Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
La situazione della falla petrolifera nel Golfo del Messico continua ad essere drammatica: in attesa di chiudere il buco con un tappo di cemento si è cercato di suturare la ferita con un tappo provvisorio fatto di fango, detriti e barite. Ma anche questo non ha funzionato. Adesso si proverà a segare il tubo danneggiato all’altezza della supervalvola e di «incappucciarla», poi collegare questo «cappuccio» a un nuovo tubo e aspirare il grosso del petrolio e del gas fino alla nave di appoggio in superficie. Ma serviranno almeno 4 giorni per poter iniziare....
• Che cosa si sperava di ottenere col primo tappo?
I tecnici della compagnia Bp hanno notato che i liquidi versati per arrestare il petrolio (22 tonnellate di fango e liquidi densissimi) stavano schizzando via insieme al greggio. E c’era il rischio che il tampone temporaneo potesse provocare danni duraturi e irreversibili alla tubatura, peggiorando il ritmo dello sversamento. Così dopo un’interruzione si è deciso di cambiare strategia.
• Quanto petrolio è finito in mare a questo punto?
La zona contaminata equivale a mezza Italia, 150 mila chilometri quadrati. Le stime più verosimili sostengono che dalla falla siano usciti tra i 12 e i 19mila barili di petrolio al giorno (corrispondenti a 2-3 milioni di litri). Nella migliore delle ipotesi in 36 giorni sono stati sversati in mare 432mila barili, circa 68 milioni di litri. Le autorità Usa hanno allargato di 20mila chilometri quadrati l’area del Golfo in cui è vietata la pesca. La Guardia Costiera ha richiamato a terra le 125 barche da pesca impegnate nelle operazioni di pulitura del greggio dopo che alcuni membri degli equipaggi hanno accusato vertigini, mal di testa e dolori al petto. I danni economici della catastrofe potrebbero aggirarsi intorno ai 100 miliardi di dollari. Per bloccare la falla e la marea di petrolio diretta verso le coste, Bp ha già speso mezzo miliardo. L’intero risanamento ambientale dovrebbe ricadere sulle sue spalle.
• Ho visto che però Obama è tornato in Louisiana.
Sì, e si è assunto la responsabilità di quanto è accaduto, ripigliando dal repertorio delle frasi celebri quattro parole di Truman: «The buck stops here», cioè «la responsabilità finale è mia». Obama ha garantito che la Casa Bianca è impegnata allo spasimo, che la Bp e i petrolieri in genere non la passeranno liscia, che l’oceano, per lui hawaiano, è sacro, che i 22 mila uomini spediti sul posto diventeranno 60 mila, che si farà di tutto per aiutare quelli che hanno perso lavoro a causa della catastrofe. Ha detto che questo è un «attacco diretto contro le nostre coste, contro gli americani, contro la nostra salute e il nostro futuro». S’è fatto fotografare mentre passeggia malinconico sulla spiaggia, poi mentre si accovaccia per raccogliere pezzi di catrame… Ma niente, i commentatori sostengono che il discorso è piaciuto poco.
• Come mai?
Il presidente non è stato capace di emozionarsi e di emozionare, cosa che riusciva benissimo a Clinton e Bush (Bush col megafono in mano a Ground Zero che parla col groppo in gola è ancora una scena memorabile). Pur nella difesa a tutto campo dell’Amministrazione, il presidente ha dovuto ammettere che non ci sono ancora abbastanza boe per fermare la marea nera: ce ne vorrebbero per mille chilometri. C’è poi il caso di Elisabeth Birnbaum, responsabile federale di Mineral Management Service, il ministero che autorizza le trivellazioni e dovrebbe tenere a bada i petrolieri. Obama aveva cambiato integralmente il gruppo dirigente già qualche mese fa, facendo capire che era formato da persone troppo amiche dei signori del greggio. La Birnbaum, nuova responsabile dell’amministrazione in questo settore, si sarebbe dimostrata, anche lei, troppo morbida. stata licenziata l’altro giorno. Lei e i suoi collaboratori, come ha riferito Massimo Gaggi, «avrebbero ignorato per anni gli avvertimenti sui rischi ambientali nel Golfo del Messico dei consulenti scientifici del governo. I funzionari avrebbero aggirato documentazioni pur di rispettare le scadenze federali per la concessione delle licenze e riscuotere gli incentivi, sia durante l’amministrazione Bush che in questa del presidente Obama».
• Che cosa si propone ancora di fare il Presidente, mentre i tecnici della Bp cercano di venire a capo della falla?
Tassare le compagnie petrolifere. Ieri la Camera dei Rappresentanti ha votato un provvedimento per quadruplicare le imposte su ogni singolo barile di greggio, portandole da 8 a 32 centesimi. Con questi soldi si finanzierà un fondo speciale per ripagare i danni della marea nera nel Golfo del Messico. L’obiettivo è raccogliere circa 12 miliardi di dollari in 10 anni. La situazione della falla petrolifera nel Golfo del Messico è questa: bisognerà chiudere il buco con un tappo di cemento, intanto si tenta di suturare la ferita con un tappo provvisorio fatto di fango, detriti e barite…
• Che cos’è la barite?
Un minerale di bario, molto duro, una specie di calcestruzzo. All’inizio sembrava che questo tappo provvisorio tenesse, ma, dopo ventiquattr’ore, s’è deciso di interrompere temporaneamente l’operazione, detta ”Top Kill”. I tecnici della compagnia hanno notato che i liquidi versati per arrestare il petrolio (22 tonnellate di fango e liquidi densissimi) stavano schizzando via insieme al greggio. Il rischio che il tampone temporaneo possa provocare danni duraturi e irreversibili alla tubatura, peggiorando il ritmo dello sversamento, c’è. Una risposta definitiva al problema dovrebbe arrivare oggi o al più tardi domani. Se il sistema del tappo non funzionerà, si tornerà all’idea della cupola di cemento, da calare in mare a 1.500 metri di profondità. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 30/5/2010]
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