Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Le ultime notizie sulla fame nel mondo sono queste: in un rapporto di nove pagine – riservato, ma finito sui giornali – l’Onu ammette di non saper bene come affrontare la crisi alimentare in corso. Per la prima volta nella storia sono infatti in difficoltà le popolazioni urbane e non quelle delle campagne, non ci sono quindi precedenti a cui ispirarsi per aiutare chi ha bisogno. Altra novità assoluta nella storia dell’umanità: il cibo c’è, ma non bastano i soldi per comprarlo. Tra le raccomandazioni contenute nel documento Onu c’è infatti anche quella di distribuire ai poveri denaro sufficiente per comprare riso o mais.
• E’ l’inflazione perfetta, quella di cui lei ha parlato ieri: i soldi ci sono, ma sono inutili.
Prodi ha scritto un bell’articolo su Repubblica in cui raccomanda di sbloccare subito i 500 milioni di dollari richiesti per l’emergenza dal Programma Alimentare delle Nazioni Unite. E di mettere in circolazione un altro miliardo e mezzo sollecitato dalla Fao. Nella stessa pagina in cui c’è l’articolo, si riprende dall’Independent la notizia, di cui noi avevamo parlato ieri, del blocco delle esportazioni di riso basmati da parte dell’India. Di riso basmati si nutrono un miliardo di persone. In India era arrivato a costare due euro al chilo, prezzi da mondo industrializzato. Gli indiani se lo tengono per non avere problemi all’interno, oltre tutto devono stare attenti a non fare una politica di calmiere sul prezzo, perché in quel caso si rivolterebbero i contadini. giù successo la scorsa estate, nell’Uttar Pradesh: i contadini hanno marciato contro i supermercati della catena francese Reliance Retail che facevano pagare la merce troppo poco.
• Ma allora non c’è speranza: quelli vogliono i soldi, questi altri devono mangiare...
E’, appunto, l’inflazione perfetta. Chiudendo le frontiere, gli indiani hanno trasferito il problema sulle popolazioni confinanti, che fino a ieri compravano da loro. Sembra particolarmente grave il caso del Bangladesh, dove il reddito medio è di 70 centesimi al giorno a persona (significa una ventina di euro al mese). Ma, in realtà, c’è tutta una fascia di Paesi in subbuglio e in quel rapporto Onu di nove pagine che citavo all’inizio sta scritto che la crisi dell’alimentazione ha l’aria di essere “strutturale”. Cioè, non ce ne libereremo almeno fino al 2025. In questo periodo di tempo il numero di affamati – dicono le Nazioni Unite – è destinato a crescere di 600 milioni di persone rispetto alle previsioni. Sono cifre tremende, e lei deve oltre tutto considerare che in casi come questi i politici scrivono le loro valutazioni con prudenza.
• C’è un imputato preciso, qualcuno che si può condannare per quello che sta succedendo? Non che serva a qualcosa, ma per capire.
La Cina e l’India, che sono usciti dalla fame, non possono essere accusati. Uscire dalla fame, raggiungere un minimo di benessere non può e non deve essere una colpa. Ieri Prodi ha messo sotto accusa i biocarburanti, cioè la sottrazione di terreno alle colture per l’alimentazione in favore della coltivazione delle pannocchie da cui si estrae etanolo. Prodi non l’ha citato, ma qui il problema è magnificamente fotografato da Patrick Chappatte, il vignettista dell’Herald Tribune, che fa vedere un riccone alla pompa di etanolo con la sua macchina, mentre due disgraziati morti di fame gli chiedono l’elemosina. Il riccone si volta dall’altra parte dicend «Non ho tempo adesso. Sto salvando il pianeta».
• Non l’ho capita.
L’etanolo sarebbe un ripiego ecologico alla crisi del petrolio. Quindi «salverebbe il pianeta». Senonché c’è una corrente di pensiero secondo la quale per estrarre un tot di energia dalle pannocchie ci vuole un 30 per cento di energia in più: spendo 130 per comprare 100! Ma questo è un dato non ancora accertato. invece sicuro che un solo pieno di etanolo in un Suv brucia una quantità di grano che sarebbe sufficiente a nutrire una persona per un anno. Questo per dirle come tutti i problemi sono intrecciati uno con l’altro.
• Che si può fare?
Guardando al passato, verrebbe da dire: se tu hai il grano e non me lo dai a nessun prezzo, ti faccio la guerra. I soldi che non servono adesso a comprare il cibo, sono però serviti e servono ancora adesso a comprare armi. La Cina ha comprato armi a tutto spiano, negli ultimi anni. E i granai dell’India sono pieni. Poi ci sarebbe l’altra strada, più lunga, più difficile e che riguarda prima di tutto noi: cambiare stile di vita, mangiare meno bistecche, risparmiare carburante. Tenere a freno i desideri. Ci credo poco. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 14/4/2008]
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