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 2011  gennaio 22 Sabato calendario

In Italia

Il Presidente della Repubblica è Giorgio Napolitano
Il Presidente del Senato è Renato Schifani
Il Presidente della Camera è Gianfranco Fini
Il Presidente del Consiglio è Silvio Berlusconi
Il Ministro degli Interni è Roberto Maroni
Il Ministro degli Esteri è Franco Frattini
Il Ministro della Giustizia è Angelino Alfano
Il Ministro di Istruzione, università e ricerca è Mariastella Gelmini
Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali è Maurizio Sacconi
Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze è Giulio Tremonti
Il Ministro della Difesa è Ignazio La Russa
Il Ministro dello Sviluppo economico è Claudio Scajola
Il Ministro delle Politiche agricole è Giancarlo Galan
Il Ministro di Infrastrutture e trasporti è Altero Matteoli
Il Ministro della Salute è Ferruccio Fazio
Il Ministro di Beni e Attività culturali è Giancarlo Galan
Il Ministro dell’ Ambiente è Stefania Prestigiacomo
Il Ministro dell’ Attuazione programma di governo è Gianfranco Rotondi (senza portafoglio)
Il Ministro della Gioventù è Giorgia Meloni (senza portafoglio)
Il Ministro delle Pari opportunità è Mara Carfagna (senza portafoglio)
Il Ministro di Pubblica amministrazione e Innovazione è Renato Brunetta (senza portafoglio)
Il Ministro dei Rapporti con il Parlamento è Elio Vito (senza portafoglio)
Il Ministro di Rapporti con le Regioni e Coesione territoriale è Raffaele Fitto (senza portafoglio)
Il Ministro delle Riforme per il federalismo è Umberto Bossi (senza portafoglio)
Il Ministro della Semplificazione normativa è Roberto Calderoli (senza portafoglio)
Il Ministro di Sussidiarietà e decentramento è Aldo Brancher (senza portafoglio)
Il Ministro del Turismo è Michela Vittoria Brambilla (senza portafoglio)
Il Governatore della Banca d’Italia è Mario Draghi
Il Presidente della Fiat è John Elkann
L’ Amministratore delegato della Fiat è Sergio Marchionne
Il Presidente della Rosa per l’Italia è Savino Pezzotta
Il Segretario Nazionale dei Popolari per il Sud è Clemente Mastella

Nel mondo

Il Papa è Benedetto XVI
Il Presidente degli Stati Uniti d’America è Barack Obama
Il Presidente del Federal Reserve System è Ben Bernanke
Il Presidente della BCE è Jean-Claude Trichet
Il Presidente della Federazione russa è Dmitrij Medvedev
Il Presidente del Governo della Federazione russa è Vladimir Putin
Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese è Hu Jintao
La Regina del Regno Unito è Elisabetta II
Il Premier del Regno Unito è David Cameron
La Cancelliera Federale di Germania è Angela Merkel
Il Presidente della Repubblica francese è Nicolas Sarkozy
Il Primo Ministro della Repubblica francese è François Fillon
Il Re di Spagna è Juan Carlos I
Il Presidente del Governo di Spagna è José Luis Rodríguez Zapatero
Il Presidente dell’ Egitto è Hosni Mubarak
Il Primo Ministro di Israele è Benjamin Netanyahu
Il Presidente della Repubblica Turca è Abdullah Gül
Il Presidente della Repubblica Indiana è Pratibha Patil
Il Primo Ministro della Repubblica Indiana è Manmohan Singh
La Guida Suprema dell’ Iran è Ali Khamenei
Il Presidente dell’ Iran è Mahmud Ahmadinejad

Ieri il presidente cinese Hu Jintao ha concluso la sua visita negli Stati Uniti…

Ho già capito che oggi ci tocca ascoltare una lezione noiosa e con discorsi difficili, perciò la fermo subito e le domando: nella partita Usa contro Cina chi sta vincendo?
Io assegnerei per ora un punteggio di parità. Gli stessi giocatori non vogliono prevalere uno sull’altro. Per esempio la Cina ha nelle casse tanti dollari (titoli per 850 miliardi e un altro paio di miliardi in banconote) e se gli Stati Uniti entrassero definitivamente in crisi questo tesoro perderebbe valore e Pechino non avrebbe più un mercato al quale vendere le sue merci. Quindi la Cina ha un interesse concreto a una salute non troppo cagionevole dell’impero americano. A loro volta, gli americani hanno bisogno di qualcuno che li finanzi – qualcuno cioè che gli presti i soldi – e una Cina benestante è in questo momento un’ancora di salvezza. Ecco come si determina una prima situazione di pareggio. Il popolo americano vive poi meglio del popolo cinese e questo segna un punto a vantaggio degli Stati Uniti. Però l’America è in una fase di declino, mentre la Cina è in crescita tumultuosa, più o meno del 10 per cento l’anno. Quindi, pareggio.

E se si facessero la guerra, chi vincerebbe?
Questa domanda non va neanche pensata. Gli americani sono i maggiori compratori d’armi, quasi la metà di tutto il traffico è generato da loro. Un tempo si diceva che i due paesi si sarebbero affrontati militarmente intorno al 2015. Questa data, molto vicina, oggi non sembra invece così spaventosa. Un paese che arricchisce ha in genere meno voglia di far la guerra. La guerra è nemica del business. Nessuno è così pacifista come un finanziere.

Pure, mi sembra impossibile che tra i due non ci sia almeno concorrenza.
Una guerra c’è, e riguarda il valore della moneta cinese, che si chiama yuan o renminbi. Pechino tiene artificialmente basso il valore dello yuan e questo agli americani e agli europei non sta bene.

Perché?
Se una moneta viene venduta a poco, anche le merci rappresentate da quella moneta sono vendute a poco. Noi lo sappiamo bene: quando potevamo manovrare con la lira, svalutavamo (cioè toglievamo valore alla nostra moneta) per vendere di più all’estero, cioè per esportare. I cinesi fanno lo stesso. La loro moneta non si può comprare nelle borse del mondo (a parte Hong Kong da qualche mese e Wall Street da una settimana, dove però, escluse le aziende, le operazioni sono limitate al cambio massimo di 4000 dollari), così il prezzo dello yuan è fissato artificialmente a Pechino, artificialmente perché non obbedisce al normale ciclo di domanda e offerta. Se si potessero comprare yuan liberamente, la moneta cinese sarebbe molto richiesta, proprio perché è notoriamente sottovalutata del 20-40%. Ma, rivalutandosi la moneta cinese, crescerebbero i prezzi delle merci cinesi, cioè il Paese esporterebbe di meno, quindi produrrebbe di meno, quindi si riempirebbe di disoccupati. Sto, naturalmente, schematizzando.

Che cosa ci rimettono, con lo yuan forte, America ed Europa?
La concorrenza cinese è troppo avvantaggiata, lo yuan debole tiene alto il valore di dollaro e euro, quindi americani ed europei esportano meno di quello che potrebbero. Esportano meno soprattutto in Cina, perché il valore forte delle loro valute tiene alti, per loro, i prezzi delle merci americane ed europee. Merci che, con lo yuan così debole, i cinesi non si possono permettere. Obama ha chiesto a Hu Jintao, per l’ennesima volta, di liberare lo yuan o almeno di fissare un prezzo più alto per la sua valuta. Hu Jintao ha risposto che non è ancora il momento. Oggi quasi tutte le transazioni internazionali avvengono in dollari, il che dà agli Stati Uniti un grande potere. Pechino vuole che questo predominio tramonti e che in futuro si facciano affari, se non in yuan, almeno con una valuta nuova, risultato della media tra il valore di mercato dello yuan, quello dell’euro e quello del dollaro. Che armi ha Obama per persuadere il presidente cinese a far diversamente? Due armi, sostanzialmente: battere il chiodo dei diritti civili, calpestati in Cina. E la tecnologia americana, di cui Pechino, quando non riesce a copiarla, è affamata. Sui diritti civili Hu Jintao ha risposto che sì, molti passi sono ancora da compiere, ma questo passaggio del suo discorso è stato tagliato in Cina. Sulle tecnologie si tratta di negoziare e lo yuan basso è utile. Quando un’azienda si trasferisce laggiù (e lo yuan basso è attraente per delocalizzare), è costretta a rivelare tutti i suoi segreti, se no non la fanno lavorare. Pareggio, quindi, ma con i cinesi che appaiono tanto forti: l’ultima tappa di Hu Jintao è stata a Chicago. Dietro al presidente, c’erano 500 imprenditori cinesi pronti a investire negli Stati Uniti. Non troppi anni fa accadeva esattamente il contrario. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 22/1/2011]
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