Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Il Consiglio Superiore della Magistratura (Csm) ha sanzionato con estrema durezza il comportamento del giudice Luigi Tosti, che a Camerino s’è rifiutato per anni di tenere udienza perché ha considerato gravemente lesiva la presenza dei crocefissi nelle aule di tribunale. Si badi bene: “dei crocefissi” e non del singolo crocefisso che era appeso alla parete dell’aula dove si trovava lui. Non avendo tenuto udienza, il Csm ha ritenuto di espellerlo del tutto dalla magistratura. Del resto lo stesso Tosti, difendendosi da sé, aveva in qualche modo considerata logica questa conclusione: «O date ragione a me e rimuovete i crocefissi da tutte le aule di giustizia» aveva detto ai suoi giudici «oppure non potete fare altro che cacciarmi dalla magistratura». La disciplinare del Csm – che è l’organo di autogoverno dei giudici – ha scelto la seconda strada.
• Possibile? Rovinarsi la carriera, perdere lo stipendio per questo?
Dallo stipendio Tosti era sospeso fin dal 2006, dato che questa battaglia va avanti da un pezzo. E comunque, questo fiero assertore del diritto laico di non vedere simboli di nessun tipo nelle aule pubbliche (quindi neanche a scuola e neanche nei seggi elettorali), ha già detto che impugnerà il verdetto «prima davanti alle sezioni unite civili della Cassazione, poi, se sarà confermata una sentenza negativa, davanti alla Corte europea. Nessuno può essere obbligato a subire una violazione di diritti inviolabili né a violare quelli degli altri, e nemmeno il principio costituzionale supremo di laicità». Beh, comunque la si pensi, bisogna avere stima per quest’uomo: crede in qualcosa e, per non rinunciare ai suoi princìpi, paga di persona.
• Ma – ho capito bene? – lui non voleva semplicemente che il crocefisso fosse tolto dall’aula dove giudicava lui. Lui voleva che fosse tolto dalle aule di tutta Italia. Non è un’esagerazione? E se qualche suo collega, a decine di chilometri di distanza, non fosse stato d’accordo?
Dice Tosti: «La mia battaglia è per il rispetto del principio di laicità che in Italia è violato soltanto dalla religione cattolica, mentre tutte le altre religioni lo rispettano. Infatti gli unici simboli che ricorrono sono quelli della religione cattolica. Non abbiamo mai visto, ad esempio, simboli islamici o buddisti».
• Che dicono gli avversari di Tosti? E, prima di tutto, il Csm?
La faccenda ha avuto prima di tutto un rilievo penale. Tosti, in una prima fase, era stato accusato di omissione di atti di ufficio, condannato a sette mesi, ma poi assolto dalla Cassazione perché le udienze che si era rifiutato di tenere erano state giudicate da un sostituto. Non c’era questione di stipendio, perché gli era stato sospeso e lui stesso, anzi, aveva chiesto di non essere pagato, dato che non lavorava. Superato positivamente il versante penale del contenzioso, Tosti ha affrontato la disciplinare. E qui ha perso. Sentiamo Nicola Mancino, vicepresidente del Csm (di fatto il capo di quel consesso, dato che il presidente è il capo dello Stato): «Con l’intenzione di risolvere una questione di principio, il giudice Luigi Tosti s’era rifiutato di tenere udienza anche dopo che il presidente del tribunale gli aveva messo a disposizione un’aula senza il crocefisso, con ciò venendo meno all’obbligo deontologico e ai doveri assunti in qualità di magistrato che gli impongono di prestare servizio. Il Csm non è né la Corte costituzionale né la Corte europea; non doveva risolvere, e in effetti non ha risolto, la questione della legittimità o meno di tenere il crocefisso in un’aula giudiziaria».
• Già, ma perché teniamo il crocefisso nell’aula del tribunale?
Sono le solite disposiozioni amministrative contenute nelle due circolari del 1924 e del 1928, le stesse che ci fanno esporre la croce anche nelle aule scolastiche e nei seggi elettorali.
• Sì, adesso mi ricordo: c’è anche la signora finlandese che non vuole i crocefissi a scuola e l’Europa le ha dato ragione.
Le ha dato ragione, per l’esattezza, la Corte di Strasburgo (che non ha niente a che vedere con la Ue). Proprio ieri il sottosegretario Gianni Letta ha informato i giornalisti che contro quella sentenza il governo italiano ha presentato ricorso. La giurisprudenza dell’intera faccenda si basa alla fine su una sentenza del Tar del Lazio risalente al 2002 e che riguardava il crocefisso nei seggi elettorali: «Le leggi vigenti e la Costituzione non prevedono alcun divieto di esposizione del crocefisso e di oggetti sacri nei seggi elettorali e negli uffici pubblici in genere». Filosofia nuova, devo dire. Perché ognuno sa che nel privato tutto ciò che non è espressamente vietato è ammesso. Mentre, al contrario, nel pubblico tutto ciò che non è espressamente ammesso è vietato. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 23/1/2010]
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