Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
La guerra in Medio Oriente è sempre meno locale: ieri l’aviazione egiziana ha bombardato Derna, Sirte e Bengasi, e dunque è ufficiale che l’Egitto è in guerra con la Libia, mentre ancora più a Oriente la Giordania spara missili contro lo Stato islamico, a sua volta all’attacco del governo di Bagdad e di quello di Damasco. E qui, a guidare la partita, ci sono soprattutto gli iraniani e, più a nord, i curdi. Il territorio insanguinato è insomma sempre più vasto e vede in qualche modo l’Europa: gli islamici rilasciano dichiarazioni in cui dicono di essere «a sud di Roma» e uno dei leader libici, quello riconosciuto dalla comunità internazionale ieri ha detto: «È necessario che l’Occidente intervenga con i suoi aerei, altrimenti la minaccia dello Stato islamico dilagherà nei Paesi europei e specialmente in Italia».
• Come si chiama questo tipo?
Abdullah al Thani.
• La Pinotti, ministro della Difesa, aveva detto che l’Italia è pronta a mandare laggiù cinquemila soldati.
La Libia è abitata da sei milioni di persone ed è grande sei volte l’Italia. Per mettere sotto controllo il Paese ci vorrebbero cento o centocinquanta mila uomini. Quindi, la frase della Pinotti va letta come una specie di battuta, la dimostrazione che siamo pronti e che crediamo sia urgente intervenire. Pinotti e Gentiloni (il ministro degli Esteri) avevano fatto nel week end dichiarazioni abbastanza spinte o addirittura arrischiate, sulle quali s’è subito buttato Berlusconi dichiarandosi pronto ad appoggiare il governo in caso di intervento. Qui bisogna fare un po’ di chiacchiera sulle nostre faccende interne, perché nelle posizioni prese nelle ultime ore dai vari personaggi le faccende interne hanno avuto il loro peso.
• In che senso?
Berlusconi sa molto bene che un elemento altamente divisivo, dentro la sinistra, è il pacifismo. Le dichiarazioni di Pinotti e Gentiloni hanno infatti subito suscitato le reazioni di Vendola e Civati. Quindi, spingendo alla guerra Renzi, Berlusconi ha fatto un calcolo «tipo patto del Nazareno»: riporto il premier-segretario dalla mia parte e incasino di brutto il Pd. Renzi ha schivato il colpo dichiarando subito che, dopo due anni di indifferenza, non bisognava adesso farsi prendere dalla frenesia interventista. «La visione del governo è una sola - ha detto in un’intervista al Tg5 - ossia attendere che il Consiglio di sicurezza Onu lavori un po’ più convintamente sulla Libia. La comunità internazionale se vuole ha tutti gli strumenti per poter intervenire. La forza delle Nazioni Unite è decisamente superiore a quella delle milizie radicali». Quindi, per quanto ci riguarda, non facciamoci spaventare dalla propaganda del Califfo, dice, e lavoriamo di diplomazia.
• Come si giustifica l’intervento egiziano?
Gli islamisti di Derna hanno preso (non si sa come: forse comprandoli da una banda che li aveva sequestrati) 21 copti di nazionalità egiziana, li hanno portati in riva al mare, li hanno fatti inginocchiare e gli hanno tagliato la testa. Si sono fatti con il video dell’eccidio molta propaganda, ma hanno provocato la reazione del presidente egiziano al Sisi, che ha mandato i suoi aerei sulle tre città. Sono morti molti civili, anche molti bambini, ma sarebbero rimasti uccisi sotto le bombe anche 64 terroristi dello Stato islamico, «di cui tre loro leader». Durante i raid, o subito dopo, gli islamisti avrebbero sequestrato altri 35 cittadini egiziani. Anche per capire la mossa di al Sisi bisogna guardare alla sua politica interna: al Sisi è presidente grazie a un colpo di Stato che ha rovesciato il presidente Mohamed Morsi, il quale era stato regolarmente eletto con l’appoggio dei Fratelli Musulmani, maggioranza nel Paese. Cioè al Sisi ha un problema col radicalismo islamico e infatti difende i suoi cristiani, cioè i copti. Contro gli islamisti d’Oriente con i carri armati piazzati sul Sinai e contro gli islamisti d’Occidente con i raid sulla Libia. C’è però, in questo intreccio, una dichiarazione rivelatrice di ieri.
• Quale?
In Libia esistono due governi e due parlamenti che fino ad oggi si sono fatti la guerra. Il governo legittimo, cioè riconosciuto dalla comunità internazionale, sta a Tobruk. Il governo usurpatore, formato da altri islamisti radicali, sta a Tripoli. Il governo di Tripoli ieri ha rivolto un appello a tutti gli egiziani che stanno in Libia perché scappino. Questo appello significa che neanche i musulmani di Tripoli vogliono avere a che fare con quel migliaio di fanatici che a Derna e poi a Sirte si sono proclamati seguaci di al Baghdadi. E infatti si sa che all’estero, sul tavolo delle diplomazie d’Occidente, gli sherpa dei due governi si parlano, discutono, studiano le possibilità di un accordo contro quelli dell’Isis. Forse è a questo che pensa Renzi quando consiglia di aspettare.
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