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 2018  agosto 09 Giovedì calendario

Chi ha strangolato Anita Garibaldi?

La «cronaca nera», come si dice in gergo, è un genere di giornalismo che non declina. Certo, o intriga o si scansa. Delitti di second’ordine, casi che coinvolgono personaggi noti con vite avventurose; spari di periferia, morti misteriose ai piani alti. Le pagine dei quotidiani, i siti web, la tv, propongono dosi più o meno massicce di vicende e scandali dove ci sono assassini e assassinati. Serial killer imprendibili, suicidi sospetti. Fatto sta che i lettori si dividono fra coloro che si appassionano o no alle storie macabre. A occhio, prevalgono i primi. Ma per avvincerli occorre anche che la storia sia ben raccontata. E non tutti i giornalisti fanno centro.
Uno di questi è Gabriele Moroni, inviato di lungo corso per «Il Giorno». Nella sua carriera ha seguito numerosi casi di «nera» e «giudiziaria» e, inoltre, è autore di libri, variamente ancorati all’esperienza professionale. Nella sua ultima opera di fresca pubblicazione Moroni è andato a ripescare fatti del passato e li ha rielaborati applicando le tecniche delle inchieste giornalistiche, riprendendo retroscena e colpi di scena. Distillando il dubbio. In Delitti e vecchi merletti. Casi di cronaca nera che hanno fatto storia (Mursia) ci sono molti cold case, cioè casi freddi, anzi freddissimi. Accaduti qualche secolo fa.
Prendiamo Anita Garibaldi. Come è morta la donna dell’eroe dei Due Mondi? Secondo il medico dell’ospedale di Ravenna che nel 1849 eseguì l’autopsia sul cadavere, una sola evidenza: strangolamento. Ma l’inchiesta si arena, fra misteri, spostamenti del cadavere, testimoni che giurano sulle «cause naturali». Il dubbio resta.
Fra i 20 casi trattati, ecco quello del vampiro di Bottanuco (Bergamo), tale Vincenzo Verzeni, uno dei più famosi serial killer della storia criminale, studiato anche da Lombroso. Ancora: Giovanni Cavagnati, sostituto procuratore del re, scomparso senza lasciare traccia dopo una serata fra amici. In fondo, fra l’ieri remoto e l’oggi differenza non v’è. Il direttore de «Il Giorno», Sandro Neri, nella prefazione, ricorda una vecchia regola del giornalismo: «Non c’è niente di più inedito che una notizia già uscita».