Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  settembre 13 Giovedì calendario

L’ambasciatore italiano in Libia se ne sta a Roma

ROMA «Preoccupazioni sulla sua sicurezza e incolumità personale e di quelli che lavorano con lui consigliano in questa fase di restare in Italia», dice il ministro degli Esteri Enzo Moavero in un’audizione davanti alle commissioni Esteri di Camera e Senato, rispondendo ad una domanda sul mancato rientro a Tripoli dell’ambasciatore Giuseppe Perrone, in Italia da circa un mese. Una valutazione «tecnica», insomma, spiega il titolare della Farnesina, ma fonti interne al ministero confermano che a tenere il diplomatico a Roma ci sono anche scelte politiche. E il rischio di una ennesima divisione all’interno della maggioranza, con una parte del governo decisa a tenere a Tripoli l’ambasciatore sgradito ad il generale Haftar e l’altra (che include il titolare degli esteri) che valuta invece il passo indietro, magari per favorire le trattative con il militare.
LA RICOSTRUZIONENel corso dell’audizione, il ministro ha spiegato che «a seguito di un’intervista a una televisione che l’ambasciatore aveva deciso autonomamente di dare in lingua araba sono sorti quelli che se fossimo in un contesto italiano definiremmo malintesi. Essendo purtroppo il contesto libico molto più difficile, questi malintesi provocano molto velocemente emozioni molto più forti di quelli che si manifesterebbero nel nostro contesto, ci sono stati manifestazioni di piazza, prese di posizione forti». Per questo, ha concluso Moavero, «l’ambasciatore ha deciso autonomamente di rientrare» in Italia, ma l’ambasciata resta aperta e operativa, resta sul posto personale sufficiente per poter operare». Una difesa, quella di Moavero, a dir poco fredda – tanto più perché è difficile che un diplomatico prenda decisioni «autonome» sui suoi spostamenti – e che lascia capire che la Farnesina starebbe valutando di scegliere un’altra persona per il delicato incarico a Tripoli. 
LA CRITICALa tensione sul nome di Perrone nasce almeno ad agosto. Nei primi giorni del mese, il generale Haftar in persona aveva bollato il diplomatico come «non gradito» per il suo ruolo «nella politica libica». Da più parti l’attacco era stato considerato come un vero e proprio assist alla posizione francese di grande protagonismo in Libia. E proprio per questo, la difesa dell’ambasciatore è diventato un tema di discussione anche all’interno del governo: la parte più dura con la Francia e con il suo sempre maggiore protagonismo in Libia – a cominciare dalla Lega e da Matteo Salvini – ha sempre difeso, almeno finora, Perrone, e in generale sostiene una posizione apertamente anti francese. L’area «moderata», in parte sostenuta dai Cinque stelle, propone da tempo di trattare anche con Haftar. Di qui le aperture del ministro della Difesa, Elisabetta Trenta e la missione del ministro degli Esteri che lunedì scorso ha visto il generale a Bengasi.
L’INCONTRO CON HAFTARUn incontro «molto positivo» ha confermato Moavero ieri. Khalifa Haftar «è una persona con cui assolutamente è possibile parlare, ragionare, riflettere». L’Italia cerca di «parlare con tutti coloro che desiderino cioè interloquire e abbiano un grado di affidabilità. Ora certamente Haftar fa parte a pieno titolo di questa categoria». Confermata anche la notizia che Haftar abbia presentato all’Italia un piano per gestire i flussi dei migranti, «anche se non sono stati presi impegni». Dunque clima positivo, anche se l’Italia non ha smentito il rapporto privilegiato con Serraj. Ed è ovvio che in questa nuova relazione potrebbe giocare un ruolo la decisione di mettere a Tripoli un ambasciatore più disponibile. Sempre che il governo non vada in tensione anche su questo argomento.