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 2018  agosto 18 Sabato calendario

L’anno terribile di Elon Musk, tra sonniferi ed errori

Elon Musk è forse l’imprenditore più visionario della nostra era. È un pioniere dell’auto elettrica, ha una compagnia di razzi spaziali, vuole portare Internet fuori dalla Terra e salvare l’umanità dall’estinzione spedendola su Marte. È spavaldo, sicuro di sé, non si sottrae mai al palcoscenico della fama. E non l’ha fatto neanche ieri, quando invece di un annuncio futuristico, voleva comunicare quello che a tanti osservatori è sembrato un vero crollo nervoso, di sicuro una finestra sul suo lato più umano. «Quest’ultimo anno è stato il più difficile e doloroso della mia carriera – ha detto il fondatore e Ceo di Tesla e SpaceX al New York Times – è stato straziante».
L’intervista – in cui più volte Musk aveva la voce strozzata – arriva dopo le difficoltà e le polemiche degli ultimi giorni. E dopo la pubblicazione il titolo Tesla perde il 9% in Borsa. Il 7 agosto scorso il 47enne imprenditore di origini sudafricane, stupendo i mercati, i suoi stessi azionisti e a quanto pare anche il suo cda, ha annunciato, via Twitter, di voler privatizzare Tesla, oggi quotata in Borsa, e di aver trovato i soldi per farlo grazie a un fondo sovrano saudita. La mossa ha attirato l’attenzione della Sec, l’equivalente statunitense della Consob italiana, che sta indagando se quel «funding secured», investimenti assicurati, non fosse un’affermazione iperbolica, e abbia dunque ingannato i mercati facendo salire il prezzo delle azioni.
I membri del board da tempo incoraggiano Musk a limitare l’uso di Twitter, ma lui non è affatto pentito («Perché dovrei?», dice). Ha agito, dice, solo «per trasparenza» e non era sotto effetto di erba, come in molti hanno insinuato, perché «non aiuta la produttività», ma ammette che quel «420 dollari» indicato come prezzo potenziale delle azioni sia nella controcultura un codice per indicare la marijuana. A segnare Musk sembrano essere stati i molti problemi operativi incontrati da Tesla negli ultimi mesi, le difficoltà ad arrivare ai target di produzione previsti per la il modello 3S, la prima auto della compagnia pensata per il mercato di massa, il cui successo è essenziale perché l’azienda cominci, finalmente, a guadagnare. Nella fabbrica che la produce Musk ha detto di passare anche 120 ore alla settimana. «Ci sono state volte in cui non sono uscito per due-tre giorni». Come per il suo compleanno, il 28 giugno scorso. «Tutto questo a spese dei miei figli (cinque avuti dalla prima moglie). E dei miei amici». Se vuole dormire, racconta, ormai deve ricorrere all’Ambien (un forte sonnifero dal quale alcuni membri del board pensano sia ormai dipendente, e che può provocare allucinazioni).
Con tutta questa pressione, le critiche sembrano fargli perdere completamente il controllo. Qualche tempo fa ha chiamato «pedofilo» un membro del team di sommozzatori che hanno tirato fuori i ragazzi thailandesi dalla caverna. Durante un incontro con gli analisti finanziari si era irritato per le «domande da fessi». Gli «short seller», gli hedge fund che scommettono sul fallimento della compagnia, vendendo allo scoperto il titolo, sono diventati la sua ossessione. A uno dei capi di questi fondi, una settimana fa ha mandato uno scatolone pieno di boxer (shorts in inglese). Ma il suo problema è che né SpaceX né Tesla sono più esperimenti, è l’ora dei risultati, e sul fronte delle auto la strada sembra molto accidentata. Lui insiste che tutto si risolverà per le sue aziende, ma aggiunge che per lui «il peggio deve ancora venire». Della ricerca di un numero due da parte della società dice di non sapere niente, ma conclude l’intervista così: «C’è qualcuno che può fare meglio il mio lavoro? Possono prendere le redini anche subito».