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 2018  ottobre 11 Giovedì calendario

Le società partecipate si impegnano a investire

ROMA Dalle società pubbliche il governo si aspetta non solo che aumentino gli investimenti ma, soprattutto, che diano una mano a spingere l’occupazione. Ieri i vertici delle partecipate, dalla Cassa Depositi e Prestiti, all’Enel, dall’Eni a Snam, da Terna a Ferrovie, dalle Poste a Saipem e Italgas, passando per Leonardo e Fincantieri, sono sfilati a Palazzo Chigi, dove hanno incontrato in una seduta comune il premier Giuseppe Conte, il vice premier Luigi Di Maio, il ministro delle Politiche Comunitarie, Paolo Savona e quello della Funzione pubblica Giulia Bongiorno. Dal vertice un primo risultato per il governo sarebbe uscito. Le controllate pubbliche si sarebbero impegnate, come ha spiegato Di Maio lasciando Palazzo Chigi, ad assumere un giovane per ogni dipendente che andrà in pensione il prossimo anno grazie alla riforma delle pensioni, la cosiddetta «Quota 100» messa in cantiere dal governo. È passaggio importante. Sull’archiviazione della legge Fornero i mercati hanno un faro acceso. Fino ad oggi l’allungamento dell’età di pensionamento e gli automatismi, sono stati considerati una delle principali garanzie della tenuta del sistema pensionistico. Il governo deve dimostrare che la riforma non «sfascia i conti». L’unico modo è dimostrare che il piano rilancia l’occupazione. Eni, Enel, Terna, Ferrovie, Leonardo e le altre partecipate avrebbero dato la loro disponibilità.
IN TRE COPRONO IL 65%
Anche sul fronte degli investimenti il governo avrebbe raccolto qualche frutto. Conte ha spiegato che le società si sarebbero impegnate ad aumentare i propri investimenti «fino a 20 miliardi di euro» nei prossimi 5 anni. In realtà, per il momento, solo le non quotate avrebbero dato la loro disponibilità. Per le altre l’impegno è stato generico, anche perché i piani sono già comunicati al mercato e per modificarli bisognerà presentare degli aggiornamenti agli investitori. 
Il neo ad di Cdp, Fabrizio Palermo, ha indicato che nel prossimo quinquennio le sei società del perimetro Cassa puntano a 22 miliardi. Nel perimetro rientrano Terna, Snam, Fincantieri, Italgas, Open Fiber, Ansaldo energia. Non ci sono Fs, nè Poste. 
I 22 miliardi di investimenti sarebbero stati concertati da Palermo, il nuovo cfo di Cassa Paolo Calcagnini con i cfo delle società coinvolte, su indicazione del Ministro Giovanni Tria. Palermo si sarebbe limitato a fare un discorso generico, mentre i singoli ad sono entrati nel dettaglio dei propri investimenti. Dovrebbero essere Terna, Snam e Italgas a fare la parte del leone assicurando circa il 65% del totale, mentre come ha specificato Palermo, Cdp si limiterebbe a supportare le partecipate con i finanziamenti. Gli interventi sarebbero a rab, cioè remunerati sulla base di criteri definiti ex ante. Inoltre Palermo avrebbe segnalato che oltre i 22 miliardi potrebbero essere scongelati altri 5 miliardi di cantieri bloccati per la mancanza di norme primarie o di autorizzazioni. È il governo a dover intervenire sulle pa per scongelare i fondi.
Con il piano di riforme strutturali che il governo intende mettere a punto, Cdp potrebbe spingersi fino a 35 miliardi di euro. Il numero uno dell’Enel, Francesco Starace, ha ricordato come la società elettrica ha investito negli ultimi tre anni 6,1 miliardi di euro in Italia, e nei prossimi tre anni investirà altri 8,3 miliardi. Tra le priorità del gruppo ci sono l’auto elettrica, le rinnovabili e la digitalizzazione della rete. L’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, ha avuto un colloquio separato con Conte, perché doveva ripartire per Milano dove aveva un altro impegno. «Noi», ha detto Descalzi, «facciamo tanti roadshow con tutti gli azionisti, ed è giusto», ha aggiunto, che lo facciamo anche con il nostro maggiore azionista per spiegare cosa stiamo facendo in Italia». 
Il numero uno del Cane a sei zampe ha ricordato come la società abbia un piano di investimenti di 22 miliardi nei prossimi quattro anni. Molto si è parlato di burocrazia. In Italia, ha fatto notare qualche partecipante al tavolo, per completare un’opera ci vogliono dai 7 ai 9 anni in media. Il tempo di costruzione, sempre parlando di medie, è di un anno e mezzo. Il resto sono procedure autorizzative. Sul tavolo il governo ha messo diversi provvedimenti, dalla riforma del codice degli appalti, a delle norme di semplificazione e sburocratizzazione fino alla riforma della dirigenza pubblica. Non si sarebbe invece affrontato il tema del Titolo V della Costituzione.
Andrea Bassi
Rosario Dimito