Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Gli amici dell’Europa tirano un sospiro di sollievo perché in Austria è diventato presidente della repubblica il candidato verde e non quello criptonazista. Un fotofinish fenomenale, anche perché il candidato verde è rimasto dietro fin quasi all’ultima scheda.
• Com’è andata?
Domenica sera era in testa il criptonazista, come abbiamo già raccontato: Hofer aveva raccolto il 51,93% dei consensi, van der Bellen il 48,07%. 144 mila voti di vantaggio. Mancavano però i voti per corrispondenza, poco meno di 900 mila elettori, cioè il 14% dei cittadini su circa sei milioni e mezzo di aventi diritto. Varie proiezioni avevano già fatto vedere che in questo universo Hofer raccoglieva poco, e infatti alla fine van der Bellen lo ha superato per 31.026 schede, qualcosa come lo 0,5%, vale a dire ha vinto 50,3 a 49,7. Un soffio. E con un’affluenza, per i numeri austriaci, molto alta, il 72,7% contro il 68,5% del primo turno. C’è stata quindi una certa mobilitazione, da una parte e dall’altra. Al primo turno, Hofer aveva ottenuto il 35% e sembrava a cavallo. Van der Bellen, secondo arrivato, aveva superato di poco il 22. Ma al terzo posto la vedova Griss, magistrato e già presidente della Corte suprema, aveva preso il 18 e dichiarato subito che al ballottaggio avrebbe appoggiato van der Bellen. 22 e 18 fa 40, i socialdemocratici e i democristiani avevano preso l’11 per cento per uno, quindi in teoria van der Bellen contava su un potenziale del 60-65 per cento. Questi numeri ci dicono molto.
• Che cosa ci dicono?
Che i discorsi di Hofer e del suo Partito della Libertà Fpö hanno in Austria più seguito di quel che appare. Hanno seguito, voglio dire, tra gli stessi socialdemocratici, tra gli stessi cattolici. Questo è un dato politico di importanza primaria, significa che la grande coalizione tra cristiano democratici e socialdemocratici dovrà tenere conto delle posizioni di questo grande oppositore, smorzarne lo slancio, in qualche modo ricacciarlo indietro accogliendone alcune istanze se non vorrà consegnargli il Paese al prossimo giro. È importante anche por mente alla sapienza del sistema elettorale maggioritario a doppio turno, che per definizione rende la vita più difficile alle estreme.
• Che significa?
Se al primo turno tutti ottengono qualcosa, al secondo turno quelli che non avevano votato per uno dei primi due dovranno rassegnarsi a una seconda scelta: questa seconda scelta si fa spesso per impedire a uno dei due di arrivare a bersaglio. Gli estremisti, di solito, sono svantaggiati. Anche se non sempre: 30 mila voti sono poca cosa e Hofer avrebbe benissimo potuto vincere. Nelle diechiarazioni sue e del capopartito Strache c’è infatti la consapevolezza di questa forza, la più importante, direi, in Europa. La riflessione sul secondo turno è particolarmente significativa per noi, dato che il criticatissimo Italicum ci manda appunto al secondo turno, senza ammettere (fortunatamente) coalizioni.
• Che tipo è questo van der Bellen?
Alexander van der Bellen, per gli amici Sascha, 72 anni, economista e professore universitario, s’è messo a far politica a 52 anni e s’è sposato lo scorso dicembre con una parlamentare verde che si chiama Doris Schmidauer e ha 19 anni meno di lui (per lui è il secondo matrimonio). Ha alle spalle un’infanzia movimentata: i suoi erano russi scappati dalla Rivoluzione d’ottobre prima in Estonia, poi in Tirolo, che a quell’epoca faceva parte del Reich tedesco. Lui è nato a Vienna, è cresciuto a Innsbruck, poi negli anni Ottanta è tornato a Vienna, ha cominciato a far politica con i socialdemocratici, quindi ha preferito passare con i Verdi. Nel 1997 è diventato capo del partito, che ha guidato per undici anni, allontanandolo dalle tentazioni socialiste e raddoppiandone i consensi. Molto pacato, molto ragionatore, piuttosto originale anche nelle scelte: nel 2012 ha abbandonato il Parlamento per candidarsi al consiglio comunale di Vienna. Dal consiglio comunale si ritrova adesso alla Hofburg. Pensare che era partito come candidato di bandiera, senza speranza. Socialdemocratici e democristiani se lo sarebbero preso volentieri, e infatti l’hanno spesso definito «l’uomo giusto nel posto sbagliato».
• Secondo lei, domani, arriveranno al Brennero gli 80 poliziotti austriaci previsti?
Secondo me, sì. Van der Bellen, che è un europeista convinto, non è ancora insediato e, in ogni caso, per recuperare quel 50 per cento che ha votato Hofer bisogna fare una politica di destra. La mancata elezione del candidato criptonazista rende però più facili i rapporti tra noi e loro. Il nostro ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ha dichiarato: «Ci sono preoccupazioni culturali e politiche causate dal fatto che l’Austria, a prescindere dai risultati delle elezioni, sarà un Paese politicamente diviso in due. Suppongo che la cooperazione con le autorità austriache continuerà, a prescindere dai risultati».
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