Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Tra oggi e mercoledì l’Italia andrà a chiedere ai mercati una quindicina di miliardi e l’appuntamento è atteso con una certa ansia perché lo spread ha dato segni di nervosismo (siamo a quota 130), i rendimenti dei Btp non sono così banali (l’1,4%) e insomma il tempo finanziario non è bellissimo.
• Colpa della Grecia.
Sì, sostanzialmente è colpa della Grecia. Se la Grecia fallisse e uscisse dall’euro, gli speculatori sarebbero autorizzati a giocare contro l’Italia. Sfilato un filo, come negare che potrebbe venir via tutta la trama che tiene insieme la moneta unica? I peggio messi, dopo i greci, siamo noi. Ed è per questo che la Merkel sembra in questo momento la meglio disposta verso un meccanismo che tenga comunque Atene dentro l’area euro. La soluzione, o piano B, sarebbe questa: trovandosi la Grecia nell’impossibilità di restituire una qualche rata del debito, la Bce stamperebbe a suo favore una sorta di cambiale, da riscuotere chi sa quando, con cui verrebbero intanto pagati stipendi e pensioni, mentre gli euro presenti in cassa servirebbe a rimborsare le rate del debito. Anche se non lo ha mai detto, l’avversario di questo piano è il proprio il ministro delle Finanze Varoufakis.
• Quello che gli altri ministri delle finanze hanno definito «dilettante, giocatore d’azzardo, perditempo».
Sì, al vertice Ecofin di Riga, l’altro giorno. Varoufakis ha risposto citando una frase pronunciata da Roosevelt nel 1936, vigilia delle elezioni presidenziali che poi avrebbe vinto: «Sono unanimi nel loro odio contro di me e io do il benvenuto al loro odio». Varoufakis ha aggiunto: «Parole vicine al mio animo e alla realtà di questi giorni». È chiaro infatti che il ministro greco vuole semplicemente il fallimento (default) della Grecia. Che cosa succede quando un’azienda fallisce? Che i creditori devono rinunciare in tutto o in parte ai loro soldi. La Grecia farebbe marameo a tutti noi, rimetterebbe in circolazione le dracme e magari riuscirebbe pure a riprendersi in qualche modo. Un pericolo assoluto per Merkel e compagnia: nei paesi dove si vota quest’anno i movimenti anti-euro, già piuttosto forti, sulle ali del successo greco raccoglierebbero ancora più consensi. Movimenti ben presenti anche in Germania. Merkel in altri termini non vuol fare la prova della dracma, Varoufakis – che non è per niente un dilettante (si legga, per convincersene, il suo Minotauro globale
, pubblicato da Asterios) – invece sì.
• Tsipras?
Tsipras ha l’aria di non essere d’accordo col suo ministro delle Finanze e manovra all’interno delle secche provocate dalle casse vuote. Ha requisito i fondi degli enti locali e con quelli dovrebbe sfangarla fino alla fine di maggio. Da qui ad allora qualcosa succederà. Potrebbe andare a nuove elezioni, licenziare il suo ministro, prendere cinque miliardi dai russi…
• Ma come è fatto questo debito greco? Alla fine, a parte il fatto che ci devono restituire 240 miliardi (40 solo a noi), non se ne sa niente.
Il grosso è costituito dai 141,8 miliardi prestati dal fondo salva-stati Efsf. Atene comincerà a rimborsarli davvero solo a partire dal 2023 e avrà restituito tutto solo nel 2054. In questa somma sono compresi 25 miliardi italiani che rivedremo, appunto, nel 2054. Altri 10 miliardi, usciti dalle nostre casse grazie ad accordi bilaterali, rientreranno nel 2020. Nelle segrete stanze, sono tutti soldi che si considerano persi. In ogni caso: a breve Atene deve rimborsare 200 milioni al Fmi (1° maggio) e, sempre al Fmi, 780 milioni il 12 maggio. A questi impegni farà fronte con i soldi sequestrati agli enti locali. Il 19 giugno c’è un altro miliardo e mezzo da restituire al Fmi. Per dichiarare il fallimento, però, il Fmi deve aspettare un mese, quindi questa scadenza è di fatto spostata al 19 luglio. Supponendo che, nel frattempo, sia stato raggiunto l’accordo con l’ex Troika, la Grecia avrà a disposizione i 7,2 miliardi, ultima tranche del prestito da 240 miliardi ottenuto nel 2010 e nel 2012. Con questi sette miliardi potrà resistere un anno, un anno e mezzo. Bisognerà cioè dargli altri soldi per 25-30 miliardi (stime Barclays). In tutto il 2015, Atene è chiamata a tirar fuori 28 miliardi.
• E come farà?
Tra la metà di giugno e la metà di luglio Tsipras potrebbe chiamare il Paese alle urne. Il consenso per Syriza è in calo, ma è probabile che vincerebbe lo stesso le elezioni. Il voto, le lungaggini per formare un altro governo (senza Varoufakis), il vuoto di agosto indurrebbero i partner europei a spostare il redde rationem a settembre. Tsipras potrebbe schivare i colpi dei creditori imbarcando la Nuova Democrazia di Antonis Samaras, l’ex primo ministro fedelissimo della Troika, e mostrando un volto più disponibile di adesso (Syriza perderebbe un terzo del partito, cioè l’ala sinistra degli irriducibili). A quel punto una qualche soluzione politica sarebbe a portata di mano e Draghi sarebbe autorizzato ad allentare i cordoni della borsa.
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