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 2018  agosto 10 Venerdì calendario

Nell’Argentina di Bergoglio l’aborto resta illegale

Dopo mesi di manifestazioni di piazza di segno opposto, un dibattito acceso nella politica nazionale e una frattura nella società civile, in Argentina per adesso l’aborto resterà proibito. Se non in casi eccezionali – stupro e pericolo di vita della donna – come già indica una legge del lontano 1921, quella che resta in vigore dopo il «no» del Senato di ieri. È stata una battaglia molto accesa, con una seduta che è terminata solo all’alba; alla fine i favorevoli a una nuova legge hanno perduto per 38 a 31, con due astenuti.
Nel Paese di papa Francesco, dunque, tutto resta come prima nonostante i numeri parlino di un fenomeno dalle dimensioni ancora esorbitanti, 500.000 interventi clandestini e almeno un centinaio di vittime ogni anno. L’Argentina a maggioranza cattolica, ma con un numero crescente di evangelici (ancora più estremi sull’argomento) rimane dunque allineata alla gran parte dei Paesi latinoamericani. Nel continente esistono leggi di stampo occidentale sull’interruzione di gravidanza soltanto in Uruguay e a Cuba. Altrove è un tabù che politici di tutte le aree preferiscono non toccare. Come hanno evitato di fare persino le «presidentas» del Cono Sud, nell’epoca recente in cui Cile, Brasile e Argentina sono stati guidati contemporaneamente da tre donne di sinistra.
L’impegno della Chiesa argentina è stato evidente soprattutto nelle ultime settimane, cioè tra il voto favorevole all’aborto della Camera e quello contrario, e quindi decisivo, di ieri al Senato. L’unico accenno di Papa Bergoglio sulla questione risale a giugno, una settimana dopo il primo esame in aula. In un incontro con un gruppo di famiglie in Vaticano, Francesco usò una metafora indiretta ma assai forte, quando disse che «nel secolo scorso tutti ci scandalizzammo con quello che fecero i nazisti per tentare la purezza della razza, oggi facciamo lo stesso, ma con i guanti bianchi». Secondo alcuni osservatori, la Chiesa argentina era convinta che la grande maggioranza degli argentini non volesse l’aborto, che ciò si sarebbe riflesso sul voto dei deputati, sui quali non servivano dunque pressioni.
Per non sbagliare di nuovo, accusano i gruppi pro-aborto, alla vigilia della decisione del Senato la pressione della Chiesa è stata evidente. Nelle omelie in chiesa; nelle piazze, dove i manifestanti a favore, con i fazzoletti verdi al collo, si sono sempre trovati antiabortisti a riceverli, con i fazzoletti azzurri; e poi sui media e i social network. «Ho il telefono intasato di epiteti irripetibili e tutti in nome di Dio...», ha ironizzato il senatore Pedro Guastavino, favorevole alla nuova legge. E poiché in Argentina il Senato è tradizionalmente più conservatore della Camera, perché la rappresentanza delle province prevale su quella del voto urbano, il fronte del «no» è riuscito a prevalere. Nella notte, lungo l’interminabile dibattito, si sono spaccati tutti i partiti, dai peronisti (Cristina Kirchner ha votato a favore, dopo aver impedito la legge durante i suoi anni al potere), ai senatori che appoggiano il presidente Mauricio Macri.
Curioso ora che l’Argentina si trovi tra i pochi Paesi cattolici con una serie di diritti civili già garantiti (matrimonio gay, adozioni, identità di genere), ma senza aborto legalizzato. Quando le unioni omosessuali vennero approvate, l’attuale Pontefice era arcivescovo di Buenos Aires e la frattura con la Kirchner fu pesante. Tanto che si ricorda ancora il gelido e tardivo comunicato di congratulazioni di Cristina alla sua elezione nel marzo 2013. Da Papa, Bergoglio ha poi mantenuto rapporti freddi anche con l’attuale presidente Macri, il quale lo ha visitato per due volte in Vaticano senza riuscire a strappargli un sorriso. Quella dell’aborto negato in Argentina ora è certamente una sua vittoria. E chissà che non serva a dirimere il grande interrogativo che aleggia da anni: perché il Papa non è ancora andato a visitare il suo Paese, dopo quattro viaggi in America Latina?