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 2018  luglio 18 Mercoledì calendario

Marcello Marchesi , 27enne, scrive per la star Macario. Ed è un successo

L’imminente entrata in guerra dell’Italia è il sottofondo storico sociale della rivista a grandi spettacoli 30 donne e un cameriere del 1939. Marcello Marchesi – che domani, a 40 anni dalla morte, la Milanesiana ideata e diretta da Elisabetta Sgarbi ricorda con una serata al Piccolo Teatro Grassi – è un giovane di grandi speranze e di notevoli successi: ventisettenne figlio di un generale, dell’alta borghesia milanese, anche se un po’ spiantata, cresciuto a liceo classico e giurisprudenza, a buone letture e a sedute spiritiche organizzate dalla madre per pochi eletti, con la passione per una certa musica d’oltreoceano che lo porterà anche a subire un processo per «jazz politico». E questo suo gusto trasgressivo per melodie allora innovative e sperimentali dà nerbo a tutta la sua scrittura. Ma anche alla sua vita.
L’umorismo coltivato apertamente è un viatico per non vagheggiare le incombenti tragedie. Talmente incisivo per la sua esistenza da fargli meritare un contratto al giornale satirico «Il Bertoldo», fondato pochi anni prima da Angelo Rizzoli per la direzione di Vittorio Metz. Dalle rubriche e dalle vignette del «Bertoldo» il salto verso Erminio Macario, il più grande performer dell’epoca, vera personificazione di un fumetto, è a piè pari. E avere il proprio nome in locandina come ideatore dei testi del più grande commediante di quei tempi consacra Marcello fra i migliori autori. A soli ventisette anni.
Lo sguardo del giovane Marchesi sulla star Macario, che risulta talvolta troppo ingenuo e nazionalpopolare, innalza e nobilita la sua vis comica. 
Lo spettacolo 30 donne e un cameriere in cui Erminio è affiancato da una grande stella emergente, Wanda Osiris, ancora giovane e fulgente, riscuote un tale successo che a breve viene trasformato in film. Molte delle gag che ci esaltano nel testo le ritroviamo nei fotogrammi di quella pellicola che viene considerata il primo film comico italiano: Imputato, alzatevi!, del quale Marchesi è uno degli sceneggiatori.
È il periodo in cui le grandi compagnie di rivista annoverano un alto numero di ballerine: il capocomico Macario le sceglie con grande accuratezza, di una bellezza quotidiana e dalla personalità dolce e accomodante, in grado, soprattutto, di fargli da spalla alla stessa stregua del grande Carlo Rizzo.
Le scenografie sono sfarzose e ben curate, gli effetti scenici innovativi. Nasce in questo periodo l’effetto di luce dal nome «piazzato Macario». 
Il pubblico deve sognare a tutti i costi, dalle Alpi alla Sicilia, e la mimica di quel piccolo uomo sulla scena, che ci ricorda un po’ Charlot, riesce a far comprendere le battute anche dove l’idioma quotidiano non lo permette. 
Marchesi eleva le arguzie macariane porgendogli le battute che si leggono sul «Bertoldo» e che tutti conoscono. Un nuovo modo di parlare, di ridere e sorridere, che a poco a poco entra nella letteratura, nel cinema ma anche nel gergo quotidiano. I temi presenti all’interno del testo sono gli stessi che fanno da sfondo al giornale. Il pubblico, allora convenzionale, inizia ad aprirsi, a incuriosirsi, a partecipare attivamente con la propria anima, allo spettacolo. 
Marchesi ci traduce in cronaca la messa in scena di Macario:
«Macario aveva modi fra il buon padre di famiglia e la maîtresse furbacchiona. Mi ricordo quando alla fine le chiamava a una a una queste “bonone” dell’epoca. Lui chiedeva: “Sei contenta di stare in Italia e recitare per questo pubblico?”. E loro, che erano di solito ungheresi, francesi, inglesi, o fingevano di esserlo, rispondevano cose stranissime. E il pubblico, che fino a quel momento non aveva occhi che per le loro gambe, addirittura si inteneriva».
Considerata da sempre teatro minore, la rivista contiene, in realtà, una struttura ferma, ferrea. La successione dei quadri, l’entrata in scena del comico o delle ballerine non sono mai lì per caso. Basta sbagliare un’entrata e cade tutto l’effetto sul pubblico. Marchesi impara questa struttura teatrale da Macario, ma la fa subito sua. È così che diventerà uno dei maggiori autori di teatro di rivista, di sketch radiofonici e televisivi, di trasmissioni che hanno fatto la storia. Un ponte che attraversa il guado della cultura popolare italiana, elevandola e avvicinandola a quella estera. 
Marchesi a 27 anni ha già dentro la poesia che è sottesa all’umorismo di classe. Non l’ha imparato. L’ha solo ascoltato dentro di sé.