Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Le Borse sono andate giù per via della Grecia, hanno cominciato le asiatiche con perdite medie del 2% (lo Shanghai Composite Index ha perso il 7,35%), poi è precipitata l’Europa, con Milano a -5,17% (la peggior giornata dal 2011), Madrid a -4,73, Parigi a -3,74, Francoforte a -3,56. Mentre scriviamo, Wall Street oscilla in negativo tra un -1 e un -2 per cento. Gli americani sono molto preoccupati, Atene rischia di finire nell’orbita russa, anche se i due miliardi che Putin sarebbe pronto a versare per il gasdotto sono bruscolini a fronte della voragine greca. Il segretario di Stato americano, Jack Law, ha chiesto di valutare con attenzione ristrutturazione del debito greco e riforme messe in atto da Atene, subito gli ha risposto Pierre Moscovici, commissario Ue peer gli Affari economici, «bisogna trovare un compromesso, la porta per il negoziato è sempre aperta». Anche la Merkel ha detto che la porta per il negoziato è sempre aperta, ha parlato in Parlamento dicendo che la fine dell’euro è la fine dell’Unione europea, poi ha convocato i capi del partiti tedeschi, nelle dichiarazioni la si sente dire che «l’euro è qualcosa di più che una valuta» eccetera eccetera. Gli esercizi di retorica intorno al concetto che non possiamo fare a meno della Grecia, «l’Europa è un’Europa a 19» (cioè con la Grecia, parole di Juncker) si sprecano. Ma si tratta, appunto, di retorica, lacrime di coccodrillo e simili. Non c ’è nessuno spazio per la letteratura e le nostalgie di Pericle, e la realtà dice invece che stanotte a mezzanotte la Grecia sarà ufficialmente «in arretrato coi pagamenti» non avendo versato al Fmi 1,6 miliardi di euro. Ancora venti giorni, e «l’arretrato» si trasformerà in fallimento ufficiale. Intanto da domani la Bce non verserà più un euro nelle casse delle banche greche, dato che il Paese è insolvente. Tsipras ieri ha convocato il Consiglio per la stabilità finanziaria e il Consiglio, dando seguito alle indicazioni della Banca centrale greca, ha disposto la chiusura di banche e Borsa fino a tutto lunedì prossimo. Martedì, ammesso che banche e Borsa riaprano davvero, non si potranno prelevare più di 60 euro al giorno. E il movimento dei capitali è bloccato.
• Un accordo è ancora possibile?
Varoufakis aveva chiesto che il programma d’aiuti non cessasse fino a domenica prossima. Ieri Tsipras ha detto che una risposta non gli è ancora arrivata. In realtà, è arrivata forte e chiara subito dopo l’annuncio del referendum: il programma è sospeso fino a nuovo ordine. Draghi ha potuto mantenere il livello della liquidità d’emergenza (un fondo speciale) a 89 miliardi, ma da stasera, essendo il Paese insolvente, non potrà più far niente. Le scadenze che attendono Atene sono da brivido: oggi serve un altro miliardo e sei per pagare pensioni e stipendi dei dipendenti pubblici (Tsipras ha detto che questi soldi ci sono), il 13 luglio scadono 450 milioni da restituire al Fondo monetario, il 20 luglio la Grecia dovrebbe ridare 3,5 miliardi alla Bce, il 20 agosto è previsto il rimborso di 3,2 miliardi di debito sovrano. È difficile scommettere sul Paese, anche per la penosa figura fatta finora dal duo Tsipras-Varoufakis. Non so se la nostra sinistra vede ancora una via greca alla soluzione dei nostri problemi.
• Come si presentano i nostri problemi di fronte al crac ellenico?
Intanto ieri a un certo punto lo spread è schizzato fino a quota 197, ripiegando poi a 159. Venerdì scorso stavamo a 123. Siccome è parecchio tempo che non ne parliamo, ricordo che lo spread è la differenza tra i titoli decennali italiani e tedeschi (Btp contro Bund). Ogni centi punti base si trasformano in un aumento del costo del debito di 4 miliardi. Ieri il rendimento del debito italiano è salito al 2,39%. Padoan rassicura tutti, e speriamo che abbia ragione. «Non siamo nel 2011, le istituzioni hanno armi per combattere la speculazione. Non c’è nessun rischio per il debito italiano». Il 2011 è l’anno in cui fu buttato giù Berlusconi per far luogo al governo Monti, assai gradito a Bruxelles e a Berlino. Si dice che fossimo sull’orlo del crac.
• I turisti?
Le agenzie di viaggio sostengono che non ci sono rischi per i turisti. Basterà non fare affidamento sulle carte di credito e portarsi dietro più contanti. Rassegnarsi però a qualche furbata più del solito da parte di tassisti, ristoranti, guide ecc.
• E se gli italiani, spaventati, corrono in banca a ritirare i loro soldi?
A questo, se succede, non c’è rimedio, se non la chiusura delle banche e il controllo sui movimenti dei capitali. Ma, nonostante tutto, non mi pare che siamo ancora a questo grado di sfiducia. Che sarebbe, diciamolo chiaro, del tutto ingiustificata.
• E le imprese che hanno crediti verso la Grecia?
Sì, per esempio quelle che fabbricano macchine agricole, di cui i greci (gran produttori di olio e latte) hanno bisogno. Il problema c’è, ma riguarda quantitativi di denaro piuttosto ridotti. Le banche di tutto il mondo, poi, sono uscite da un pezzo dalla Grecia, trasferendo in genere la loro esposizione agli stati.
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