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 2018  ottobre 18 Giovedì calendario

«Sono un vulcano». Intervista a Sofia Goggia

Sofia Goggia si sente pronta? «Sì, perché alla frase do un significato che collima con il mio stato d’animo: ci si sente pronti se si è nelle condizioni di esserlo». Allacciate le cinture. La stagione dello sci è alle porte e colei che ha unito i due mondi della discesa femminile (oro olimpico in febbraio e Coppa di specialità a marzo), diventando uno dei volti di punta del nostro sport, la sta avvicinando ad alta velocità.
A mente fredda, il doppio trionfo ha cambiato qualcosa in Sofia?
«Non tanto. Dopo la stagione dell’esplosione avevo già vissuto dei contraccolpi: oggi non ho raggiunto picchi così tormentati».
Bisogna essere più cattivi, per rivincere?
«No, serve solo essere determinati».
Se necessario, lei è pronta anche a essere un po’ «stronza»?
«Assolutamente sì.
Significa avere un egoismo giusto. Può essere che tanti non capiscano e giudichino male, ma non pretendo comprensione se non da me stessa e da chi mi sta a fianco».
Ha riletto le pagine di Pyeongchang del suo diario?
«Il diario mi è stato rubato a giugno a Torino: mi hanno svaligiato la macchina. Ma avevo fotografato le pagine scritte dopo la delusione nel superG olimpico, per me fondamentali, mentre i pensieri successivi all’oro erano annotati su un libricino che non era nell’auto. Quindi, ho potuto rileggere ciò che mi serve. E ho iniziato un nuovo diario».
«Frammenti di un insegnamento sconosciuto»: le ricorda qualcosa?
«È il titolo del libro che sto leggendo. Autore russo, rinuncio a pronunciarlo. Il protagonista parla a un suo pubblico, per prendere consapevolezza di sé».
Più efficace di una tisana prima di andare a letto?
«È molto zen e spirituale. Me l’ha suggerito una sconosciuta, che sapeva del mio interesse per le pratiche meditative. “Ti fa capire tanto”, mi ha detto. Un giorno ero in libreria e mi è capitato sotto il naso. È difficile? Sì, ma ha tratti coinvolgenti».
Quale percezione ha adesso la gente di Sofia Goggia?
«Quella dell’olimpionica che ci mette il cuore, ma che è anche una ragazza semplice e normale, oltre che un’atleta che ha le sue fragilità. Guardano più la sciatrice o la persona? Dico la persona: non credo di essere una che non trasmette nulla».
Tanti l’associano all’immagine dello sci: fa piacere o è eccessivo, fastidioso?
«Fa piacere. Aggiungo che è giusto che sia così, dopo 2 vittorie tanto importanti e oltre 20 podi. Ma non mi va che il resto della squadra sia oscurato».
È vero che pensa a rivoluzionarie strategie di comunicazione?
«Ma no, l’ho detto una volta per scherzo. Però in estate ho avviato qualcosa di differente, parlando a 50 ad di varie aziende. Non mi svendo e non devo essere inflazionata, la stella polare sarà l’equilibrio. Ma è giusto seminare in certi ambienti: non sono più la ragazzina che esordisce nella Coppa del Mondo».
Com’è nato lo spettacolo a Trento con Francesca Michielin?
«Ero in vacanza in Bolivia, avevo scaricato una sua canzone. Entro in un bar e la sento alla radio. Come nel caso di quel libro, nulla capita per caso. Da due anni mi proteggo da richieste che vogliono prendere un po’ di me e a volte sono dura e sorda. Ma sono anche emotiva: a Trento, mentre Francesca cantava, sono stata catturata dalla sua intensità. Sono stupita e affascinata da lei e dalla sua logica, simile alla mia».
Crede di avere meno margini di perdono, in caso di errore? O quanto ha vinto la può invece aiutare?
«Dipende da chi guarda le cose e da come lo fa. L’Olimpiade da vincere è un momento in cui ci devi essere. Io ci sono stata. Da un lato, dunque, me ne infischierei delle critiche. Ma dall’altro mi incazzerei perché concedo poco a me stessa. E poi so quanto ho lavorato per rimediare a certe toppe della scorsa stagione».
Che cosa allora non perdonerebbe a se stessa?
«Di non avere un adeguato rispetto di me come donna».
Sofia sta sacrificando tanto di se stessa?
«Sacrificio è una parola da contestualizzare. Ho fatto una scelta e quando scegli fai dei sacrifici. A volte ho dei momenti di “down”, ma poi realizzo che non cambierei nulla. Ecco, a volte vorrei avere, in più, certe lentezze della vita».
Suo padre in estate è stato intervistato dal «Corriere della Sera»: le è piaciuto quello che ha detto?
«È matto come un cavallo. L’ho sgridato? Ma va’, è fantastico: dà risposte sincere come altri non darebbero. Per questo lo amo».
C’è qualcosa di ancora inappagato in lei?
«Sono un’eterna insoddisfatta. Sono fiera di quello che ho ottenuto, ma voglio sempre di più. Vivo certe situazioni come un limite e questo, scusate il bisticcio, è… un limite. Ho due dimensioni: a volte sto bene, altre mi domando se ho fatto tutto quello che dovevo. Sono esigente e irrequieta, sono un vulcano».
Altre curiosità da dichiarare, oltre alle coincidenze del libro e della canzone?
«Mark Zuckerberg mi ha invitato a sciare nel Montana: ma per ora non ho modo di andarci».
Nei mesi scorsi è esplosa la questione delle molestie alle donne.
«Vedo un mix di storie brutte, ma anche di convenienze e di opportunismi. Il tema è poi diventato inflazionato, un po’ come era successo con l’Isis: oggi chi ne parla più? Ecco il rischio: dopo il tormentone, scatta l’oblio. Che è pericoloso».
Le piace la nuova Italia, nel senso del governo?
«Serve tempo per un giudizio. Lo spread mi preoccupa? La situazione non è ideale e se ti indebiti, prima o poi devi pagare. Ma voglio riderci su: più che lo spread, mi preoccupa Sofia dopo 5 spritz».
Lei parla di un passo alla volta e di altre «coppette» da vincere. Ma poi fissa il traguardo della Coppa del Mondo assoluta. Tra quanto farà sua la «coppona»?
«Non c’è risposta. Il sogno è tra due anni. È giusto allargarsi nelle ambizioni: l’asticella sale e devo seguirla, anche se ho già conquistato il massimo».
Lo sci azzurro sarà ancora declinato al femminile?
«Spero in una grande stagione pure dei maschietti, se lo meritano…»
Lara Gut si è sposata…
«Quindi, mi domandate: quando lo farà anche Sofia Goggia? Non so se voglio sposarmi. E poi devo prima trovare un contadinotto che parla di Aristotele e che mi piace…».