Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Tsipras ha fatto il suo governo in pochi minuti, alleandosi con un partito di destra che si chiama Anel (Greci Indipendenti), poi giurando ieri pomeriggio davanti al presidente della Repubblica, Karolus Papoulias, senza cravatta e rifiutando la Bibbia, due cose mai successe prima. Intanto a Bruxelles si riunivano Draghi, Juncker, Donald Tusk (presidente Ue) e Jeroen Dijsselbloem (guida dell’Eurogruppo) per discutere il da farsi. L’alleanza di Tsipras con Anel è un problema. I rigoristi speravano che Syriza non raggiungesse la maggioranza assoluta e che fosse costretta quindi ad allearsi con un partito europeista, capace di annacquarne le pretese. Anel invece ha sull’Europa una posizione dura come quella di Syriza. Si prepara perciò una partita difficile.
• Intanto bisogna capire questa alleanza tra un radicale di sinistra e un destro deciso come il capo di Anel, Panos Kammenos.
La faccenda mette in imbarazzo la nostra sinistra (Vendola ecc.) che vede in Tsipras il sol dell’avvenire. Come mai da noi si grida contro il Patto del Nazareno, quando un idolo come il leader greco va poi a sposarsi con un politico che sta più a destra di Casini? Ho letto un’intervista a Bertinotti che, sul punto, si lancia nelle solite spiegazioni metafisiche, e cioè Syriza sarebbe un fatto talmente nuovo da non potersi giudicare con le categorie di una volta, eccetera eccetera. In realtà la mossa del giovane capo greco è squisitamente tattica: ci si gioca la faccia nel confronto con l’Europa e con i cattivi tedeschi, le questioni relative ai diritti civili, ai matrimoni omosessuali eccetera possono attendere. Dunque va benissimo il patto con Arel che rafforza la posizione anti-Berlino. Ci sarà tempo poi per dividersi sulle altre questioni.
• Vogliamo riassumere a questo punto che cosa in concreto vuole Atene?
Dimezzamento dei 320 miliardi di debito, rate e rimborsi legati alla crescita dell’economia, stipendi minimi innalzati dagli attuali 536 a 751 euro mensili, basta con la flessibilità del mercato del lavoro imposta dalla Troika, elettricità, casa e trasporti gratuiti per i poveri, ripristino della tredicesima ai pensionati che ricevono un assegno inferiore ai 700 euro, assistenza sanitaria gratuita anche per il milione di disoccupati che non ne ha più diritto, abrogazione della tassa sulla casa (sostituita da una mega patrimoniale sugli immobili di lusso), esenzione dalle tasse per chi sta sotto i 12 mila euro di reddito (invece che sotto i 5 mila euro), stop ai pignoramenti, rateizzazione dei 77 miliardi di tasse arretrate, creazione attraverso investimenti pubblici di 300 mila posti di lavoro…
• Ci sono i soldi per fare tutto questo?
No, e le risposte che arrivano dal Nord sono per ora piuttosto secche. Qualcosa, naturalmente, potrebbe essere concesso, ma, a quel che si capisce, davvero poco rispetto alla piattaforma greca. Prima di tutto, anche se è più spettacolare la contrapposizione con la cattiva Germania, l’interlocutore di Tsipras e di Kammenos non sta a Berlino, ma al tavolo della famigerata Troika, cioè Fmi-Ue-Bce. La Lagarde, direttore generale del Fondo Monetario, ha dichiarato già ieri che i greci si illudono. «Escludo che si possa riservare un trattamento speciale al debito greco. Ci sono regole all’interno dell’area euro che vanno rispettate. Atene deve completare le sue riforme, dalla raccolta delle tasse alla riduzione degli arretrati giudiziari. Non è questione di austerità: queste sono riforme profonde che vanno realizzate». Uno degli uomini più vicini alla Merkel, l’economista Philipp Missfelder, ha detto a sua volta: «Tsipras mi sembra un populista che ha usato gli umori contro le riforme, non un pragmatico. Farà pressing sulla Ue, ma senza successo: non può ignorare la realtà economica del suo paese. C’è pochissimo margine di manovra. Se cediamo a lui come convinciamo Spagna, Portogallo, Italia e Francia a fare quel che devono?». Dichiarazioni dello stesso tenore sono state fatte dai finlandesi («ristrutturare il debito greco? Non se ne parla proprio» ha detto il loro premier), mentre si sa che più del 60% dei tedeschi non vuole sentir parlare di favori alla Grecia.
• Potrebbe finire con l’addioa della Grecia all’euro?
Persino intorno a Tsipras ci sono economisti secondo i quali questa sarebbe la cosa migliore da fare. È il punto su cui Tsipras incentra tutta la sua manovra: la convinzione che alla fine i tedeschi e gli altri avranno troppa paura di un’uscita e di un possibile avvio dello sfaldamento dell’area euro. Piuttosto – pensa Tsipras – ci concederanno molto di quello che chiediamo.
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