Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
La soluzione del problema greco è forse più vicina: il ministro Varoufakis ha ieri inviato una lettera al presidente dell’Eurogruppo in cui chiede il prolungamento di altri sei mesi del programma di assistenza e fornisce una serie di garanzie che sembrerebbero vicine a quanto l’Eurogruppo ha chiesto lunedì. Nello stesso tempo l’Eurogruppo è stato convocato per oggi pomeriggio alle tre, e questo non sarebbe successo senza una prospettiva piuttosto concreta di un accordo. Per mandare i greci a casa non sarebbe stata necessaria alcuna convocazione.
• Quanto ci costerà questa nuova tappa del calvario greco?
Non si sa ancora. Per ora siamo su intese generali, al punto che il paragrafo più importante della lettera di Varoufakis è forse quello siglato con la lettera f, scritto naturalment ein inglese e che si può tradurre così: «tra gli scopi dell’estensione a sei mesi dell’Agreement (cioè del nuovo prestito, quello che si sarebbe dovuto chiamare nuovo Memorandum, parola impronunciabile per Atene dato che ricorda il Memorandum della Troika) c’è anche quello di consentire la supervisione di Unione Europea e Bce e, con lo stesso spirito, del Fondo Monetario Internazionale per tutta la durata dell’Agreement». Ue-Bce-Fmi, cioè la Troika. Tsipras e Varoufakis avevano buttato fuori quelli della Troika subito dopo le elezioni. «Non vogliamo più sentire parlare di Troika» era stato uno dei mantra del nuovo governo, grazie al quale avevano riempito le piazze del Paese e conquistato un sostegno plebiscitario in Parlamento. Il punto f che abbiamo appena citato dice che la parola Troika non verrà più (benevolmente) adoperata, ma che gli occhiuti inquisitori che hanno tenuto in pugno la politica greca negli ultimi anni si ripresenteranno ad Atene puntualmente per verificare che si obbedisca agli ordini di Berlino e di Bruxelles. Aggiunga che in un altro punto della lettera, i greci promettono di non compiere gesti unilaterali, tipo alzare le pensioni minime (esempio nostro). Direi che hanno dato le due garanzie fondamentali. Nell’insieme la lettera, anche per il tono con cui è stata concepita, rappresenta un notevole atto di sottomissione, e non poteva essere diversamente dato che Varoufakis l’ha praticamente scritta sotto dettatura. E a dettare era il presidente della Commissione, Juncker, gran mediatore e gran furbo. E però a quanto pare ai tedeschi non basta, i tedeschi, per bocca del ministro delle Finanze Schäuble, hanno ancora detto che non ci siamo, quel che vuole Atene non è ancora accettabile (anche se la telefonata di 50 minuti di ieri sera tra la Merkel e Tsipras potrebbe aver cambiato qualcosa).
• Come mai?
I parlamenti nazionali dovranno ratificare il nuovo accordo. Potrebbero esserci problemi con i falchi, cioè con i parlamenti finlandese, danese, olandese e naturalmente tedesco. Ma possono esserci problemi anche con spagnoli, portoghesi e irlandesi che hanno ricevuto miliardi di euro in prestito e in cambio hanno fatto sacrifici notevolissimi, grazie ai quali sono tornati sul mercato. Come mai i greci potrebbero farla franca con molto meno? Questi dubbi negli altri paesi europei sono aumentati dal fatto che ovunque crescono movimenti anti-euro, che si rafforzerebbero se la strategia di Syriza di prendere a calci i creditori fosse anche minimamente vincente. La voce grossa tedesca annuncia il fatto che Tsipras e Varoufakis dovranno affrontare condizioni durissime per ottenere quello che chiedono, cioè altri sei mesi di prestiti.
• Che succederà alla fine dei sei mesi?
Secondo i greci, in questi sei mesi si discuterà un nuovo programma che permetterà alla Grecia di ricominciare a crescere, destinando parte del surplus invece che alla restituzione dei soldi al soccorso umanitario di coloro rimasti senza posto o senza assistenza sanitaria. Temo che sia una pia illusione. La frase: «Non ci faremo trattare come una colonia» è ottima per riempire le piazze, ma poco efficace nei confronti di chi deve avere indietro i soldi. La Grecia ha perso la propria sovranità, qualunque cosa dicano gli attuali governanti. Chi è indebitato non ha voce in capitolo.
• Mi fischiano le orecchie.
Senza che nessuno lo abbia detto, l’Italia è il convitato di pietra di questo dramma. Il vero problema di tutti siamo noi. Qualunque precedente creato con i greci, potrebbe tornare comodissimo a noi e scomodissimo a chi fosse costretto a prestarci soldi. Renzi è stato piuttosto zitto durante tutta la vicenda, nonostante l’Italia sia esposta con la Grecia per una cinquantina di miliardi. Dicono i maligni: Renzi è pronto a schierarsi con chi vincerà.
• È vero che tutti i soldi prestati alla Grecia dal 2010 in poi sono serviti ad alleggerire le banche e a trasferire i debiti sui conti degli Stati, cioè in definitiva sulle tasche di tutti noi?
Sì, è vero.
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