Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Gli americani accusano Fca - cioè la Fiat-Chrisler - di aver montato un software su certe sue automobili capace di falsare i dati sulle emissioni. Qualcosa, si direbbe, che somiglia al caso Volkswagen del settembre 2015. Marchionne però respinge le accuse e dice che la storia Fca non ha niente a che vedere con quella della casa automobilistica tedesca.
• Intanto lei, con la sua solita superficialità, dice «gli americani». Che cosa s’intende, esattamente, per «americani»?
Fin dai tempi di Nixon, gli americani dispongono di un’Agenzia per la Protezione Ambientale, detta anche Epa, acronimo di (United States) Environmental Protection Agency. Adesso la guida una donna, Gina McCarthy. L’Epa bada che tutte le numerosissime leggi americane sull’ambiente siano applicate dagli industriali. Per quello che riguarda le automobili, gli americani obbligano i costruttori a montare a bordo un software che misuri le emissioni. Non conosciamo ancora le accuse nel dettaglio, ma l’imbroglio Fca - ammesso che l’Epa abbia ragione - dovrebbe risiedere in questo sofware. Ieri intanto in Borsa il titolo ha perso il 16% (a Wall Street l’11), dopo essere stato sospeso dalla trattazione per quasi tutta la giornata. Anche il titolo Exor è andato giù del 9%. Exor è la finanziaria degli Agnelli che possiede il 29,15% di Fca. Quanto basta per controllarla.
• Che cosa può succedere a Marchionne?
La legge (eventualmente) violata è il Clear Act, che riguarda le norme sulle emissioni. Le macchine che secondo l’Epa avevano montato il software farlocco sono 104.000. Per ogni veicolo, ove Fca avesse torto, è prevista una multa di 44.539 dollari. 44.539 per 104.000 fa 4 miliardi e seicento milioni. Marchionne ha detto: «Fca sopravviverà anche se le dovesse essere comminata una multa di 4,6 miliardi di dollari».
• Sembra quasi, sotto sotto, un’ammissione di colpevolezza.
No, il grande manager ha detto di essere «molto arrabbiato, nessuno è così stupido da usare un software truccato». L’Epa dice: Fca ha schivato le regole ed è stata scoperta. Non comunicare l’esistenza di un software che influisce sulle emissioni di un’auto è una seria violazione della legge. Tutte le case automobilistiche devono giocare secondo le stesse regole. Ancora una volta una casa automobilistica ha schivato le regole ed è stata scoperta. L’Epa e le autorità della California si sono impegnate a rafforzare i test dopo il casi Volkswagen, e questo è il risultato». Marchionne ha risposto: «Dialoghiamo con l’Epa da più di un anno. Non c’è nulla in comune con il caso Volkswagen. È curioso e spiacevole che l’Epa abbia deciso di affrontare il caso così pubblicamente. Auspichiamo di poter avere quanto prima la possibilità di incontrare l’enforcement division
dell’Epa
(comitato esecutivo - ndr) insieme con rappresentanti della nuova amministrazione per dimostrare che le strategie di controllo di Fca sono giustificate e pertanto non costituiscono defeat device
(impianto di manipolazione) in base alla normativa e risolvere prontamente la questione». Il richiamo alla «nuova amministrazione», cioè Trump, potrebbe indurre a qualche maliziosità, ma è corretta: il capo dell’Epa è equiparato a un ministro. • Marchionne e Trump sembravano andare d’accordo.
Marchionne aveva annunciato investimenti in America per un miliardo entro il 2020, con la creazione di duemila posti di lavoro. Trump aveva pubblicamente ringraziato. Quindi il clima sembrava ottimo. C’è però un punto: Fca costruisce il pickup Ram, che potrebbe essere uno dei modelli sotto accusa, in Messico, e Trump ha annunciato più volte che le aziende importatrici di automobili dal Messico dovranno pagare dazi molto alti. Su questo Marchionne ha detto: «Non prendiamo decisioni affrettate, aspettiamo la legge e poi vedremo». I modelli messi sotto accusa dall’Epa sono quelli dotati di motore tre diesel costruiti fra il 2014 e il 2016.
• Com’è finito il caso Volkswagen?
Lo scorso giugno la casa tedesca è stata condannata a risarcimenti per 15 miliardi, risultato di una class action. Col governo, che era partito minacciando una multa di 18 miliardi, s’è raggiunto un accordo per 4,3 miliardi. Considerati i costi di finanziamento, la liquidità della Volkswagen ne uscirà prosciugata. Anche i tedeschi, sulle prime, tentarono di negare che ci fosse un pasticcio. Ma dopo un paio di giorni furono costretti ad ammettere: avevano montato centraline che capivano quando la macchina era parcheggiata in laboratorio per il test e in quel caso rispondevano con i numeri giusti. L’International Council on Clean Treatment (Icct) li fregò andando a fare i test, invece che al chiuso, in strada.
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