Corriere della Sera, 18 ottobre 2018
Il #MeToo anche nei ristoranti stellati
WASHINGTON La chef April Bloomfield racconta l’altra storia di «The Spotted pig» il suo celebre ristorante nel West Village, uno dei più alla moda a Manhattan, premiato con una stella Michelin. È una storia di abusi e bullismo sessuale; di omertà e cinismo.
Nel dicembre dello scorso anno, il socio di April, Ken Friedman, 59 anni, è stato travolto da un’ondata di denunce. Cameriere, bariste, impiegate hanno descritto la routine di un assedio continuo, sistematico. Molestie, assalti. E qualche giorno fa, April, 44 anni, nata a Birmingham in Gran Bretagna, dopo dieci mesi di silenzio, ha deciso di parlarne con il New York Times, accompagnata da sua moglie e da un’avvocata. Comincia assumendosi una parte di responsabilità: «Ho abbandonato, ho deluso molte persone e tutto ciò lo sento sulle mie spalle».
Bloomfield arrivò a New York nel 2003, a 28 anni, con una grande passione per la cucina, ma senza alcuna capacità gestionale. Conobbe Ken Friedman e insieme fondarono «The Spotted pig». Il successo fu travolgente: «Ero così ingenua, è incredibile quanto fossi ignorante all’epoca», ricorda April. Negli anni i due aprono 13 ristoranti, a New York, a Los Angeles e altrove. Ma il rapporto tra April e Ken è sbilanciato: «Sentivo che era lui ad avere tutte le carte del mazzo. Era in pieno controllo di ogni cosa e aveva una personalità così dominante che io pensavo che non sarei riuscita a sopravvivere se me ne fossi andata». Con il tempo, però, la chef si impadronisce della cucina: leader dal carattere burrascoso, tirannico. Nel resto del locale, invece, imperversava Ken.
Bloomfield ammette che «conosceva i comportamenti inappropriati di Friedman, perché abbracciava e corteggiava le dipendenti». La chef sapeva anche della «famigerata stanza del terzo piano», dove il socio e i suoi amici organizzavano party con alcol e droghe. Aggiunge di aver provato più volte a convincerlo a cambiare comportamento. Ma adesso riconosce di «aver fatto troppo poco», «anche se non sapevo nulla delle molestie, degli assalti sessuali, perché nessuna delle nostre collaboratrici è venuta mai a lamentarsi con me».