Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Il massacro di San Marco in Lamis
Ieri mattina, verso le dieci, nei pressi della vecchia stazione di San Marco in Lamis, provincia di Foggia, statale 272. C’è un Maggiolone blu, fermo, con due persone a bordo. Poco distante c’è un Fiorino bianco, fermo anche lui e anche lui con due persone a bordo. Arriva una terza macchina, di cui non conosciamo ancora le caratteristiche. Si avvicina al Maggiolone, si blocca, si aprono le portiere, ne escono probabilmente due uomini, si avvicinano al Maggiolone, impugnano un kalashnikov e un fucile da caccia calibro 12. Sventagliata di proiettili e i due del Maggiolone sono ammazzati all’istante. I killer si voltano verso il Fiorino Bianco, ma il Fiorino bianco ha acceso il motore ed è scappato via. Gli assassini salgono di corsa sulla loro vettura e si gettano all’inseguimento. Il Fiorino Bianco è raggiunto dopo cinquecento metri. Il commando lo costringe a fermarsi, quindi gli uomini armati scendono e freddano senza esitare quello che stava alla guida. L’altro fugge nei campi, ma è inseguito e ferito a morte. Spirerà più tardi all’ospedale di San Severo.
• Nomi e cognomi.
I due del Maggiolone sono Mario Luciano Romito, 50 anni, un malavitoso del posto che le cronache qualificano come «boss», e suo cognato Matteo De Palma, che gli faceva da autista. La primissima ricostruzione del contesto mostra che i Romito erano in guerra con i Li Bergolis (o Libergolis), e l’eccidio di ieri mattina andrebbe dunque inquadrato in questa faida. I Romito e i Li Bergolis erano un tempo alleati (contro il clan Alfieri-Primosa), ma nel processo per la mafia del Gargano, che andò a sentenza il 7 marzo del 2009, risultò evidente che un fratello di Mario Luciano Romito, di nome Franco, era stato un confidente dei carabinieri, non a caso assolto in procedimenti che lo avevano visto imputato di associazione mafiosa, traffico di droga e duplice omicidio. Questo Franco Romito era così intimo dell’Arma da aver addirittura preso parte, con una pettorina dei carabinieri, a dei posti di blocco, e in questo modo i carabinieri erano riusciti a identificare rapidamente i criminali fermati. Franco Romito aveva anche fatto piazzare delle microspie nella masseria di Manfredonia dei Li Bergolis, e poi li aveva fatti parlare e descrivere i delitti e le estorsioni.
• Quello che a Roma si direbbe «un infame».
Già. Franco Romito fu ucciso un mese dopo la fine del processo, quaranta colpi di mitra e lupara sul viale degli Eucalipti, a Siponto (siamo sempre dalle parti di Mandredonia). L’anno dopo mandarono all’altro mondo il figlio suo Michele, di 23 anni. La Capitanata è in questo momento una terra di sangue. Dal 1° gennaio ci sono stati 17 morti ammazzati. Oggi arriva a Foggia il ministro Marco Minniti, per presiedere una riunione del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica. Presente anche il governatore Emiliano.
• E quelli del Fiorino bianco?
Due poveri fratelli contadini, che hanno avuto il torto di assistere all’eccidio. Luigi e Aurelio Luciani, 47 e 43 anni, da San Marco in Lamis. Sul loro Fiorino i carabinieri hanno trovato gli attrezzi che si adoperano per coltivare la terra o raccogliere le verdure. Non avevano niente a che fare con nessuna mafia, ma avevano assistito al delito e sono stati messi a tacere.
• Che criminalità è questa del foggiano?
Attingiamo alle notizie che ne ha dato Gianni Santucci sull’ultimo numero de “La Lettura”. «La “Società foggiana” nacque negli anni Ottanta, si parla di una riunione fondativa tenuta da Raffaele Cutolo nel 1979 a Lucera, che in realtà ha avuto poco peso, perché i foggiani sono storicamente chiusi. Pronti a fare affari con le altre mafie, ma sempre autonomi. Nei decenni si sono trucidati in sette guerre di criminalità, ma hanno sempre contato sul fatto che all’Italia (politica, opinione pubblica, giornali e Tv nazionali) di loro non è mai fregato niente. Dopo Camorra, Cosa nostra e ’Ndrangheta, la Quarta mafia è la “Società”. E allora bisogna guardarla così, Foggia, 150 mila abitanti, 630 mila con la provincia: economia oppressa dalle estorsioni; società civile piegata dall’omertà e dalla paura [...] un cimitero di morti ammazzati, oggi imbandierato di rosso e nero per la promozione della squadra di calcio in Serie B, un cimitero sul quale galleggiano poca commozione, la certezza di prossime vendette, il disinteresse del Paese». Prendendo a campione solo gli ultimi due anni: «Foggia città, settembre 2015-giugno 2017: 5 omicidi e 7 tentati omicidi. Zona di San Severo, settembre 2015-luglio 2017: 11 omicidi e un tentato omicidio. Cerignola, pochi fatti di sangue, resta la base italiana delle rapine ai portavalori e ai caveau: a Foggia, nel 2014, per l’assalto al deposito della NP Service vennero usati 19 mezzi tra camion, caterpillar e benne da cantiere.
• Quella di ieri sembra soprattutto mafia del Gargano.
Scrive Santucci: «Infine, il Gargano: tra aprile 2015 e luglio 2017, 9 omicidi e 3 agguati quasi mortali. Questa è zona dei “montanari”, killer con la fama di infallibili, gli “scomparsi” finiscono a pezzi nelle mangiatoie dei porci. Estorsioni e droga; controllo delle coste. In passato la violenza era riservata all’inverno, per non increspare l’economia del turismo, che viene taglieggiata senza pietà. Ma l’ultimo cadavere, quello di Omar Trotta, 31 anni, pregiudicato, è stato raccolto dentro il suo locale a due passi dalla cattedrale di Vieste, alle 14 del 27 luglio 2017: colpi di pistola in mezzo ai turisti».
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