26 maggio 2013
Alla Lazio il derby di Coppa: 1-0 e festa biancoceleste
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
In mezzo alle cinquecento e passa elezioni comunali che vedono impegnato oggi e domani il Paese, c’è una consultazione referendaria, a Bologna, che rischia di avere effetti più dirompenti della consultazione amministrativa: si tratta di stabilire se il Comune ha il diritto o no di finanziare la scuola d’infanzia privata e paritaria. Il quesito spacca non solo lo schieramento politico tradizionale (destra/sinistra, cattolici/laici) ma divide ancora di più il partito democratico e i suoi alleati. La città è governata da Pd e Sel insieme, e in questo frangente il sindaco Valerio Merola vuole che il finanziamento rimanga mentre il capo di Sinistra e Libertà, Nichi Vendola, sta con chi il finanziamento vuole abolirlo.
• Non si tratta alla fine di una bega locale? Magari a Bologna non potranno dare soldi alle scuole private e a Firenze invece sì.
Ha citato a proposito Firenze. Ieri Matteo Renzi è andato a Bologna e s’è schierato col sindaco, cioè è d’accordo che il Comune dia soldi alle scuola paritaria dell’infanzia. Quanto alla questione se si tratti di faccenda locale della quale faremmo meglio a non occuparci, le rispondo che sul piano generale quello di Bologna è solo un momento della lotta che la Chiesa conduce dal giorno del Concordato in poi per mantenere una presenza importante nel mondo dell’educazione. Le ricordo che sul finanziamento alla scuola materna cadde, negli anni Sessanta, un governo Moro. Dico anche che, vincendo i referendari a Bologna, la giunta andrebbe in crisi e la questione sarebbe subito portata a livello nazionale, con conseguenze imprevedibili sulla tenuta del governo. Guardi gli schieramenti: agli ordini di Stefano Rodotà, vogliono abolire il finanziamento comunale alle scuole paritarie per l’infanzia il Movimento 5 Stelle, la Sel, la Fiom (la cui vocazione a farsi partito è sempre più chiara) con l’aggiunta di CasaPound. Cioè lo schieramento che, da sinistra (lasciamo stare Casapound), si oppone anche all’alleanza nazionale Pd-Pdl. Sull’altro versante, Pd, Pdl, Lega, Udc, Curia, Cl, Cisl, cooperative bianche e rosse, commercianti, cioè l’insieme dei governativi. Tra questi metto anche il Pd e le faccio però notare che il segretario, Guglielmo Epifani, per ora non ha fatto sul punto una sola dichiarazione Altro elemento di imbarazzo: le leggi nazionali che regolano i finanziamenti alla scuola paritaria sono prodotto dell’attività politico dell’allora ministro Luigi Berlinguer e dell’allora premier Romano Prodi. Il sistema bolognese obbedisce infine, a un’organizzazione che fu voluta dallo stesso Bersani, quando era presidente della Regione. Per i democratici c’è da mettersi le mani nei capelli.
• Di quanti soldi e di quante scuole stiamo parlando, relativamente a Bologna?
Di poco più di un milione di euro l’anno. Le scuole dell’infanzia parificate che ricevono questi soldi sono 27. Di queste 27, 25 sono cattoliche. La retta che i genitori pagano mediamente è di 600 euro l’anno.
• Con quale argomento i referendari vogliono abolire questo contributo?
L’articolo 33 della Costituzione, terzo comma: «Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato».
• Sembrerebbe un testo indiscutibile.
Gli antireferendari, e non da oggi, rispondono con due argomenti. Primo argomento: il concetto di "Stato" deve intendersi in senso lato, anche in ottemperanza al principio di “sussidarietà” introdotto con la riforma del titolo V della Costituzione. L’articolo 118 prevede, tra l’altro, che il cittadino, sia come singolo sia attraverso i corpi intermedi, collabori alla realizzazione degli obiettivi della mano pubblica. La cui definizione si allarga in questo modo anche agli organismi che sussidiano (cioè sostituiscono) l’attività dello Stato e degli Enti Locali. Quindi "Stato" in questa nuova accezione è non solo la scuola pubblica, ma anche quella paritaria, quella cioè che offre un servizio identico a quello della scuola pubblica (servizio che viene controllato, oltre che finanziato). Il secondo argomento si basa sulla definizione di “onere”. Gli antireferendari sostengono che “onere” non coincide con “finanziamento”. Che accade infatti se, finanziando le scuole per l’infanzia paritarie, si risparmia? Che per lo Stato, grazie a quel finanziamento, ci sono meno oneri e il dettato costituzionale è rispettato. Sembra il caso, preciso, di Bologna: il milione e passa che il Comune mette a disposizione delle 27 scuole rappresenta il 2,8% dello stanziamento complessivo per la scuola. Ma va a servire il 21% dei bambini di Bologna. Dunque, se il finanziamento sarà abrogato, o il servizio svanirà o gli oneri per il Comune saranno più pesanti e l’articolo 33 della Costituzione disatteso.
• Posso dire che mi sembrano fenomenali arrampicamenti sugli specchi? Acrobazie interpretative?
La legge non si interpreta? I referendari dicono di no, e vogliono stare alla lettera della norma. Ma in altre occasioni, e non da poco, dicono di sì, che la legge si interpreta, si adatta ai nuovi contesti sociali, si rinnova grazie all’attività della giurisdizione. Non c’è una formidabile attività interpretativa quando si tratta di processare una trattativa stato-mafia in cui non sono neanche ben circoscritti i reati eventualmente commessi e i soggetti imputabili? Non è il frutto di una geniale interpretazione creativa il “conocrso esterno in associazione mafiosa”, la cui lettera è del tutto assente da nostri codici? O ci vorrà una norma, diciamo così “terza”, che stabilisca quando la legge scritta sia interpretabile e quando no?
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