Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
I morti a Gaza sono forse 400, se accettiamo la cifra che ieri sera diffondeva Hamas. E i feriti almeno mille. Israele dice di aver colpito finora 240 obiettivi e che i morti tra i civili non sono più del 3% di tutti gli uccisi. Il restante 97% appartiene ad Hamas, l’organizzazione terroristica che governa la Striscia avendo vinto le elezioni del 2006 e che Israele vuole piegare. Quelli di Hamas fanno sapere che non si arrenderanno mai. Il ministro della Difesa Barack, dopo aver ribadito in una dichiarazione di ieri mattina che l’attacco durerà a lungo, ha comunicato che 6500 riservisti sono stati richiamati alle armi. La tv israeliana ha anche fatto vedere una fila di carri armati schierati sul confine meridionale: un attacco di terra è possibile, anche se agli invasori costerebbe parecchio in vite umane. Il quotidiano israeliano Haaretz, del resto, ieri ha spiegato in modo abbastanza convincente che Barack preparava l’attacco di Natale da almeno sei mesi.
• Il mondo non può fare niente?
Sia l’altro giorno che ieri ci sono state un mucchio di dichiarazioni, le quali, dopo aver espresso i soliti orrore e sdegno, si riducono a un solo concetto: smettete di sparare e sedetevi a un tavolo. In questo frangente, una banalità. Anche l’accorato appello del Papa («Imploro la fine della violenza…») lascia inevitabilmente il tempo che trova. Manifestazioni forti ci sono state poi in tutto il mondo arabo, con 80 mila persone riunite nello stadio di Sana’a nello Yemen, l’incendio della bandiera israeliana nell’aula del Parlamento giordano, la rottura da parte della Siria di una trattativa indiretta in corso con Tel Aviv per il tramite della Turchia, migliaia in corteo in Libano e Cisgiordania, eccetera eccetera. Tra tutte queste bisogna isolare, perché ci fanno intravedere qualcosa, le dichiarazioni di Abu Mazen.
• Chi è Abu Mazen?
E’ il presidente della Palestina, che non appartiene però al partito terroristico al governo (cioè Hamas) ma al partito moderato che fu di Arafat, cioè Al Fatah. Nel giugno del 2007 i miliziani di Hamas cacciarono con le armi – dopo una guerra civile di pochi giorni – le milizie del Fatah e lo stesso Abu Mazen, che si rifugiò con i suoi in Cisgiordania.
• Che cos’è la Cisgiordania?
E’ un pezzo di Palestina che non confina con Gaza. Dunque i palestinesi sono oggi distribuiti su due territori distanti: a Gaza gli estremistti, in Cisgiordania i moderati. In Cisgiordania ieri ci sono state manifestazioni di solidarietà verso i fratelli di Gaza e s’è persino vista sventolare, per la prima volta, la bandiera verde di Hamas. Però Abdel Rahman, portavoce del Fatah, ha accusato quelli di Hamas di aver fatto morire nelle carceri di Gaza, bombardate da Israele, i loro compagni prigionieri: «Li hanno tenuto chiusi in un unico locale, invece di liberarli, e così sono stati colpiti». Non è stato l’unico attacco della giornata ad Hamas. Il presidente Abu Mazen è andato in Egitto, a consultarsi con Mubarak, e in una conferenza stampa tenuta poi col ministro degli Esteri egiziano Ahmed Abul Gheit ha accusato quelli di Hamas di non permettere ai feriti di andare in Egitto a curarsi, benché il Cairo abbia aperto il valico di Rafah. Come sostengono molti commentatori, Hamas ha bisogno e spera che l’attacco israeliano sia il più sanguinoso possibile in modo da rinforzarsi politicamente presso la comunità internazionale. Abu Mazen ha anche dichiarato che i bombardamenti israeliani sono colpa di Hamas, che dal 19 dicembre non ha smesso di tirare razzi su Israele. Il Jerusalem Post, infine, ha scritto ieri che gli uomini di Abu Mazen sono pronti a tornare a Gaza e a riprendere il potere, e anzi istruzioni in questo senso sarebbero state date a tutti quelli del Fatah che si trovano ancora nella Striscia.
• Quindi ci sono dei palestinesi che, sotto sotto, tifano per il raid israeliano?
Il mondo arabo, dopo aver rilasciato doverose dichiarazioni assai dure contro Tel Aviv, spererebbe in un ridimensionamento serio di Hamas. Hamas sobilla e tiene in vita i fondamentalisti di tutto il mondo arabo. E nessun governo ama che in casa sua ci siano dei fondamentalisti.
• Cioè esiste la speranza di una trattativa che ponga fine al conflitto?
Quando Hamas sarà stata ridimensionata, qualunque cosa significhi questa parola. Una trattativa tra Abu Mazen e Israele è in corso da un anno e i punti di accordo già raggiunti sono davvero tanti. Ma a che serve siglare un accordo, se il governo del Paese è in mano ai terroristi? [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 29/12/2008]
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