Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ieri il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha tenuto il solito discorso di fine maggio sullo stato dell’economia e del Paese e Luigi Zingales, il grande economista, alla vigilia ha detto che avrebbe voluto sentirgli dire questa frase: «La nostra vigilanza sulle banche non è stata sufficientemente attenta, stiamo facendo un’indagine interna per accertare le responsabilità».
• L’ha detta?
No. Nonostante Monte dei Paschi, le quattro banche saltate per aria alla fine dell’anno scorso, i guai di Popolare Veneta e di Banca di Vicenza, gli affanni di Unicredit, per non parlare dei crediti deteriorati dal destino ancora misterioso, il governatore non ha fatto nessuna autocritica. Del resto, sulle quattro banche finite male (tra cui l’Etruria del padre della Boschi) aveva già messo i puntini sulle i lo scorso gennaio. Intervenendo al congresso Assiom-Forex, Visco aveva detto: «La sequenza di interventi di via Nazionale è stata posta in atto, nei quattro casi in esame come in tutti gli altri casi di crisi bancaria affrontati dalla Vigilanza (circa 100 negli ultimi 15 anni), con attenzione e tempestività nel rispetto delle norme esistenti». Quella volta, però, Visco aveva chiesto anche la «revisione, da avviare entro giugno 2018» della direttiva Ue che prevede il bail in. E questa richiesta l’ha riformulata di nuovo ieri, nelle Considerazioni finali.
• Per capire di che si tratta bisognerebbe sapere che diavolo è il bail in.
Gliel’ho già spiegato parecchie volte. «Bail in» si può tradurre con «salvataggio interno», un concetto che si contrappone, evidentemente, al «bail out», o salvataggio esterno. Significa che se un banca entra in crisi non si può salvarla con un intervento esterno, bisogna che a risolvere la crisi ci pensino, ricorrendo ai loro portafogli, azionisti, correntisti con depositi superiori ai centomila euro e i risparmiatori che incautamente ne avessero sottoscritte le obbligazioni secondarie. La posizione di Visco, ieri solennemente ribadita, è che queste nuove regole, entrate in vigore lo scorso 1° gennaio, sono state applicate troppo presto, quando il mercato non aveva ancora capito bene di che si trattava. Ci voleva, dice Visco, un periodo di transizione, in modo da assorbire gradualmente lo choc provocato dalle perdite dei risparmiatori. L’altro pilastro del ragionamento è che l’Europa aborre l’intervento pubblico, mentre, secondo Visco, la mano dello Stato può in certi casi salvare determinate situazioni con minori danni del bail in. Qui c’è un sottinteso, che Visco non può esplicitare per ragioni evidenti: e cioè che alla Germania l’intervento pubblico è stato concesso, per esempio nel caso della ricapitalizzazione dell’amburghese Hsh Nordbank, salvata con i soldi dei contribuenti.
• Già, e come si giustificano i tedeschi e quelli dell’Unione europea che ci impediscono di far lo stesso con le banche nostre?
Dicono che quello e altri salvataggi simili sono stati compiuti quando le regole del bail in non erano ancora in vigore. Ma sarà interessante vedere, su questo punto, come si comporteranno la Germania e l’Europa quando verranno al pettine i nodi della sistemica Deutsche Bank schiacciata dal suo enorme indebitamento e da centinaia di cause (il rosso di Deutsche, l’anno scorso, ha sfiorato i sette miliardi di euro).
• Che altro ha detto il governatore?
Sul comportamento dei banchieri ha ammesso che ci sono resistenze per la trasformazione in spa delle Banche popolari (vere e proprie consorterie che non vogliono rinunciare ai loro poteri, causa di tanti disastri). Visco: «Le banche popolari hanno rivelato scarsa trasparenza nelle decisioni degli amministratori e l’autoreferenzialità di alcune figure di vertice». Sul resto, ha detto che bisogna abbattere il cuneo fiscale, cioè ridurre la differenza tra gli stipendi lordi e gli stipendi netti. La ripresa economica - dice - c’è, «ma è ancora da consolidare» e, secondo il governatore, tagliando il cuneo fiscale si lascerebbero un po’ di soldi in tasca alla gente e così si darebbe una mano alla domanda interna. Però quando si tratta di casa sua il governatore non è altrettanto generoso: la redditività delle banche è bassa, l’utilizzo delle tecnologie scarso, gli sportelli sono troppi, l’organizzazione sul territorio va rivista. Il che conferma che le banche si preparano a tagliare parecchie migliaia di posti di lavoro.
• Reazioni?
Il discorso è piaciuto alla Camusso e alla Furlan (Cisl), indifferenti a quanto pare ai tagli del personale bancario, e contente della litania sull’intervento pubblico. Salvini, invece, ha usato la mano pesante: «In un paese normale il governatore di Bankitalia Visco, invece di pontificare, sarebbe in galera. Che cacchio hanno controllato in questi anni? Dov’erano mentre le banche fregavano e saltavano? Dov’erano mentre Popolare Vicenza e Veneto Banca bruciavano 11 miliardi di euro di risparmi, rovinando migliaia di cittadini? Bankitalia deve tornare ad essere sotto il controllo dei cittadini, non di quattro burocrati di Bruxelles. A pagare non devono essere risparmiatori e lavoratori, ma i banchieri e i mancati controllori». Gasparri, sugli stessi toni, ha sostenuto che la Banca d’Italia è ormai un’istituzione inutile.
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