglio europeo del giorno dopo. Martedì si riunisce anche il Parlamento: socialdemocratici, popolari, liberali e verdi chiederanno di togliere il portafoglio per la stabilità finanziaria al britannico Jonathan Hill.  

Che succederà adesso? La Gran Bretagna è già fuori?
Figuriamoci, c’è tutta una procedura. Il governo britannico deve prima fare appello all’articolo 50 del Trattato di Lisbona, che regola il meccanismo di recesso volontario e unilaterale dalla Ue. Il governo britannico e il Consiglio della Ue cominceranno allora a trattare le modalità dell’uscita e nello stesso tempo si darà vita a un secondo negoziato per arrivare a un nuovo trattato commerciale. Queste discussioni devono concludersi in due anni, durante i quali la Gran Bretagna continuerà a far parte dell’Unione e a rispettarne le regole (versamenti compresi), fino al limite assurdo della presidenza, che l’anno prossimo toccherebbe a Londra. Se entro due anni non si raggiungerà nessun accordo, Londra e Bruxelles dovranno trovare almeno un’intesa per prolungare i negoziati. Si prevede che il minuetto potrebbe durare anche dieci anni. Nulla di ciò che gli inglesi avevano ottenuto a febbraio sarà invece concesso.  

Conseguenze per l’Italia?
Forse, con un pezzo grosso come la Gran Bretagna fuori, conteremo qualcosa di più. Il rischio vero sono i nostri titoli del debito, ma Draghi è stato autorizzato a comprare quanto basta, e già ieri s’è visto che allo spread non è successo niente. Un effetto interessante per noi potrebbe essere questo: per attenuare le politiche di rigore, che sono alla base dello scontento generale, Bruxelles potrebbe sospendere il fiscal compact. Renzi si troverebbe a disposizione, in questo modo, 16 miliardi da spendere, molto utili alla vigilia del referendum di ottobre. (leggi)

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