Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Anche se ha occupato poco più di un minuto dei telegiornali, grande impressione ha suscitato l’intervista al padre palermitano che ha strangolato il figlio autistico. Senza piangere, e con una calma piena di disperazione, Calogero Crapanzano ha raccontato al cronista stupefatto, e incapace quasi di far domande, la sua tragedia...
• Che cosa è successo?
Crapanzano è un maestro elementare di 60 anni, magro, con un gran paio di occhiali. Aveva questo figlio autistico di 26 anni, Angelo, impazzito a due anni forse a causa di una meningite. I problemi posti da questo ragazzo non si possono neanche raccontare. Il padre a un certo punto se n’è andato in pensione per accudirlo, s’era fatto interamente carico del problema, la notte si portava il figlio a dormire nel letto grande, da cui se n’era andata la moglie, sfinita da quella presenza. Il matrimonio era stato distrutto da Angelo. Il quale aveva la mania di smontare e rimontare ogni sorta di meccanismo, dal citofono ai quadri elettrici. Sabato scorso gli è presa col condizionatore d’aria. Voleva assolutamente che il padre lo tirasse giù e lo smontasse.
• Sabato, a Palermo, è stato uno dei giorni di caldo impossibile, vero? In che rione stava la famiglia?
Non è una famiglia ricca, vivevano a Bonagia, un quartiere-dormitorio. Sì, era uno dei giorni del gran caldo. Calogero ha provato a spiegare al figli «Come te lo smonto il condizionatore? Ossia, te lo posso pure smontare, ma come te lo rimonto, dopo? Angelo, con questo caldo...». Bisogna sapere che il figlio era un ragazzo forte e che, nei momenti di furore, picchiava la madre e il padre oppure tentava di ammazzarsi...
• Ma i genitori non s’erano mai rivolti a una struttura specializzata, che so, un ospedale, qualcosa?
Calogero dice di sì, e sostiene che nessuno gli aveva mai dato ascolto. Quando andava a chiedere aiuto, gli davano una medicina, cioè uno psicofarmaco, cioè un calmante. Dopo aver ammazzato il figlio, ha detto: «Sono stato lasciato solo, non sapevo che fare». In ogni caso, sabato pomeriggio Angelo dava in escandescenze perché voleva assolutamente che il padre smontasse il condizionatore. Il padre allora gli ha detto: «Facciamoci una passeggiata, va, e dopo smontiamo il condizionatore». Sono saliti in macchina, sono andati a Gibilrossa, dove c’è un bel panorama. Il figlio però non si calmava, continuava a strillare. Il padre allora ha aperto un cassetto che stava sotto al cruscotto e ha preso un cavetto di metallo, di quelli che servono quando bisogna farsi trainare l’automobile. Lo ha messo al collo del figlio. Ha cominciato a stringere. Ha detto poi: «Volevo solo calmarlo, soffocarlo quel tanto che bastava a farlo smettere». Invece, non si è fermato.
• Ha tentato di scappare, dopo?
No. Ha aperto la portiera dal lato del figlio, ha tirato giù il corpo dalla macchina, ha aperto la porta di dietro, ha adagiato il cadavere sul sedile posteriore. Non so come abbia fatto, un uomo minuto, a far tutto da solo. Il pubblico ministero ha pensato che deve aver avuto per forza vicino qualcuno che lo ha aiutato. In ogni caso, ha portato il figlio morto fino alla stazione dei carabinieri. Ha fermato la macchina, è sceso, è entrato dentro, ha detto al carabiniere di guardia: «Ho ammazzato mio figlio, il cadavere sta in macchina». I carabinieri l’hanno arrestato e messo all’Ucciardone per due giorni. Poi il magistrato, Donatella Puleo, ha giudicato che potesse tornare a casa, in attesa del processo. chiaro che non ripeterà il delitto, non occulterà le prove, non scapperà. Ha anzi voluto partecipare al funerale, ieri. Appena uscito di galera questa è stata la sua ossessione: seppellire degnamente Angelo nel cimitero di Favara, il paese da cui viene la famiglia.
• Che cosa si sa di questa malattia, l’autismo?
Poco. Angelo, al culmine della crisi, in macchina, aveva preso a mordersi le mani. Questo è tipico, voglio dire il comportamento autolesionistico. In termini semplici, si può dire che la persona autistica è fissata, spesso sta zitta, ripete sempre le stesse cose, vive in un mondo suo dal quale è difficile farlo uscire, è ossessionato dall’ordine o, come nel caso di Angelo, dai meccanismi. Queste apparenze possono certe volte nascondere grandi intelligenze o grandi abilità, anche artistiche. Si è sostenuto, a vario titolo e con argomentazioni anche brillanti, che fossero autistici Einstein o Picasso. Il giocatore di scacchi molto bravo può essere portatore di problematiche autistiche. La componente genetica è probabile: nei genelli omozigoti, se uno è autistico lo è spesso anche l’altro. Le regioni cromosomiche imputate del male forse sono state individuate e vengono studiate attivamente. Ma la soluzione del mistero è ancora lontana. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 28/6/2007]
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