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 2018  ottobre 19 Venerdì calendario

Il tesoro del Titanic ai fondi d’investimento

L’angelo di bronzo che arricchiva la balaustra della scalinata principale. La porta di metallo da cui salivano a bordo i passeggeri di prima classe. E ancora: un lampadario, lo schienale di una panchina e il Big Piece, il pezzo più grosso mai recuperato dal Titanic, parte dello scafo della nave. Ma anche oggetti quotidiani: un cappello a bombetta, un borsone di pelle, gioielli. «È una capsula del tempo che ti riporta indietro al 1912», l’ha definita il direttore del Royal Museum di Greenwich, Kevin Fewster. Cinquemila e cinquecento reperti salvati dal relitto del transatlantico che sono appena finiti nelle mani di tre società di investimento per 19 milioni e mezzo di dollari. Battuta l’offerta della cordata di musei che si erano messi insieme per riuscire ad accaparrarsi il tesoro, con l’appoggio della National Geographic Society e di James Cameron, regista del kolossal Titanic del 1997.
Apollo Global Management, Alta Fundamental Advisers e PacBridge Capital Partners sono i tre fortunati hedge fund, rispettivamente statunitensi i primi due e di Hong Kong il terzo. Fortunati perché, oltre a essere entrati in possesso della collezione – che a quanto sembra sarà mantenuta intatta e sfruttata come attrazione turistica – si sono portati a casa anche i diritti di recupero, il che significa che qualunque oggetto che in futuro sarà ripescato dai fondali sarà automaticamente di loro proprietà. I 5.500 articoli sono stati messi in vendita in seguito alla bancarotta, nel 2016, dell’ex proprietaria, Premier Exhibitions, società di Atlanta che nel corso degli anni ha recuperato il patrimonio e ha allestito mostre in tutto il mondo. Di qui l’asta, aperta con l’offerta delle tre società d’investimento, appoggiata anche dal Ceo e direttore di Premier Exhibitions, Daoping Bao. 
I musei britannici hanno voluto comunque provarci e a luglio hanno lanciato la loro campagna. Il regista Cameron, che ha visitato il relitto una ventina di volte, ha detto di sostenere l’iniziativa perché sentiva «la responsabilità di onorare i defunti e la tragedia» in cui morirono 1.503 passeggeri, di cui più di cinquanta bambini. La cordata, che contava tra gli altri i Royal Museums di Greenwich, i National Museums dell’Irlanda del Nord e il Titanic di Belfast, che già espongono pezzi provenienti dal transatlantico, ha raccolto 19,2 milioni. Ma l’asticella fissata dal giudice affinché l’offerta potesse essere presa in considerazione era di 21,5 milioni: niente da fare. 
La puntata dei tre fondi d’investimento era difficile da battere, ma non così alta se si pensa che il valore del patrimonio all’asta è stato stimato essere intorno ai 200 milioni di dollari. A far lievitare le stime sono anche i gioielli: nel pacchetto, solo per fare un esempio, è incluso un anello con zaffiro e 14 diamanti. Per rendersi conto del denaro che i privati sono disposti a spendere per mettere le mani sui reperti dell’«Inaffondabile» basta vedere le cifre a cui sono stati venduti gli altri oggetti recuperati nel corso degli anni: un violino dell’orchestra del Titanic è stato acquistato per 1,4 milioni di dollari nel 2013, due menù del ristorante del transatlantico sono stati aggiudicati per 140mila dollari, persino un cracker che faceva parte di uno dei kit di sopravvivenza presenti sulle scialuppe di salvataggio è stato comprato per 23mila dollari.