Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Juncker e Tsipras avrebbero riaperto la trattativa a poche ore dalla scandenza fatale del 30 giugno, e a conferma della luce improvvisamente riaccesasi ci sarebbe questo Eurogruppo convocato per le 19 di ieri sera (in teleconferenza) e chiamato a dare il via libera all’accordo dell’ultimo minuto. Peccato che la Merkel, fermo restando lo sforzo dichiarato perché la Grecia non se ne vada, abbia precisato, molto freddamente, che a questo punto non si riprende nessun tavolo negoziale fino a che i greci non si saranno espressi con il referendum. E poi il duo Juncker-Tsipras fa finta di non sapere che qualunque intesa, per diventare operativa, deve passare per l’approvazione di cinque parlamenti più quello greco, dove la sinistra di Syriza sembra decisa ad andare al voto e che vinca il no. Tra l’altro, Juncker ha posto come condizione preliminare all’accordo che Tsipras faccia campagna elettorale a favore del “sì”, cioè cambi completamente fronte. Varoufakis ha completato la strana giornata di ieri (in cui le Borse hanno continuato a perdere, ma con calma) annunciando l’intenzione (forse) di denunciare la Ue alla Corte europea, imputandole l’uscita della Grecia dall’euro e, suppongo, obbligandola a pagare i danni, dato che «la nostra appartenenza alla Ue non è negoziabile».
• In che consiste questa ipotetica intesa dell’ultimo minuto?
Juncker sembra quello più in ansia per l’eventuale uscita della Grecia dall’euro. Subito dopo una conferenza stampa drammatica, lunedì sera, in cui ha difeso l’Europa dalle accuse di Tsipras-Varoufakis, il presidente della Commissione ha telefonato al premier greco prospettandogli un tesoretto a disposizione di Atene da 35 miliardi, l’intenzione di non insistere con la super-Iva sugli alberghi e la disponibilità a prolungare il programma di aiuti che è scaduto ieri notte a mezzanotte. Le agenzie fecero sapere che Tsipras aveva dato una risposta dura, «il tavolo si riapre solo dopo il referendum», e dunque l’idea di Juncker aveva subito assunto la coloritura patetica della bella speranza. Senonché ieri Tsipras ci ha ripensato e ha scritto una lettera con nuove proposte, che, se accettate, avrebbero posto fine ai patemi di queste ore: accordo di due anni con l’Esm (cioè lo European Stability Mechanism , un’altra delle istituzioni finanziarie europee) con versamento nelle casse greche di trenta miliardi con i quali far fronte alle prossime scadenze (cioè Tsipras è deciso a pagare i debiti con i debiti).
• Che cosa offrirebbero i greci in cambio di questo?
Per quanto se ne sa, niente. E il bello è che, da statuto, qualunque accordo con l’Esm impone l’accettazione di una serie di clausole severissime, senza le quali i fondi non potrebbero essere erogati. Ma forse siamo già in mare aperto: Juncker, che dovrebbe essere neutrale, ha fatto campagna elettorale per la vittoria del sì, e con lui altri austeri personaggi dell’europolitica; il presidente del Consiglio, Donald Tusk, anche lui obbligato alla neutralità dalla sua carica, s’è messo apertamente l’altro giorno dalla parte dei Paesi dell’Est che non vogliono i migranti. Eccetera eccetera. Forse l’Europa sta saltando sul serio per aria.
• Che cosa si sa del referendum?
È una mezza buffonata anche il referendum. Si chiede ai greci di votare sì o no alla proposta dei creditori. Però la proposta dei creditori che si propina agli elettori è quella di venerdì scorso, poi modificata (in meglio per i greci) nelle ore successive, fino all’ultima offerta addirittura di ieri. Questo conferma che il referendum è in realtà sull’euro, «euro contro dracma» ha detto Renzi che ieri ha telefonato al premier greco e ci tiene moltissimo a farlo sapere. Forse il referendum è sullo stesso Tsipras, il quale infatti mentre fa campagna per il “no” ha voluto far sapere di non essere «un uomo per tutte le stagioni» frase che capiamo nel modo classico, e cioè se il «no» perde si dimette. I furbi Tsipras e Varoufakis hanno voluto che sulla scheda il “no” (“Oxi”) sia stampato prima del “sì” (“Nai”). I sondaggi, comunque, dànno ancora in vantaggio il “sì”.
• Com’è la situazione in Grecia?
Diciassettemila persone hanno sfilato in difesa del “no”, mentre Standard and Poor’s tagliava il rating di Alpha Bank, Eurobank, National Bank of Greece e Piraeus, le quattro banche greche che sono sotto il controllo diretto della Bce. Poiché la Bce, dopo l’insolvenza di Atene, non potrà più sostenerle, il loro fallimento è sicuro. A ruota seguirà una valutazione di Standard and Poor’s sul Paese. Altra stretta: i prelievi dai bancomat ammessi non saranno più di 60 euro, ma appena di 20. Non so se la concessione di andar gratis sul bus sia un valido contrappeso. Tra l’altro, a quanto pare, già prima di questa liberalità, il biglietto sull’autobus lo pagava un greco su dieci.
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