Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  agosto 09 Giovedì calendario

Ikea apre il primo negozio in India e punta su 6 milioni di clienti

La scommessa è ambiziosa e matura oggi dopo oltre dieci anni di progetti e analisi di mercato: Ikea apre il suo primo negozio in India per offrire armadi, divani, cucine, padelle e salmone a basso prezzo alla sua classe media. La sede scelta è Hitec City, alla periferia di Hyderabad, la capitale del Telangana (nonché quarta area metropolitana del Subcontinente con una popolazione di 7,7 milioni di abitanti).Nei suoi 37mila metri quadri di superficie, il negozio mette in mostra 7.500 prodotti, mille dei quali costano meno di 200 rupie (due euro e mezzo). C’è uno spazio ristorazione da mille posti, uno dei più grandi tra i 400 negozi Ikea in tutto il mondo. Entro il 2025, sarà affiancato da altri 24 punti vendita, nei piani del gruppo, che prevede 6 milioni di visitatori l’anno per il centro di Hitec City. Sul quale ha investito oltre 10 miliardi di rupie (circa 130 milioni di euro). I lavori per la sua costruzione sono cominciati due anni fa. Darà un impiego a 950 persone, con un indotto di 1.500 addetti, secondo Ikea.
Il calendario prevede l’apertura di un secondo centro a Mumbai, nel 2019. Di seguito arriveranno strutture a Bangalore e New Delhi. Quando la campagna indiana sarà completata, nel 2025, Ikea prevede di avere 15mila addetti nel Paese.
«Sappiamo che ci stiamo coraggiosamente avventurando in un mercato a basso prezzo, siamo pronti a correre qualche rischio», ha affermato l’amministratore delegato del gruppo svedese, Jesper Brodin, rispondendo alla principale perplessità suscitata dall’operazione. Se è vero che l’India cresce a ritmo più sostenuto anche della Cina, per non parlare di economie mature come Singapore o Giappone, il suo mercato è limitato dalla grave e diffusa povertà della popolazione, dalle disuguaglianze di reddito e dalla bassa spesa delle famiglie in oggetti per la casa e arredo. Il reddito pro-capite è di circa 2mila dollari, molto al di sotto di altri Paesi emergenti. Certo, diversi studi, da molti anni, pronosticano il decollo della sua classe media. Del resto, Ikea ha iniziato le analisi di mercato sulla fattibilità dell’operazione 12 anni fa. E ha deciso di praticare politiche di prezzo ancora più base che nel resto dei suoi negozi. 
In base alla normativa indiana, Ikea deve comprare da imprese locali almeno il 30% del materiale necessario per realizzare i prodotti in vendita. E comunque, per poter competere nel mercato indiano, il gruppo ha già deciso di rifornirsi massicciamente in loco, in modo da evitare i dazi all’import. Ikea acquista già in India un quinto di tutte le sue forniture. 
L’India è la principale tappa dell’espansione in Asia di Ikea, ma non l’unica: negozi spunteranno anche nelle Filippine e in Vietnam, oltre che in Thailandia, dove il gruppo è già presente.
Il rapporto dell’Fmi 
Perché Ikea e tutti i grandi gruppi che hanno investito sull’India possano vincere la scommessa, New Delhi deve proseguire sul suo cammino di riforme e sviluppo. Un report diffuso proprio ieri dal Fondo monetario internazionale prevede una crescita del Pil del 7,3% per l’anno di bilancio che si chiuderà a marzo e del 7,5% per il successivo. Tanto basterà al Paese per restare la grande economia a più rapida espansione al mondo e per tenersi alle spalle la Cina.
Insomma, dopo la frenata causata dal ritiro delle banconote da 500 e 1.000 rupie (la demonetizzazione di fine 2016) e dal rodaggio della nuova tassa nazionale sull’acquisto di beni e servizi, il Pil del Subcontinente è tornato a marciare a buon ritmo.
Per arrivare all’ambizioso target dell’8-10% indicato dal Governo, avverte sempre il Fondo, sarà però necessario fare di più sul fronte delle riforme strutturali: flessibilità nel mercato del lavoro, liberalizzazione del mercato agricolo e semplificazione della normativa sull’acquisto di terreni.
Tanto più che non mancano fattori di rischio, soprattutto sul fronte della moneta e l’inflazione. Il crollo della rupia, che ha perso il 7% sul dollaro quest’anno, e il rialzo dei prezzi del petrolio hanno surriscaldato i prezzi, che viaggiano attorno al 5 per cento. L’Fmi raccomanda di continuare la stretta monetaria già avviata dalla Banca centrale indiana, che la scorsa settimana ha alzato i tassi al 6,5 per cento. Per alimentare la crescita economica, il Governo di New Delhi ha però bisogno di scelte più accomodanti.