Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Il No ha vinto nettamente, addirittura 60 a 40 se sono giuste le proiezioni di stanotte. Ieri sera nella sede ateniese di Syriza si festeggiava, esultanza anche della delegazione italiana sbarcata in Grecia, cioè Sel, M5S (con Grillo in persona), gli ex pd come Stefano Fassina e altri antirenziani. Il senso delle dichiarazioni fatte da questi esponenti politici si può riassumere in due concetti: «ha vinto la democrazia e tutti i popoli d’Europa sono stati a questo punto liberati dal giogo dei burocrati-tecnocrati di Bruxelles» e «l’Europa può respingere le idee di un governo, ma non può opporsi alla volontà di un popolo». Sia Tsipras che Varoufakis hanno ribadito che sono pronti a questo punto a firmare un accordo, e si dicono certi che questo accordo sarà sottoscritto già domani.
• È vero?
Stando a tutto quello che abbiamo capito finora, direi che è altamente improbabile se non impossibile. Per prima cosa la Bce, che avrebbe potuto aprire un po’ di più i cordoni della sua borsa e tener vive le banche greche in caso di vittoria del sì, sarà obbligata dal suo stesso statuto a chiudere ermeticamente la cassa e, in teoria, potrebbe addirittura chiedere ad Atene la restituzione immediata degli 89 miliardi con cui ha finanziato in queste ultime settimane gli istituti di credito greci. I quali resteranno necessariamente chiusi anche nei prossimi giorni e chissà fino a quando: sabato scorso le banche greche potevano contare su fondi per un miliardo scarso e questi soldi stasera saranno finiti.
• E quest’idea di firmare un accordo già domani?
Anche questa ha l’aria di una pia illusione. La volontà del popolo greco, chiarissima a questo punto grazie al referendum, deve però vedersela con la volontà dei 18 altri paesi dell’Eurozona, il cui elettorato non sembra propenso a regalare altri soldi ad Atene. Il ministro delle Finanze Schäuble, per dirne uno, aveva già sostenuto in passato l’utilità per l’Europa di un allontanamento della Grecia dall’eurozona. Queste idee ora sono condivise da parecchi. Con la Grecia fuori, secondo costoro, la moneta unica sarà più forte.
• Ma il voto significa che la Grecia è uscita dall’euro? Siamo in piena Grexit?
Non ancora, soprattutto perché non c’è una procedura per uscire dall’euro, mentre c’è una procedura per uscire dall’Unione europea. Un accordo da firmare domani in modo da tenere la Grecia nella moneta unica è tecnicamente impossibile perché Atene può essere aiutata solo con un terzo piano di aiuti, dato che il secondo piano di aiuti, dopo essere stato prolungato per quattro mesi, è scaduto alla mezzanotte di martedì scorso. Le procedure per l’approvazione di un terzo piano d’aiuti sono lunghe (ci sono anche dei passaggi parlamentari) e i primi soldi ai greci non potrebbero arrivare prima di dicembre. A quell’epoca, se non si fa qualcosa, il Paese sarà morto, con i greci giovani in fuga per il mondo a cercare il proprio destino, e i greci vecchi rimasti a casa senza pensione o comunque senza più la pensione di prima. Probabilmente, Atene sarà costretta a stampare una moneta parallela, una sorta di pagherò, da esigere quando l’euro sarà tornato in circolazione, cioè tra molti anni. Nel frattempo si affiderà un qualche programma di aiuti alla Bce, però al di fuori delle regole dell’eurozona. È stato calcolato che fino al 2018 la Grecia ha bisogno di 50-60 miliardi. Stiamo immaginando un percorso liscio, senza disordini, senza problemi sociali. Il che è ottimistico. Lo stesso Tsipras in questi giorni ha blindato il Paese per prevenire sommosse.
• Come ha commentato il voto la Merkel?
Il settimanale Spiegel ha riferito che la Kanzlerin in questi giorni ha giudicato la politica di Tsipras «dura e ideologica», «lascia andare il Paese ad occhi aperti contro un muro». La Cancelliera non ha smentito. Oggi vola a Parigi a discutere con Hollande, mentre si riuniscono tutti, Commissione, Eurogruppo. Bce. Renzi ha convocato Padoan. Quanto ai commenti, è stata presa la decisione di star zitti fino a che i risultati del referendum non saranno diventati ufficiali.
• Quanto ci costerà il fallimento greco?
Oggi le borse andranno giù, come nel giorno in cui fu annunciato il referendum (Milano perse il 5%). Goldman Sachs prevede che lo spread italiano si allarghi fino a 200 punti e oltre. A noi la faccenda costerebbe alla fine 11 miliardi. Costerà anche alla Germania. Jens Weidmann, mercoledì scorso, ha fatto sapere al ministero dell’Economia del falco Schäuble che con l’uscita della Grecia i due miliardi e mezzo di utili che la Bundesbank gli versava ogni anno andranno in fumo.
(leggi)