Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Il ritorno di Marino è durato ventiquattr’ore, ieri a Roma si sono dimessi 26 consiglieri comunali e questo ha provocato automaticamente la caduta della giunta e la fine della consiliatura. Il prefetto Gabrielli, forse già oggi o lunedì, nominerà un commissario (Frattasi?) al quale spetterà il compito di governare la città, in regime di ordinaria amministrazione, fino alle elezioni. Renzi starebbe pensando a un unico election day per giugno. Marino, nella conferenza stampa in cui ha orgogliosamente difeso il suo operato, ha parlato di «ventisei accoltellatori e un unico mandante».
• Quelli del Pd si sono dimessi tutti? Senza spaccature?
Senza spaccature. Ma 19 dimissioni non bastavano e così hanno completato la squadra dei cosiddetti accoltellatori Svetlana Celli - che metto al primo posto perché era entrata in Campidoglio proprio grazie alla “Lista Marino sindaco” (gli altri quattro componenti della Lista non l’hanno seguita) -, Roberto Cantiani (Ncd), Daniele Parrucci (Centro democratico), Ignazio Cozzoli e Francesca Barbato (fittiani, già alemanniani), Alessandro Onorato della Lista Marchini e lo stesso Alfio Marchini, che s’è precipitato da Milano dichiarando «Per Roma faccio questo e altro». Mentre gli accoltellatori si presentavano, sul portone di via del Tritone è apparso il cartello “Oggi è morta la democrazia”, affisso da quelli di Sel che non hanno partecipato alle dimissioni in massa. La procedura di queste dimissioni merita qualche ulteriore riga di racconto. I gruppi consiliari risiedono in via del Tritone 142, quinto piano. Presenze istituzionalmente indispensabili per la cerimonia di ieri quella della presidente dell’assemblea Valeria Baglio e del notaio. All’una dopo pranzo sono arrivatii Cecilia Fannunza, Michela De Biase e Fabrizio Panecaldo, del Pd. Poi, via via, gli altri. Ma non i due fittiani ex alemanniani Cozzoli e Barbato, che hanno chiesto di depositare le loro dimissioni al Palazzo Senatorio per non mischiare le loro firme con quelle dei dem. Questo micro-episodio dice qualcosa sul piano politico.
• Il Pd romano ha forzatamente dovuto cercare voti a destra. Diciamo.
È uno dei punti deboli della linea scelta dal duo Renzi-Orfini. L’altro punto debole, ancora più debole, è che comunque la si pensi Marino ha ragione quando dice che s’è voluto evitare un dibattito franco, aperto e magari anche duro nella sede propria, cioè il consiglio comunale. È impossibile, per i vertici del Pd, sottrarsi a questa obiezione. Come mai il partito ha sfiduciato il proprio sindaco? Una risposta convincente e presentabile non ce l’ha nessuno.
• La questione degli scontrini. I magistrati gli hanno mandato un avviso di garanzia, ipotizzando il peculato e il concorso in falso in atto pubblico. Ancora ieri l’ex sindaco ha tenuto la notizia nascosta.
Il Pd non ha sempre sostenuto che si è innocenti fino all’ultimo grado di giudizio? E perché comportarsi in un certo modo con De Luca e in un altro con Marino? E poi via, la faccenda degli scontrini è un’inezia alla fine, che mostra casomai il lato Forrest Gump di quest’uomo. Con quello che s’è visto a Roma!
• Che cosa ha detto Marino in conferenza stampa?
Che lui avrebbe voluto spiegarsi ed eventualmente essere dimissionato in consiglio comunale. Poi ha fatto la lista dei propri meriti: aver risanato un debito del comune di 816 milioni, aver rimesso in riga i conti dell’Atac gravati da 874 milioni di debito tutti contratti dalla giunta Alemanno, aver liberato gli spazi davanti ai monumenti dai camion-bar e dai tavolini abusivi, aver chiuso la discarica di Malagrotta «che adesso magari qualcuno vuole riaprire», aver sviluppato col sistema degli eco-distretti la raccolta differenziata, aver riavviato i lavori della metro C («al nostro arrivo la talpa era stata addirittura smontata»), «proprio ieri sera abbiamo chiuso lo scandalo delle case della periferia affittate dal Comune per 3.950 euro al mese, le famiglie povere avranno d’ora in poi un buono con cui andare a stare dove vogliono». Il sindaco s’è arrogato anche il merito dello stadio della Roma, 1,3 miliardi di investimenti per cinquemila posti di lavoro. Allusiva la frase: «Abbiamo allargato i diritti per tutti e per tutte» che rivendica la registrazione in comune delle coppie gay sposate all’estero, un atto che il Consiglio di Stato ha cassato l’altro giorno proprio in riferimento all’iniziativa romana. Questa lista è adesso, naturalmente, nelle mani degli storici. Gli avversari di Marino potrebbero stilare un elenco altrettanto lungo di sbagli e omissioni. L’Osservatore romano, per esempio, è andato giù duro un’altra volta: «La vicenda sta assumendo i contorni di una farsa. Al di là di ogni altra valutazione resta il danno, anche di immagine, arrecato a una città abituata nella sua storia a vederne di tutti i colori, ma raramente esposta a simili vicende».
• Potrebbe l’alleanza Pd-destre che s’è vista ieri prefigurare un qualche accordo elettorale?
Sembrerebbe un asse momentaneo. Però, chi sa... L’ultimissimo sondaggio, realizzato da Piepoli, mostra che il M5S è saldamente in testa col 29% dei voti. Centro-sinistra e Centro-destra stanno al 20. Marino varrebbe addirittura il 17%.
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