Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
La settimana nel mondo è cominciata con un’impressionante lista di licenziamenti. Qualcuno ha fatto il conto e ha calcolato che si tratta di almeno 80 mila persone, messe in strada dalla mattina alla sera. Ecco un breve elenco. Caterpillar, macchine per il movimento terra, Stati Uniti: 20 mila dipendenti in meno. Philips, elettronica, Olanda: 6000. Texas Instruments: 3.400. Ibm: 2.800. Microsoft: 5.000. Sprint Nextel, operatore americano di telecomunicazioni: 8.000; Ericcson: 5.000; Motorola: 4.000 (che fanno 17.000 se sommati a quelli degli ultimi due anni); Tdk: 8.000: Hewlett Packard 24.600; Siemes: 16.750; Sony: 16.000…
• Basta, basta.
Le darò un dato consolante. Gli statistici hanno calcolato che nel 2008, in tutto il mondo, si sono persi 2 milioni e 600 mila posti di lavoro. Subito è stato osservato: è un dato terribile come quello del 1945, ultimo della guerra, quando i posti di lavoro perduti furono 2,75 milioni. Beh, non è vero, perché in questi calcoli si deve anche tenere conto dell’aumento della popolazione, che cresce poco più dell’1 per cento l’anno. Quindi siamo ancora molto lontani dalle cifre disastrose di fine-guerra. Si sente meglio?
• Per niente. E gli italiani?
Gli italiani soffrono. Ieri sono arrivati i dati relativi alla produzione industriale di gennaio. Sono tutti col segno meno, anche se il calo è inferiore a quello di dicembre su novembre. I dati sul commercio, in base alle percentuali comunicate dall’Istat, sono ugualmente preoccupanti: -4,3 per cento di vendite nei negozi, meno 0,8 nei supermercati, che è un risultato abbastanza fuori del comune perché le flessioni nella grande distribuzione sono rare. Il calo di tutto il comparto dovrebbe stare intorno al 3%. Sono andati giù anche gli hard discount, quelli dove si prende la roba scontata: -1,4. L’Istat ha diviso i risultati anche per categoria. I prodotti che vanno peggio sono quelli di cartoleria, i libri e i giornali. Territorialmente: il Sud va peggio del Nord. C’è stata flessione persino negli alimentari.
• La moda?
Tira la vita con i denti grazie ai contratti di solidarietà: invece di mandare in cassa integrazione o di licenziare un certo numero di dipendenti, le ditte fanno lavorare meno tutti e diminuiscono in proporzione gli stipendi. Nel 2008 hanno adottato la solidarietà 36 aziende medie (devono avere almeno 15 dipendenti). Media, ma non da poco: La Cucirini, il Linificio Canapificio Nazionale eccetera. La cosa ha riguardato 1.682 lavoratrici (in questo settore vengono impiegate soprattutto donne). soprattutto a questo comparto che pensa la Lega quando non vuol sentir parlare di aiuti all’auto.
• E’ sicuro che l’auto abbia bisogno di aiuti?
Ieri sera Marchionne, l’amministratore delegato della Fiat, è andato da Berlusconi per esporre la situazione. C’erano anche Tremonti, Scajola e Sacconi. Il punto è sostanzialmente questo: i francesi hanno manifestato l’intenzione di aiutare Renault e Peugeot-Citroën con 5-6 miliardi (per ora sono solo annunci). Gli spagnoli hanno tirato fuori 800 milioni, la Germania, oltre a un mucchio di altre cose, ti regala 2.500 euro se ti compri un’auto euro 4 o 5, gli inglesi hanno abbassato l’Iva. Senza aiuti – dice Marchionne (e Berlusconi in base a una dichiarazione dell’altro giorno è d’accordo con lui) – le auto italiane si troveranno in svantaggio rispetto alle concorrenti.
• Che male gliene viene ai tessili se lo Stato aiuta l’auto?
I soldi sono quelli e se li metti da una parte non li puoi mettere dall’altra. D’altra parte è vero che l’anno scorso gli incentivi alla rottamazione c’erano e il settore ha sofferto lo stesso. Epifani, il capo della Cgil, ha rilasciato una dichiarazione equilibrata e, una volta tanto, sensata: «La Lega pensa che non bisogna aiutare le grandi aziende, ma solo le piccole. una discussione di cui capisco il senso, ma che non tocca il cuore del problema. Se tu aiuti in maniera intelligente i settori in difficoltà, poi a cascata aiuti tutta la filiera». La vera questione è se l’auto e la società imperniata sull’automobile abbia ancora un futuro o no, in Italia e nel mondo. Solo che per cambiare modello di sviluppo ci vogliono decenni e i 60 mila posti di lavoro della Fiat e il milione dell’indotto sono a rischio adesso. Ieri, voci di corridoio riferivano che il governo sarebbe pronto a stanziare 300 milioni per una nuova rottamazione. Se la cifra è questa, tanto vale non far nulla. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 28/1/2009]
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