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 2016  febbraio 07 Domenica calendario

In Italia

Il Presidente della Repubblica è Sergio Mattarella
Il Presidente del Senato è Pietro Grasso
Il Presidente della Camera è Laura Boldrini
Il Presidente del Consiglio è Matteo Renzi
Il Ministro dell’ Interno è Angelino Alfano
Il Ministro degli Affari Esteri è Paolo Gentiloni
Il Ministro della Giustizia è Andrea Orlando
Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze è Pier Carlo Padoan
Il Ministro di Istruzione, università e ricerca è Stefania Giannini
Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali è Giuliano Poletti
Il Ministro della Difesa è Roberta Pinotti
Il Ministro dello Sviluppo economico è Federica Guidi
Il Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali è Maurizio Martina
Il Ministro di Infrastrutture e trasporti è Graziano Delrio
Il Ministro della Salute è Beatrice Lorenzin
Il Ministro di Beni e attività culturali e turismo è Dario Franceschini
Il Ministro dell’ Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare è Gian Luca Galletti
Il Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione è Marianna Madia (senza portafoglio)
Il Ministro per le Riforme Costituzionali e i rapporti con il Parlamento è Maria Elena Boschi (senza portafoglio)
Il Governatore della Banca d’Italia è Ignazio Visco
Il Presidente di Fca è John Elkann
L’ Amministratore delegato di Fca è Sergio Marchionne

Nel mondo

Il Papa è Francesco I
Il Presidente degli Stati Uniti d’America è Barack Obama
Il Presidente del Federal Reserve System è Janet Yellen
Il Presidente della BCE è Mario Draghi
Il Presidente della Federazione russa è Vladimir Putin
Il Presidente del Governo della Federazione russa è Dmitrij Medvedev
Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese è Xi Jinping
La Regina del Regno Unito è Elisabetta II
Il Premier del Regno Unito è David Cameron
La Cancelliera Federale di Germania è Angela Merkel
Il Presidente della Repubblica francese è François Hollande
Il Primo Ministro della Repubblica francese è Manuel Valls
Il Re di Spagna è Felipe VI di Borbone
Il Presidente del Governo di Spagna è Mariano Rajoy Brey
Il Presidente dell’ Egitto è Abd al-Fattah al-Sisi
Il Primo Ministro di Israele è Benjamin Netanyahu
Il Presidente della Repubblica Turca è Recep Tayyip Erdogan
Il Presidente della Repubblica Indiana è Pranab Mukherjee
Il Primo Ministro della Repubblica Indiana è Damodardas Narendra Modi
La Guida Suprema dell’ Iran è Ali Khamenei
Il Presidente dell’ Iran è Hassan Rohani

Il corpo di Giulio Regeni è arrivato in Italia, gli faranno un’altra autopsia, le varie autorità dicono di aspettare questo esame per prendere una posizione più ferma su tutto il caso. La verità è che è tutto molto, molto difficile. È chiaro, senza bisogno di quest’altra autopsia, che il giovane Giulio Regeni è stato fermato dalla polizia, sequestrato per più giorni, torturato e alla fine ammazzato da agenti che non hanno nessuna preoccupazione sulle conseguenze dei loro atti, perché fanno questo di continuo e con l’approvazione, magari tacita, dei loro superiori. Se non fosse intervenuto lo stesso presidente al Sisi, sollecitato di persona dal nostro bravo ambasciatore in Egitto, staremmo ancora a chiederci dov’è finito Giulio. La storia dell’incidente stradale, propalata dai poliziotti all’inizio, è un luogo comune di quella gente, tirato fuori anche in altre occasioni. I due arresti annunciati dal sito Masrawi sono stati smentiti, ma anche se fossero veri come potremmo non pensare che si tratta di gente presa a caso e data in pasto all’amico governo italiano per accontentarlo in qualche modo? Quelli del manifesto hanno detto che si sa già come finirà, con un capro espiatorio qualunque e senza che la ferocia del regime di al Sisi cambi di un ette. È vero, ma nello stesso tempo al Sisi, ossessionato dalla stabilità, tiene a bada i Fratelli Musulmani, avamposto, vero o presunto e comunque probabile, dell’Isis. L’Egitto deve finire come la Libia, a causa delle anime belle illuse che il Medio Oriente sia diverso da come è?

Quindi si direbbe, in base a questo suo strano ragionamento, che non esistono alternative tra: essere un Paese di feroce repressione dove non sanno nemmeno dove sono di casa i diritti e le libertà di uomini e donne; oppure finire come la Libia, la Siria, la Palestina, un nulla istituzionale pieno di sangue.
La pretesa di trasformare quei paesi attraverso gli attrezzi della nostra democrazia - attrezzi peraltro che risultano assai logorati anche da noi - è antistorico, quando non è patetico. Gli americani del 2003 credevano di essere accolti a braccia aperte dagli iracheni «liberati» e abbiamo visto quello che è successo. Non parliamo della Libia, ridotta allo stato attuale soprattutto dalla cretineria francese. E facciamo finta che dietro l’invasione di Bush e gli aerei di Sarkozy non vi siano anche motivazioni pochissimo pulite. Pare che in quei posti possano valere solo le maniere dei Gheddafi o dei Saddam.  

Torniamo al povero Giulio.
Era anche stata messa in giro la voce che fosse un agente segreto. I nostri servizi hanno smentito seccamente. Il giovane Regeni stava lì per conto dei suoi professori di Cambridge a preparare la tesi di dottorato sull’economia egiziana. Come mai s’è messo a cercare uomini dell’opposizione, sindacalisti, intellettuali e altri personaggi dell’islamismo? È una domanda inutile. Fatto sta che queste frequentazioni lo hanno reso visibile alla polizia, che lo ha arrestato, picchiato, gli ha spento le sigarette sul corpo, gli ha tagliato l’orecchio, gli ha fracassato l’occipite con un pugno, lo ha ridotto insomma nelle condizioni che il nostro ambasciatore Massari, avendolo visto con i suoi occhi, ha definito «devastanti».  

S’è capito qualcosa degli ultimi istanti, il momento dell’arresto...
Erano le otto di sera del 25 gennaio. Giulio aveva percorso la via Ansari fino alla fermata Bohooth della metro. Il suo amico Amr Assad ha riferito di aver ricevuto a quell’ora un suo sms in cui gli diceva: sto andando a una festa di compleanno. Del periodo che intercorre tra questo sms e il 3 febbraio, giorno del ritrovamento del cadavere in un fosso dell’autostrada Cairo-Alessandria, non si sa niente. Ma sappiamo questo: che nel giorno 25 gennaio, quinquennale delle manifestazioni in piazza Tahrir, gli uomini dei Mukhabarat, i servizi segreti egiziani, hanno sfondato le porte di cinquemila appartamenti e messo dentro qualche centinaio di elementi giudicati pericolosi; sappiamo che negli ultimi tre mesi risultano scomparse 160 persone; sappiamo che i casi provati di tortura in carcere sono 465. Eccetera. I Mukhabarat sono i tre servizi segreti egiziani. In Medio Oriente è normale, per i vari dittatori, ricorrere a molti servizi segreti. Saddam ne aveva sei, Assad dodici. Il Mukhabarat egiziano è andato a scuola dal Mossad, Israele ha un unico alleato da quelle parti, ed è l’Egitto. Il capo della polizia, Ayman Helmy, può tutto.  

Senonché, questi uomini spariti, incarcerati o torturati, se poi prendessero il potere, mostrerebbero a loro volta la faccia sanguinaria dei fondamentalisti islamici.
Così pensa l’Occidente, praticamente in tutte le cancellerie. Dopo l’esperienza irachena e libica il mondo preferisce non guardare e non sapere. Al peggio - è la filosofia di fondo - non c’è mai fine.  

Ci sono anche i soldi di mezzo, però. La notizia della morte di Giulio è arrivata mentre il nostro ministro Federica Guidi capeggiava sessanta aziende italiane venute al Cairo per fare affari. La tragedia del giovane Regeni gli ha rotto le uova nel paniere.
L’interscambio con l’Egitto vale più di cinque miliardi. Ed è destinato a crescere. Il resto del mondo aspetta solo che facciamo qualche gesto diplomaticamente inconsulto e ci togliamo di mezzo. Stiamo alle parole che il nostro ambasciatore ha detto a Paolo Valentino, del Corriere della Sera: «Senza voler imporre alcun modello dall’esterno, l’Europa può aiutare l’Egitto a compiere passi in avanti e migliorare gli standard della democrazia. Tenendo presente che la lotta al terrorismo islamico è una priorità per tutti». (leggi)

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