Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
La questione dell’accordo sul nucleare tra l’Iran e l’Occidente tiene il mondo con il fiato sospeso e, ne siamo certi, fa chiudere gli occhi per il sonno ai nostri lettori.
• Ma che possiamo farci?
Niente. Solo spiegare fin dalle prime righe che ne va della pace mondiale. E questo piccolo obiettivo dovrebbe favorire un minimo di sforzo conoscitivo.
• Sentiamo di che si tratta.
In due parole: l’Iran possiede parecchio uranio e puo farne, con due procedure diverse, due cose: centrali nucleari per accendere la luce elettrica nelle case dei persiani; oppure la bomba atomica. Esiste un’opinione mondiale sicura del fatto che Teheran sta pensando alla bomba atomica, con lo scopo principale di tenere in scacco il mondo e, il prima possibile, annientare Israele. Questa opinione aveva probabilmente parecchie ragioni quando il presidente dell’Iran si chiamava Ahmadinejad… lei ricorda certamente Ahmadinejad…
• Sì, quel tipo perennemente mal rasato, con vestiti sempre grigi, mai con la cravatta, la camicia bianca, un’aria piuttosto sciatta, ma bellicosissimo, non perdeva occasione per gridare da qualche tribuna che Israele andava annientata… Che fine ha fatto?
Dovrebbe essere tornato a insegnare all’Università di Teheran di Scienza e Tecnologia, è infatti un ingegnere laureato in Pianificazione dei trasporti… Ma non tuonava solo contro Israele. Tuonava anche contro gli Stati Uniti. Senonché dall’agosto 2013 il presidente si chiama Rohani, è un moderato, che appena eletto annunciò subito, tra la diffidenza generale, l’intenzione di un rapporto meno conflittuale con l’Occidente e con gli Stati Uniti. Si organizzarono quindi questi colloqui di Losanna, a cui partecipano da un lato i persiani e dall’altra i cinque del Consiglio di Sicurezza Onu (Stati Uniti, Russia, Cina, Regno Unito, Francia) più la Germania. Si tratta di persuadere Teheran a non usare l’uranio per costruire la bomba atomica e a dotarsi degli strumenti di controllo necessari per impedire che sotto sotto…
• Che interesse hanno gli iraniani a dire di sì?
L’Occidente, a suo tempo, stabilì delle sanzioni molto pesanti per quel Paese, che è povero e arretrato e, in un altro contesto, avrebbe casomai bisogno di essere aiutato. Queste sanzioni, soprattutto, proibivano il commercio di petrolio – che potentati locali hanno continuato a vendere di contrabbando, ma non è la stessa cosa – e impedivano le transazioni bancarie con l’Iran. Molto pesanti. L’Occidente offre adesso, in cambio di un programma nucleare esclusivamente dedicato all’uso civile, la fine di queste sanzioni. Graduale o immediata? È un punto ancora in discussione e sul quale gli stessi sei rappresentanti occidentali sono divisi. La Francia, per esempio, resiste perché ha commesse militari e anche di altro tipi con i paesi del Golfo e non vuole metterle a rischio (nello stesso tempo ha mandato suoi emissari in Iran per cominciare a fare accordi). Gli iraniani sono sciiti e gli abitanti del Golfo sunniti e filoamericani, quindi tra loro guerra aperta. D’altra parte Usa e Iran si sono trovate forzatamente dalla stessa parte nella guerra all’Isis, che è sunnita. Perciò l’accordo sul nucleare nasconde una ragione politica che ai tempi di Ahmadinejad non esisteva. Non ho bisogno di dirle che l’intreccio di interessi è complicatissimo. Per esempio, Teheran e Washington sono di fatto dalla stessa parte nella guerra allo pseudocaliffo al Baghdadi, ma sono su fronti contrapposti sulla questione siriana, perché gli ayatollah sostengono Assad, e Obama no.
• E Israele?
Israele vede come il fumo negli occhi Obama e le sue intese con l’Iran. Negli Stati Uniti ha l’appoggio dei repubblicani che sono maggioranza al Congresso. E Netanyahu, un falco, ha vinto ancora una volta le elezioni. Le confesso di averle dato solo una pallida idea degli intrecci che stanno dietro questa trattativa. Cina e Russia, oltre tutto, sono più dalla parte di Teheran che da quella occidentale. Ma forse ci sono buone possibilità di arrivare a un preaccordo che renda possibile poi un’intesa più generale da siglare entro giugno. Il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ieri ha detto che le possibilità di un’intesa sono elevate. «Probabilmente non sono al 100% ma non si può mai essere certi al 100% di nulla. Queste possibilità sono del tutto realizzabili se nessuno dei partecipanti aumenterà la posta in gioco all’ultimo minuto, nella speranza di ottenere qualcosa in più invece di mantenere l’equilibrio degli interessi, un equilibrio di interessi che adesso si sta formando». All’inizio s’era stabilito che bisognasse arrivare a una firma entro la mezzanotte americana di oggi (le nove di mattina per i nostri orologi). Ma i negoziatori Usa – a Losanna da giovedì scorso c’è anche Kerry – ieri hanno fatto sapere che, eventualmente, non sarà un dramma fermare l’orologio e restare a discutere ancora uno, due o magari tre giorni.
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