Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Sulle nostre strade muoiono ogni giorno una ventina di persone, e non se ne parla ormai più, a meno che non provochino qualche ingorgo memorabile. Se invece un umano è ammazzato da un cinghiale, apriti cielo, titoloni, inchieste e comunicati a non finire, persino con qualche venatura polemica.
• Quanti italiani sono stati ammazzati dai cinghiali, quest’anno?
Che io sappia, due. Un pensionato di Iseo, lo scorso maggio, 72 anni. E l’altro giorno un altro pensionato di 77, in Sicilia. Tanto per restare al paragone iniziale: è possibile che entro la fine dell’anno gli italiani uccisi dai cinghiali diventino tre o quattro. I morti sulle strade si aggireranno invece di sicuro intorno ai seimila. Detto questo, è giusto drammatizzare la storia dei cinghiali, perché significa parecchie cose.
• Intanto dobbiamo riferire di queste due morti.
La vittima di Iseo, provincia di Brescia, si chiamava Severo Zatti. Ogni mattina trovava l’orto devastato dalle incursioni notturne di un cinghiale. Così, la notte del 22 maggio, è andato nel suo orto imbracciando un fucile. La mattina dopo l’hanno trovato morto dissanguato, vicino alla carcassa della bestia che era comunque riuscito ad uccidere. Della vittima di Cefalù (Palermo) sappiamo molto di più grazie alla moglie, che era presente al fatto, è rimasta ferita, ma non così gravemente, e ha potuto raccontare. L’uomo si chiamava Salvatore Rinaudo. Venerdì mattina era uscito con i suoi cani per andare a passeggio, e fuori dalla porta s’è trovato di fronte un branco di cinghiali. I cinghiali - per natura molto aggressivi - si sono subito precipitati addosso ai cani, Rinaudo s’è messo in mezzo per salvarli, e i cinghiali l’hanno buttato per terra, ferendolo a morsi. La moglie, Rosa: «Ho cercato di recuperare Salvatore, di tirarlo dentro. Mentre provavo a prenderlo e portarlo via sono stata aggredita anche io. Non ci sono parole per descrivere quello che ho visto».
• Che cosa capiamo da questo episodio?
I cinghiali della tragedia siciliana erano probabilmente femmine. Hanno finito quel poveretto a morsi, e anche la moglie, mentre tentava di salvare il marito, è stata morsa alle gambe e in pancia. Un cinghiale maschio, come ha spiegato l’etologo Enrico Alleva, «infila il muso sotto al corpo e lo scaglia verso l’alto: così, con quelle zanne che sono quasi scimitarre, può sventrare chi ha davanti, animale o uomo che sia». È quello che è accaduto a Iseo dove il cinghiale, evidentemente un maschio, ha infilato la sua zanna nell’inguine dell’uomo, recidendogli l’arteria. Questo cinghiale era solo, come è tipico dei maschi. Quelle in Sicilia erano invece in gruppo, come vivono appunto le scrofe, che stanno insieme anche in venti, capitanate dalla più anziana o più autorevole. I maschi invece sono bestie solitarie, s’avvicinano alle femmine quando queste vanno in estro, allora sono pronti a dar battaglia agli altri maschi e dopo che hanno vinto possono coprirne anche otto di fila. Alle femmine la voglia gli viene tutte insieme. È difficile che un maschio con meno di cinque anni possa riuscire a prevalere nella battaglia per la monta.
• Gli animalisti che dicono?
Sulla faccenda dei cinghiali, sono in dubbio anche gli animalisti, perché ce ne sono troppi (forse sono addirittura un milione) e si riproducono alla grande, due o tre figliate per anno, persino con dieci cuccioli. In assenza di predatori, un aumento della popolazione del 200 per cento l’anno (raddoppio) è possibile, un aumento del 120 per cento sicuro. I predatori sarebbero i lupi. Ma in tutta Italia di lupi ce ne sono un migliaio, come fanno ad affrontare una popolazione da un milione?
• L’uomo, il più grande predatore esistente, non dà la caccia ai cinghiali?
Come no, la caccia è regolare tre mesi all’anno. Senonché, per avere esemplari da cacciare, gli uomini li allevano, i cinghiali. E alla fine sono più quelli che nascono che quelli che muoiono. I cinghiali, quasi spariti subito dopo la guerra, si sono salvati proprio per il gusto umano di sparargli: siccome ce n’erano pochi, li facemmo venire dall’Ungheria, esemplari oltre tutto anche più grossi dei nostri, che possono arrivare a pesare oltre duecento chili. La Giulia Maria Crespi, animalista come nessun altro, ieri ha chiamato questi suini ungheresi «porcastri», «porcastri importati dall’Est». Ha anche detto: «Io non ucciderei un ragno, ma i cinghiali sono una catastrofe. Sono dei distruttori del paesaggio e una tragedia per gli agricoltori. In Sardegna tante aziende hanno dovuto chiudere. Al Nord si deve fare la guardia perché dopo la semina invadono i campi e distruggono tutto. E i politici non fanno niente perché hanno paura di perdere voti. Invece dovrebbero fare una legge in barba agli animalisti. È inutile dire “facciamo la selezione”, bisognerebbe permettere la caccia al cinghiale per sette o otto mesi all’anno, ma questo fa insorgere gli ambientalisti e anche i cacciatori sportivi. Inoltre si devono impedire gli allevamenti».
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