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 2018  settembre 19 Mercoledì calendario

Vanno di moda gli esorcisti

A dispetto di quello che tutti credono di sapere, nel Medioevo le pratiche esorcistiche furono ridotte ai minimi termini, mentre adesso, più precisamente dalla fine del secondo millennio, sono in piena e costante ripresa. Soprattutto a partire dai pontificati di Giovanni Paolo II (1978-2005) e di Benedetto XVI (2005-2013) che, a proposito del diavolo, «hanno promosso il risveglio di un pensiero teologico conservatore», creando «un contesto favorevole al fatto che esorcisti in attività condividessero le loro e le altrui esperienze». Questa l’interessante tesi di un libro di Francis Young, Possessione. Esorcismo ed esorcisti nella storia della Chiesa cattolica, che Carocci pubblica domani, a cura di Andrea Nicolotti, nell’eccellente traduzione di Marina Melato. Young premette che non è per nulla ovvio parlare della Chiesa cattolica come di un’organizzazione unica con «una storia ininterrotta dal IV secolo ai giorni nostri». La storia della «Chiesa cattolica», chiarisce Young, è in realtà una storia della «tradizione cattolica», tant’è che nella parte iniziale del libro l’autore usa il termine «Occidente latino» e si dice «consapevole del significato ambiguo che riveste il termine “cattolico” nei primi secoli del cristianesimo».
Ma torniamo all’esorcismo. I periodi in cui esso è fiorito includono la tarda antichità, l’Alto e il Basso Medioevo, il XVI e il XVII secolo, nonché, appunto, l’epoca attuale. La minaccia del paganesimo, però, nell’ultima stagione del mondo antico e nei primi secoli del Medioevo svanì creando tra l’XI e il XIII secolo una sorta di vuoto. L’autore nota come, ben lungi dall’essere l’età dell’oro per gli esorcismi, il Medioevo fu un epoca in cui questo modo di scacciare il maligno entrò profondamente in crisi (anche se «costituiva comunque motivo di interesse per i teologi che raramente erano a loro volta esorcisti praticanti»). La percezione di una «crisi dell’esorcismo nel Medioevo» l’aveva già avuta qualche decennio fa un altro storico, André Goddu, il quale constatò come dal XII secolo in poi si sia dovuto prendere atto di un «declino del numero degli esorcismi riportati nelle vite dei santi». Le agiografie confermano l’idea che fra il 1100 e il 1300 l’esorcismo abbia attraversato un periodo per così dire di transizione, durante il quale il suo «legame con i santi» si indebolì. Nel 1215 il IV Concilio lateranense produsse la prima definizione dogmatica sui demoni in risposta alla minaccia teologica rappresentata dai catari. Secondo Nancy Caciola la minaccia del catarismo e la necessità di replicare al millenarismo dell’abate cistercense Gioacchino da Fiore fecero sì che il pontificato di Innocenzo III (1198-1216) segnasse una svolta decisiva negli atteggiamenti verso il soprannaturale: «Il miracoloso doveva essere sottoposto a verifica, invece di essere accettato acriticamente come prodotto della grazia divina». Confermò poi queste intuizioni storiografiche Florence Chave-Mahir, la quale affermò aver il pontificato di Giovanni XXII (1316-1334) rappresentato un punto di svolta nell’atteggiamento dell’Europa occidentale verso la «magia intesa come opera di potenze demoniache». Secondo Caciola un altro fattore all’origine del ritorno dell’esorcismo liturgico nel XIV secolo sarebbe stato lo scisma papale del 1378-1417, che incrinò la fiducia nell’unità e nell’autorità della Chiesa. Ma Young, pur concordando sostanzialmente con loro, accusa Caciola e Chave-Mahir di aver prestato scarsa attenzione al caso inglese. Quell’Inghilterra medievale che, documenta Young, «sperimentò la crisi dell’esorcismo in modo particolarmente acuto». Perché? Il mancato radicamento dell’esorcismo liturgico in terra inglese, a suo avviso, «può essere attribuito, almeno in parte, all’assenza di una ragione politica coerente per combattere contro il diavolo». Mentre in altre parti d’Europa i demonologhi offrivano «soggetti adatti» agli esorcismi sotto forma di streghe, un simile sviluppo si ebbe in Inghilterra solo dopo la Riforma.
Più in generale a risvegliare la pratica dell’esorcismo furono – secondo Young – nel XVI secolo il Concilio di Trento (1545-63) e, nel XX, il Concilio Vaticano II (1962-65), momenti che hanno riproposto ai cattolici questioni di identità particolarmente acute. Tra i due Concili – in un’epoca in cui le relazioni tra Chiesa e governi secolari erano considerate di fondamentale importanza – l’esorcismo metteva a disagio le autorità ecclesiastiche. Le quali perciò, nel XVIII e nel XIX secolo, lo scoraggiarono. In altre parole «l’esorcismo declinò quando le minacce spirituali dell’eresia e della stregoneria vennero percepite come meno significative, almeno da parte delle élite». Ma allora a quando data il risveglio contemporaneo di queste pratiche? Secondo l’autore lo si può far risalire alla convinzione di Papa Leone XIII (1878-1903) che alla fine del XIX secolo una nuova minaccia spirituale incombesse sulla Chiesa: una cospirazione globale satanica diretta dalla massoneria. Cospirazione alla quale sarebbero state riconducibili sia la Rivoluzione francese (1789) che quella russa (1917).

Dopodiché l’esorcismo ufficialmente praticato nella Chiesa cattolica contemporanea è stato nient’altro che «l’adattamento di un rito settecentesco, liturgicamente radicato nella Chiesa primitiva, ma applicato secondo moderni criteri diagnostici e di legittimità canonica». Bisognerà attendere il Concilio Vaticano II perché la Chiesa possa iniziare ad allontanarsi dalle teorie cospirative del XIX secolo, secondo le quali ebrei, massoni e laicisti collaboravano per creare un «ordine satanico mondiale». Durante le sessioni conciliari, nota l’autore, l’esorcismo non venne mai citato; «quindi più che non i decreti del Concilio stesso, per la storia dell’esorcismo risultò soprattutto significativa la libertà concessa ai teologi all’indomani del Vaticano II». Sicché, secondo Nicolotti, il Vaticano II favorì una tendenza a «minimizzare la demonologia». Edward Gratsch scriveva (nel 1967) essere l’esorcismo «nient’altro che una preghiera a Dio (talvolta condotta pubblicamente in nome della Chiesa, talaltra recitata in privato) per limitare i poteri dei demoni su uomini e cose». La pratica esorcistica toccò il suo punto più basso negli anni Sessanta, quando i riti «divennero forse più rari di quanto non fossero mai stati dal XVIII secolo in poi». Un’indagine di Bernard Chaput nella regione orientale del Québec fece emergere che su 111 parroci intervistati neanche uno praticava l’esorcismo, dal che Chaput dedusse che «la credenza nella possessione demoniaca» era «sul punto di scomparire». 
Ma, sostiene Young, alcuni cattolici tradizionalisti sospettosi o sprezzanti verso il Vaticano II continuarono – proprio come reazione al programma del Concilio – a porre un forte accento sulle presunte «congiure sataniche». A guidare la riscossa degli esorcisti fu il gesuita tedesco Adolf Rodewyk, che aveva iniziato ad operare a Treviri durante la Seconda guerra mondiale. Il suo libro del 1966 Possessione diabolica oggi (il Segno) – a cui avrebbe fatto seguito nel 1990 Un esorcista racconta (Dehoniane) di un altro autore, Gabriele Amorth – fu il «vangelo» del nuovo esorcismo. Ma ancor più fecero un altro libro, di William Peter Blatty uscito nel 1971, e un film di William Friedkin del 1973, tratto dal testo di Blatty: L’esorcista. Dopo il libro e soprattutto il film, la pratica esorcistica riprese a diffondersi. Nel 1973 la rivista «Time» riferì di Annette Hasler, una dodicenne di un piccolo villaggio svizzero, che era stata «picchiata a morte durante un esorcismo eseguito da un sacerdote e approvato dai genitori». Nel 1974 il settimanale tedesco «Der Spiegel» raccontò che a San Francisco il gesuita Karl Parzelt aveva «esorcizzato con successo una giovane coppia e il loro bambino di due anni». Il caso più clamoroso fu però, a metà anni Settanta, quello di Anneliese Michel, una giovane bavarese – ostile al Concilio e devota di padre Pio – morta dopo mesi in cui aveva subito pratiche esorcistiche.

All’epoca del processo che ne seguì i giornali tedeschi dipinsero l’episodio come «un rigurgito della cultura religiosa conservatrice propria della Baviera». Ma il caso era ben più complesso: i demoni che «possedevano» Anneliese si erano presentati come Giuda, Lucifero, Nerone, Caino e nei panni di un prete malvagio di nome Fleischmann. Soprattutto infine in quelli di Adolf Hitler. Perché Hitler? Dopo la Seconda guerra mondiale il benedettino Alois Mager aveva affermato che il dittatore era «lo strumento di Satana»; analogamente Léon Cristiani descrisse l’adesione entusiastica dei suoi connazionali al nazismo in Germania (unitamente a quella simile nei confronti del comunismo in Russia e in Cina) come una «possessione collettiva». Il caso Michel, scrive Young, fu «l’espressione di quell’esorcismo metaforico che la Germania del dopoguerra aveva operato su Hitler». La ragazza (che chiese di essere esorcizzata) «riceveva» regolarmente messaggi dalla Vergine Maria e si era poi trasformata in un’«indemoniata profetica» attraverso la quale i demoni «dichiaravano la loro approvazione per le innovazioni liturgiche del Vaticano II». Anneliese morì il 1° luglio 1976 probabilmente per denutrizione. I genitori e gli esorcisti furono accusati di averne provocato il decesso «per negligenza». La diocesi di Würburg non fornì alcun sostegno agli imputati, il vescovo Josef Stangl, che pure in un primo momento non aveva autorizzato la pratica, fu sospettato di complicità con gli esorcisti che avevano trattato il caso e fu a un passo da essere incriminato. Nell’intento di evitare casi analoghi, afferma Young, la Conferenza episcopale tedesca istituì nel 1979 una commissione di indagine sull’esorcismo che avrebbe dovuto riferire alla Sacra congregazione dei riti allo scopo di ispirare una futura riforma in questo campo. 

Dopodiché? Non c’è ragione di ritenere – scrive Young – che il rilancio dell’esorcismo innescato alla fine del XX secolo da William Blatty nella cultura popolare e da Amorth nella Chiesa, si esaurisca a breve. Tanto più che, secondo lo stesso Young, Papa Francesco «nonostante venga identificato come un “liberale” da alcuni cattolici conservatori», si è dimostrato «un convinto sostenitore di questo rito». Il 13 giugno 2014, ricorda l’autore del libro, la Congregazione per il clero ha emesso un decreto che riconosce giuridicamente l’Associazione internazionale degli esorcisti, la quale conta circa 250 membri sparsi in trenta nazioni. All’interno della Chiesa, poi, qualcuno vede nell’esorcismo «un’opportunità missionaria» e la storia, scrive Young, mostra che «è sempre stato così».
In un mondo «postmoderno», tuttavia, «le pratiche antiche vengono spesso attrezzate per l’autenticità che in esse si coglie», tant’è che ad alcuni «la “realtà della possessione” pare una questione di secondaria importanza rispetto ai potenziali benefici psicologici del rituale». In ogni caso, sottolinea Young, in Europa e in America un considerevole gruppo di preti e di laici («senza contare la probabile maggioranza dei cattolici nel resto del globo») continua a ritenere decisamente reali il diavolo e la sua attività nel mondo; per costoro l’esorcismo resta a tutti gli effetti un valido rimedio. Un tempo ci furono «minacce alla pratica esorcistica» – mutamenti religiosi, riforma liturgica, pressioni da governi e medici – che oggi sembrano essere scomparse, man mano che il rito diventa «una tra le tante opzioni disponibili sul mercato religioso».
All’interno della Chiesa cattolica, a livello globale, è in crescita l’influenza di vescovi provenienti dall’Africa, dal Sudamerica e dall’Asia, mentre occorre anche competere con il pentecostalismo che realizza un agguerrito proselitismo: tutto ciò rende altamente improbabile che sull’esorcismo alla fine prevalga la posizione cautamente scettica delle conferenze episcopali europee; si direbbe, conclude Young, che gli esorcisti siano qui per restare. Quantomeno per tutto il corso del pontificato di Papa Francesco.