Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Quest’anno, se Dio vuole, non sentiremo la solita lagna di albergatori e operatori turistici che lamentano il calo delle presenze, le ferie più corte, la crisi del mare, della montagna e della campagna. Le spiagge invece si sono riempite per tutto luglio e agosto, gli affari vanno a gonfie vele, sono tornati gli stranieri, se la ripresa si deve giudicare dal turismo, la ripresa c’è.
• Qualche dato.
L’ultimo è di ieri, e viene da una nota associazione di piagnoni, cioè la Federalbergatori. Quindi particolarmente credibili, stavolta. Citiamo l’agenzia: «Un milione di italiani in più in vacanza a settembre. Lo rileva la Federalberghi, secondo cui saranno poco più di 4 milioni, contro i circa 3 milioni del settembre 2014, gli italiani pronti a partire per le ferie, approfittando del mese nel quale le tariffe sono più vantaggiose e l’affollamento si ridimensiona». Seguono considerazioni intellettuali del presidente, Bernabò Bocca: «I cambiamenti culturali ed economici hanno modificato il modo di far vacanza anche per gli italiani. La durata della vacanza principale si accorcia e ad essa si aggiungono vacanze più brevi e week end nel corso dell’anno; inoltre, anche se agosto rimane il mese preferito dagli italiani, si registra una crescita dell’attenzione verso altri periodi dell’anno».
• È questione di “cambiamenti culturali ed economici”?
Il cambiamento economico dovrebbe essere quello indotto dalla crisi. Statistiche gridate con le lacrime agli occhi quindici giorni fa (da quell’altro gruppo di aristotelici che è la Fipe, Federazione Pubblici Esercizi) mostrano che ogni italiano, tra il 2008 e il 2013, ha avuto a disposizione 1.300 euro in meno ogni anno. Infatti, negli anni passati, i vari sindacati di categoria hanno sempre denunciato flessioni. Di conseguenza, dovremmo dire adesso che gli italiani hanno recuperato portafogli, dunque il “cambiamento economico” andrebbe letto alla Renzi, e cioè «la ripresa c’è». Quanto al “cambiamento culturale” non so bene cosa sia, a meno che non si alluda al boom del Salento, provocato dalla taranta (è impossibile trovare un posto in quel paradiso nella seconda metà di agosto per via delle feste della pìzzica), o a quello delle Marche, favorito dal film su Leopardi e dalla curiosità di vedere Recanati o Montelupone.
• Quindi, lo strano“più” di quest’estate a che cosa di deve?
A parte il fatto che un po’ di ripresa c’è e lo dimostrano le molte aziende rimaste aperte a Ferragosto...
• Molte? Sapevo solo della Electrolux...
No, per esempio hanno lavorato anche la Pro-Gest e l’Arredo Plast di Treviso, fornitrici dell’Ikea, la Grafica Veneta, impegnata a stampare tutta la scolastica francese più il quarto volume del Millennium di Stieg Larsson richiesto in 35 paesi, la De longhi s’è dovuta sbrigare a fornire di condizionatori l’università americana di Beirut, e parecchie altre allo stesso modo, di solito in Veneto. Il Veneto, che con la Lombardia è un po’ la nostra Germania, segna un +8,6% nell’export, vale a dire 5.2 miliardi. Con un aumento del 51% delle assunzioni e un calo del 22% nei fallimenti.
• Beh, ripresa e aumento del turismo sono evidentemente collegati, ma lei aveva l’aria di non pensarla esattamente come la Federalberghi.
Più che il cambiamento culturale, impossibile da valutare per i contemporanei, direi che conta la situazione internazionale che ha improvvisamente rimpicciolito, per noi e per gli stranieri, l’offerta di mète tranquille. Chi andrà mai in vacanza, in questo momento, nell’Africa bianca o in Medio Oriente? In ogni caso, ho sotto gli occhi il comunicato emesso subito dopo Ferragosto dal nostro ministero degli Esteri: il sito della Farnesina “Viaggiare sicuri” consiglia la massima allerta per Tunisia, Egitto e Marocco, tre mète che gli italiani fino a pochi anni fa prediligevano. Ci vuole prudenza, dopo il colpo di stato, anche in Thailandia. Non parliamo di Siria, Afghanistan, Yemen, Nigeria (dove c’è Boko Haram). Prudenza massima anche per altre mète un tempo molto frequentate, cioè il Kenia e la Turchia. Se si guarda bene, non sono rimaste, nel Mediterraneo, che l’Italia, la Spagna, il sud della Francia, la costa della ex Jugoslavia. La ragione principale del nostro boom turistico non può dunque essere che questa: la concorrenza è drammaticamente diminuita. E starei per aggiungere: purtroppo.
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